Adidas accelera nel Q1 (+13%), ma l’incognita dei dazi Usa frena l’ottimismo sul 2025

Inizio d’anno positivo ma prudente per il colosso dello sportswear tedesco, che nonostante una solida performance dei primi tre mesi del 2025 ha deciso di non alzare l’outlook per l’intero anno a causa delle incertezze dovute all’incognita dei dazi Usa. Lo scorso marzo l’outlook 2025 aveva deluso gli analisti a causa di previsioni caute. Nel primo trimestre di quest’anno, i ricavi del gruppo hanno raggiunto i 6,15 miliardi di euro, registrando una crescita del 13% a valuta costante. Una crescita a doppia cifra fa seguito all’ottima performance del marchio Adidas, le cui vendite hanno visto un incremento del 17 per cento. In termini di euro, i ricavi sono cresciuti del 13%, ovvero di quasi 700 milioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Solida anche la redditività, con un utile netto passato dai 170 milioni del primo trimestre 2024 agli attuali 429 milioni. L’utile operativo, che nel Q1 dell’anno precedente era pari a 336 milioni, è salito a quota 610 milioni di euro.
Nulla è bastato però contro l’incognita dei dazi statunitensi: “In un ‘mondo normale’, con un trimestre così forte, un portafoglio ordini molto solido e, in generale, un atteggiamento molto positivo verso Adidas, avremmo aumentato le nostre previsioni per l’intero anno, sia in termini di ricavi che di utile operativo. Ma l’incertezza legata ai dazi statunitensi ci ha costretti a sospendere questa decisione – ha dichiarato il CEO Bjørn Gulden, sottolineando come nonostante le importazioni dalla Cina agli Usa siano state già ridotte al minimo, siano ancora comunque in parte esposti alle tariffe molto elevate. “Ancora più problematico per noi è l’aumento generale dei dazi statunitensi su tutti gli altri paesi di origine”, ha aggiunto. Per questo motivo, Adidas prevede per il 2025 una crescita dei ricavi a valuta costante compresa tra il 5% e il 9% e un utile operativo compreso tra 1,7 e 1,8 miliardi di euro.
I dazi inaspettatamente alti sui paesi del Sud-Est asiatico, come Vietnam e Indonesia (dove Adidas produce una parte significativa dei suoi articoli), annunciati all’inizio del mese ma rinviati fino a luglio, hanno colto di sorpresa i marchi di abbigliamento sportivo. E poiché i dazi aumentano il costo delle attività commerciali, Adidas ha dichiarato che si impegnerà per garantire ai partner al dettaglio e ai consumatori statunitensi prezzi “il più vantaggiosi possibile”. Come sottolineato da Barclays, la produzione di Adidas è fortemente concentrata in paesi asiatici. Eventuali interruzioni nella catena di approvvigionamento, dovute a fattori come disastri naturali o instabilità politica, potrebbero influenzare negativamente la capacità dell’azienda di soddisfare la domanda.
“Non possiamo quindi prendere decisioni ‘definitive’ su come procedere. Gli aumenti – ha sottolineato il manager – dei costi legati ai dazi più alti porteranno infine ad aumenti di prezzo, non solo nel nostro settore, ma al momento è impossibile quantificare questi aumenti o prevedere l’impatto sulla domanda dei consumatori per i nostri prodotti”.
Tornando alla trimestrale, a trascinare i conti, rispetto alle categorie prodotto, sono state ancora una volta le calzature, con un aumento delle vendite pari al 17%, grazie alla spinta complessiva delle linee Originals, Sportswear, Running, Training, Specialist Sports e Performance Basketball. I ricavi dell’abbigliamento sono invece aumentati dell’8 per cento.
In positivo tutti i mercati, dove la crescita più importante è sotto la voce “mercati emergenti” con un +22,3% a cambi correnti. In salute soprattutto Europa (+14,6%), Greater China (+14,7%), America Latina (+13,5%) e Giappone con Sud Corea (+10,2 per cento). In tutte queste aree, specifica il report finanziario, “la crescita è stata ampia, includendo miglioramenti sia nel canale wholesale che dtc”. I ricavi in Nord America sono aumentati del 3%, influenzati dalla cessazione del business Yeezy. Escludendo le vendite Yeezy del primo trimestre 2024, i ricavi in Nord America sono anch’essi cresciuti a doppia cifra (+13%), grazie alla crescita in entrambi i canali. “Attualmente – ha specificato Gulden – vediamo uno sviluppo positivo in tutti gli altri mercati e naturalmente cercheremo di compensare l’incertezza negli Stati Uniti ottenendo risultati ancora migliori nel resto del mondo”.
Dopo aver completato la vendita dell’inventario restante di Yeezy alla fine dello scorso anno, a ormai più di due anni dalla rottura con Ye (meglio noto come Kanye West) i risultati della prima trimestrale non includono più ricavi proveniente dalla label americana.
Attualmente le azioni del gruppo in Borsa subiscono un lieve calo di 0,78 punti percentuali.
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