Biancaneve Meloni, dalla Garbatella alla Casa Bianca, vi spiego perché l’Italia dovrebbe essere orgogliosa

Il summit di Roma: ecco il sogno di Meloni che sta per diventare realtà. Un vertice che vedrà attorno ad un tavolo Donald Trump e Ursula Von der Leyen con Giorgia Meloni che da padrona di casa assiste dopo essere stata lei a promuovere l’incontro.
Quel giorno potrebbe essere un dì di maggio. Chi lo avrebbe previsto prima del viaggio della premier a Washington? Forse nessuno, ma oggi se ne parla, anzi lo si programma.
Un successo, non c’è dubbio. Come lo si potrebbe chiamare diversamente? Ma in questo bel Paese chiamato Italia l’unanimità è un sostantivo che è stato cancellato dal vocabolario. Si va alla ricerca di un qualsiasi pretesto pur di iniziare una polemica.
Invece di plaudire a chi è riuscito a farci diventare grandi, si parla di un flop, di una resa senza condizioni, insomma del nulla. Con in testa gli esponenti di una sinistra che ha perso tre anni fa (o poco meno) e non vuole capacitarsi di una sconfitta che ancora brucia.
Tutti contro Giorgia Meloni

Così, il panorama diventa quello che è sempre stato: tutti ad alzare la propria bandierina per dimostrare che sono loro i veri vincitori.
Sono i “rosiconi”: in tal modo li definisce oggi un quotidiano che si serve della prima pagina per un titolo a caratteri cubitali.
La folla che spinge non è tanta, ma si fa sentire perché ha una buona parte dell’informazione dalla sua parte.
Eccole, di nuovo le espressioni che vogliono svegliare chi non vuole partecipare a questa “festa mancata”.
Il primo esempio è quello di Nicola Fratoianni, il fratello gemello di Angelo Bonelli, il quale definisce con eleganza Giorgia “la cameriera”; oppure ecco intervenire Mario Monti, l’ex presidente del consiglio voluto da Giorgio Napolitano, il quale vorrebbe accusare di tirannia Trump.
I perché di un viaggio a Washington
La domanda che si pone questa comitiva è sempre la stessa: “Chi ha mandato la Meloni a Washington e che c’è andata a fare?”.
La risposta è semplice ed anche facilmente comprensibile: a riavvcinare le due sponde dell’Atlantico, a ricordare che gli Stati Uniti sono da sempre alleati dell’Italia, ad usare la diplomazia invece della clava. Infatti, il progetto di trovarsi un giorno di maggio a Roma è riuscito ed è questa la realtà che manda ai matti l’opposizione.
Indubbiamente, per costoro sarebbe stato meglio poter scrivere di un appuntamento a Washington fra Elly Schlein e Kamala Harris, ma purtroppo i protagonisti stavolta hanno avuto nomi e cognomi diversi
È tutto in ordine, dunque? Nemmeno per sogno. “Dall’incontro l’Italia è uscita con un pugno di mosche in mano”, si ripete. Vorrà dire che è stato soltanto un magnifico sogno se il prossimo mese Trump verrà a Roma per una visita turistica.
Il fatto è che il Paese era abituato ad avere governi balneari in cui tutto si faceva e si disfaceva in pochissimi mesi, se non settimane. Al contrario, ora c’è un governo stabile che durerà probabilmente fino alla fine della legislatura senza vuoti di potere o pericolose infiltrazioni che possano farlo cadere.
Lo spazio per le critiche e per i tifosi del “tanto peggio tanto meglio” diminuisce, anche se sono caparbi e “non ci vogliono stare”, come direbbe un ultras della curva sud.
È l’informazione, bellezza, che oggi non ha più il dono della terzietà, del super partes. Ai nostri giorni, o si è bianchi o si è neri. Di centro si parla, ma tanto per non rimanere in disparte e finire nel dimenticatoio.
Proprio quello che insegue Matteo Renzi il quale stavolta non ha trovato chi gli “ha regalato” un titolo. Come mai? Non ha scoperto la frase ad effetto o anche perché alle sue “convinzioni” non crede più nessuno.
Giorgia Meloni non sta diettro ai tanti pettegolezzi che agitano le forze politiche che abitano in Parlamento. È una donna pragmatica, nata 48 anni fa e cresciuta tra le mille facce di partiti che continuano a darsele di santa ragione.
Prima di partire per Washington, ne ha dovute leggere di cotte e di crude, ma non ha mai risposto. O, meglio, ha replicato con i fatti che ora, a parte i soliti, le stando dando ragione. Dice qualcuno che la conosce bene: “E’ una solida europeista e adesso pure una garbata trumpista”. Per carità, se le riconosci queste doti, i rosiconi vanno su tutte le furie.
Quindi, il ritornello non cambia: “È un tappetino di Donald”, “gli bacia le pantofole”, “pende dalle sue labbra e tace”, “in Parlamento non viene perché non ha nulla da dire”.
Chissà se questi signori, guardandosi allo specchio la sera, non hanno voglia di fare un passo indietro. O, magari, di lato. Perchè a vincere è sempre Biancaneve, sotto forma di una signora nata alla Garbatella, con il pallino della politica.
L'articolo Biancaneve Meloni, dalla Garbatella alla Casa Bianca, vi spiego perché l’Italia dovrebbe essere orgogliosa proviene da Blitz quotidiano.
Qual è la tua reazione?






