25 aprile, Mattarella a Genova e la lezione di papa Francesco: “È sempre tempo di Resistenza”


Genova. “Non ci può essere pace soltanto per alcuni, benessere per pochi, lasciando miseria, fame, sottosviluppo, guerre, agli altri. È la grande lezione che ci ha consegnato Papa Francesco. Ecco perché è sempre tempo di Resistenza, ecco perché sono sempre attuali i valori che l’hanno ispirata”. È il passaggio centrale del discorso che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, più volte interrotto dagli applausi del pubblico, ha tenuto a Genova, città scelta per celebrare l’ottantesimo anniversario della Liberazione in questo 25 aprile.
Una visita lampo, a causa dei preparativi per il funerale del pontefice, alla quale però Mattarella non ha voluto rinunciare. Dopo la commemorazione a Staglieno con la deposizione di una corona ai partigiani caduti, il capo dello Stato ha raggiunto il teatro Ivo Chiesa dove è stato proposto in prima assoluta un estratto dello spettacolo D’oro. Il sesto senso partigiano curato da Davide Livermore. Presenti in prima fila, oltre al vicesindaco reggente Pietro Piciocchi e al presidente della Regione Marco Bucci, anche il ministro della Difesa Guido Crosetto.
“Una regione, la Liguria che, ricca di virtù patriottiche, tanto ha contribuito alla conquista della libertà del nostro popolo – ha ricordato Mattarella aprendo il suo intervento conclusivo -. Rendiamo onore alle popolazioni che seppero essere protagoniste nel sostenere e affiancare i partigiani delle montagne e delle città. Dalla città di Genova, Medaglia d’oro al valor militare per la lotta di Liberazione che, recita la motivazione, piegata la tracotanza nemica otteneva la resa del forte presidio tedesco, salvando così il porto, le industrie e l’onore, alla città di Savona, Medaglia d’oro, insignita per l’ostinazione a non subire la vergogna della tirannide”, alle Province di Imperia e di La Spezia, anch’esse Medaglie d’oro.

“Dalla Liguria è venuta una forte lezione sulla moralità della Resistenza, sulle ragioni di fondo che si opponevano al dominio dell’uomo sull’uomo, si opponevano a un conflitto nato non per difendere la propria comunità ma come aggressione alla libertà di altri popoli”, sottolinea Mattarella che cita il Codice di Cichero e la figura di Aldo Gastaldi Bisagno, “protagonista di un impegno per la patria, la giustizia, la libertà, conservato come servizio d’amore, oltre che esercizio di responsabilità”. Poi menziona le stragi, le zone libere e le fabbriche, “una volta di più, luoghi di solidarietà, scuole di democrazia, con la crescita di coscienza sindacale, e la costituzione delle squadre di difesa operaia”.
“Da taluno – osserva la prima carica dello Stato – si è argomentato come il contributo ‘militare’ recato dalla Resistenza non sia stato decisivo per il crollo della Linea Gotica costruita dai tedeschi per ostacolare la risalita della penisola da parte degli Alleati e del Corpo Italiano di Liberazione. Al contrario, come è noto, e il 1944 lo ebbe a dimostrare, le forze dell’Asse in campo avevano difficoltà a presidiare, allo stesso tempo, le aree verso le quali premevano le forze alleate e le zone interne sempre più nelle mani della Resistenza”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la cerimonia al teatro Ivo Chiesa di Genova per la festa della Liberazione.
“La aspirazione profonda del popolo italiano, dopo le guerre del fascismo, era la pace. Il regime aveva reso costume degli italiani la guerra come condizione normale: non la guerra per la vita ma la vita per la guerra. La Resistenza si pose l’obiettivo di raggiungere la pace come condizione normale delle relazioni fra popoli. In gioco – ha aggiunto il capo dello Stato – erano le ragioni della vita contro l’esaltazione del culto della morte, posto come disperata consegna dalle bande repubblichine”.
Poi un passaggio ancora più attuale: “Anche dalle diverse Resistenze nacque l’idea dell’Europa dei popoli, oggi incarnata dalla sovranità popolare espressa dal Parlamento di Strasburgo. Furono esponenti antifascisti coloro che elaborarono l’idea d’Europa unita, contro la tragedia dei nazionalismi che avevano scatenato le guerre civili europee. Difendere la libertà dei popoli europei è compito condiviso. Ora, l’eguaglianza, la affermazione dello Stato di diritto, la cooperazione, la stessa libertà e la stessa democrazia, sono divenuti beni comuni dei popoli europei da tutelare da parte di tutti i contraenti del patto dell’Unione Europea”, ha aggiunto. Poi, interrotto da applausi: “Un nome per tutti qui a Genova quello di Luciano Bolis, esponente del Partito d’Azione, orrendamente torturato dalle Brigate nere nel febbraio 1945, miracolosamente sopravvissuto. Medaglia d’argento al valor militare, riposa ora a Ventotene, accanto ad Altiero Spinelli“.
Quindi un riferimento alla figura di Sandro Pertini che “induce a ricordare che la partecipazione politica è questione che contraddistingue la nostra democrazia. È l’esercizio democratico che sostanzia la nostra libertà. Da questi principi fondativi viene un appello: non possiamo arrenderci all’assenteismo dei cittadini dalla cosa pubblica, all’astensionismo degli elettori, a una democrazia a bassa intensità. Anche per rispettare i sacrifici che il nostro popolo ha dovuto sopportare per tornare a essere cittadini, titolari di diritti di libertà”.
Mattarella ricorda quindi la liberazione autonoma di Genova, unico in Europa: “Il rovinio del posticcio regime di Salò, la progressiva sconfitta del nazismo apparivano ormai irreversibili e a Genova, importante bastione industriale, si posero le condizioni dell’insurrezione e, come abbiamo ascoltato, un esercito agguerrito si arrendeva al popolo – ricorda -. Ridurre le forze tedesche a trattare con i partigiani non fu facile. Preziosa fu la mediazione dell’arcivescovo di Genova, il cardinale Pietro Boetto – dichiarato giusto fra le nazioni per il soccorso prestato agli ebrei, per giungere a siglare la resa del comando tedesco nella sua residenza di Villa Migone, tra il generale Meinhold e il presidente del Cln Remo Scappini. Sarebbe toccato al partigiano Pittaluga, Paolo Emilio Taviani, annunciare la mattina seguente: Genova è libera. Il generale Meinhold, condannato a morte da Hitler come traditore, avrebbe poi scritto: era la sorte della città e, quello che più contava la vita di migliaia di persone da tutte e due le parti che doveva starci a cuore…. La mia coscienza mi vietava di sacrificare ancora un sol uomo. Il rischio che Genova finisse distrutta come Varsavia era sventato. Si apriva la stagione dei diritti umani delle persone e dei popoli, per prevenire i conflitti, per affermare che la dignità delle persone non si esaurisce entro i confini dello Stato del quale sono cittadini.
Da qui la citazione cruciale di papa Francesco: “Nella sua Fratelli tutti ci ha esortato a superare ‘conflitti anacronistici’ ricordandoci che ‘ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte… Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel passato e fermarsi, e goderlo come se tale situazione ci facesse ignorare che molti nostri fratelli soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti'”.

