Affettività in carcere, il Dap si muove a oltre un anno dalla sentenza della Consulta: cosa prevede la circolare

Arriva la circolare del Dap sull’affettività in carcere. A oltre un anno dalla sentenza 10/2024 della Corte Costituzionale che ha sancito il diritto all’intimità per i detenuti finalmente qualcosa si smuove nell’amministrazione penitenziaria. Ieri il capo del Dap facente funzioni Lina Di Domenico ha trasmesso a Provveditori, Direttori e Comandanti di reparto degli istituti penitenziari delle linee guida che fissano “una disciplina volta a stabilire termini e modalità di esplicazione del diritto all’affettività, individuare i destinatari, interni ed esterni, per la concessione di colloqui intimi, fissare il loro numero, la loro durata, la loro frequenza, con la conseguente determinazione delle misure organizzative interne”.
I colloqui intimi saranno concessi nello stesso numero di quelli visivi fruiti mensilmente e avranno durata massima di due ore. Ad usufruirne potranno essere soltanto il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona stabilmente convivente: l’accertamento, demandato al Direttore dell’istituto e in taluni casi all’Autorità Giudiziaria, sarà automatico per coloro che già siano stati ammessi ai colloqui visivi o telefonici. Da una ricognizione effettuata dal DAP su dati aggiornati a fine dicembre 2024, la platea di potenziali beneficiari è di quasi 17mila detenuti. Sono esclusi quelli sottoposti a regimi detentivi speciali previsti dagli articoli 41-bis e 14-bis dell’Ordinamento Penitenziario (per ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina), quelli che hanno usufruito almeno di un permesso nell’anno di riferimento e quelli che hanno commesso almeno una infrazione disciplinare (che non potranno usufruirne prima di un periodo non inferiore a sei mesi). In ogni caso non possono accedere al beneficio i detenuti sorpresi con sostanze stupefacenti, telefoni cellulari od oggetti atti a offendere.
Tuttavia, al di là degli intenti, le criticità sono organizzative e di struttura. Come ha dichiarato il Ministro Nordio solo tre giorni fa rispondendo ad una interrogazione del deputato di +Europa Riccardo Magi “dei 189 istituti penitenziari, solo 32 hanno confermato allo stato l’esistenza di uno spazio idoneo allo scopo, previa la preventiva attuazione di ingenti e corposi interventi strutturali. Gli altri 157 istituti hanno dichiarato di non avere a disposizione spazi adeguati”. Ora dovranno essere i Provveditori a individuare le strutture penitenziarie dotate di locali idonei e adottare le misure organizzative necessarie per garantire l’esercizio di tale diritto anche in altri istituti della regione diversi da quelli dove si trova il detenuto. La camera, arredata con un letto e annessi servizi igienici e senza la possibilità di chiusura dall’interno, sarà sorvegliata soltanto all’esterno da personale di Polizia penitenziaria adeguatamente equipaggiato per il controllo dei detenuti e delle persone ammesse ai colloqui intimi nonché per l’ispezione del locale prima e dopo l’incontro.
Per il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, “le sentenze della Consulta vanno rispettate. Non ci sono più giustificazioni per ulteriori ritardi. Abbiamo bisogno di promuovere un modello detentivo che sia più umano e che guardi alla Costituzione per costruire reali percorsi di reinserimento sociale”. Di “primo passo in avanti” parla Magi, ricordando che da quando è stata emessa “la storica sentenza della Corte Costituzionale” sul diritto all’affettività in carcere, “ci siamo battuti instancabilmente nel parlamento e fuori perché questo diritto diventasse effettivo”. Ora, dice il segretario di +Europa “monitoreremo con attenzione l’attuazione delle linee guida diffuse oggi dal Dap”. Sempre restando in tema carcere, Nordio è costretto a rettificare sé stesso. Senato, 10 aprile, question time, il Ministro si difende dagli attacchi delle opposizioni che lo accusano di non fare nulla per l’overcrowding nelle carceri: “vorrei dire che se aumenta il numero dei carcerati non è colpa del Governo, ma di coloro che commettono dei reati e della magistratura che li mette in prigione”. Lo abbiamo sentito con le nostre orecchie, lo troviamo nel resoconto stenografico dell’aula di Palazzo Madama.
Cesare Parodi, presidente dell’Anm, replica: “Fatico a immaginare come una colpa il fatto che un magistrato mandi qualcuno in carcere in base alle leggi fatte dal Parlamento. Mi piacerebbe avere su questo un chiarimento con il ministro che magari mi spiegherà perché non dovrei mandare le persone in carcere se hanno commesso reati in base alle leggi”. 11 aprile, evento in Cassazione, il Guardasigilli cerca di fare il pompiere: “Non ho detto che il fenomeno è colpa dei magistrati, che fanno il loro dovere. Se le carceri sono sovraffollate è perché c’è chi commette reati e non perché i magistrati sono cattivi. I magistrati fanno il loro dovere”. Agli interpreti del ‘Nordio pensiero’ l’ardua sentenza.
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