“A Genova si espresse e si affermò il respiro della libertà. Un’anima che non sarebbe mai stata tradita. Un patto, un impegno, che non sarebbero venuti meno neppure quando, negli anni ‘70, il terrorismo tentò di aggredire le basi della nostra convivenza democratica. E dalle fabbriche venne una risposta coraggiosa, esigente, che si riassume nel nome di Guido Rossa. La sua testimonianza appartiene a quei valori di integrità e coraggio delle persone che, anche qui, edificarono la Repubblica. Viva la Liguria partigiana, viva la libertà, viva la Repubblica”, ha concluso prima di incontrare il partigiano Giotto, Giordano Bruschi.
Salis non invitata, scoppia la polemica
Alla cerimonia organizzata al teatro Ivo Chiesa, dove il capo dello Stato assiste alla prima dello spettacolo D’oro. Il sesto senso partigiano, non è stata invitata la candidata sindaca del centrosinistra Silvia Salis, a differenza di numerose personalità politiche e istituzionali autorizzate a sedersi in platea. A sollevare il caso è il Pd che parla di “sgarbo istituzionale”. A stretto giro la replica di Piciocchi: “Credo ci voglia grande rispetto per le istituzioni, ognuno ha il suo ruolo. Oggi non sono qui come candidato ma come vicesindaco reggente del Comune di Genova, in questa veste ho accolto il presidente e in questa veste si è rivolto a me chiedendomi di portare il suo saluto alla città”. Poi il comunicato dai toni più duri: “Ma chi pensa di essere? Polemiche fuori luogo”
Bucci: “Il 25 aprile non sia più occasione di scontro”
“A ottant’anni dalla Liberazione, il nostro compito è quello di unire, non di dividere. Il 25 aprile non può più essere occasione di scontro. Deve essere patrimonio condiviso, fondamento della nostra identità repubblicana. È questo il messaggio più forte che possiamo lanciare oggi, qui a Genova, alla presenza del Capo dello Stato”. È un passaggio del discorso di Marco Bucci, presidente della Regione Liguria, durante la cerimonia a teatro. “Lo dobbiamo a chi ha sacrificato tutto, anche la vita, per lasciarci un’Italia migliore – ha aggiunto Bucci -. Lo dobbiamo ai giovani, affinché comprendano il valore della libertà conquistata, e l’impegno che serve per difenderla ogni giorno. Celebrazioni come quella di oggi ci aiutano a riflettere sul nostro passato, ma anche sul futuro che vogliamo costruire”.

Piciocchi: “La sua presenza gesto di enorme significato”
“Lo ringrazio per aver voluto essere qui nonostante le circostanze di questa giornata – ha commentato il vicesindaco Pietro Piciocchi -. Questo gesto trasmette un significato enorme al contributo che la nostra città ha dato alla Liberazione. Il presidente ha detto che dobbiamo essere orgogliosi di tutto questo. Mi porterò nel cuore questo momento”. È sempre tempo di Resistenza, dice Mattarella. “Certo, in Ansaldo c’è una lapide con la frase La Resistenza continua. La lotta per tenere viva la democrazia continua ogni giorno, le minacce oggi sono più subdole e noi dobbiamo essere vigili. Sarebbe bello che ogni giorno fosse il 25 aprile e ciascuno apportasse il suo contributo per rendere il nostro Paese migliore. Ricordiamoci di quello che ha detto il presidente, non accontentiamoci di una democrazia a bassa intensità”
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