Canada. L’ombra di Trump spinge Mark Carney alla guida del Paese

di Giuseppe Gagliano –
Con un clamoroso colpo di scena i Liberali canadesi guidati da Mark Carney hanno vinto le elezioni federali, sovvertendo tutte le previsioni. Solo pochi mesi fa, erano sotto di venti punti rispetto ai Conservatori di Pierre Poilievre. Oggi, invece, sono in testa con il 42,7% dei voti contro il 41,8% dei rivali, mantenendo il controllo del governo grazie alla loro maggioranza parlamentare. Una vittoria figlia di una campagna elettorale centrata su un messaggio chiaro: rottura con la deriva ultraconservatrice proveniente dagli Stati Uniti.
Ex governatore della Banca d’Inghilterra, tecnocrate sobrio e metodico, Carney si è imposto in poche settimane come l’uomo della provvidenza per un Partito Liberale in crisi e orfano di Justin Trudeau. A marzo aveva vinto le primarie liberali. In aprile era già premier. Nei panni di anti-Trump dichiarato, ha riportato la politica canadese al centro della scena, puntando su sovranità nazionale, ambiente, riequilibrio economico e autonomia strategica da Washington.
Denunciando con forza l’ingerenza percepita dell’amministrazione Trump negli affari interni canadesi, Carney ha trasformato la paura in strumento politico. In un discorso domenicale dai toni quasi latinoamericani, ha dichiarato di voler difendere “la nostra acqua, le nostre risorse, la nostra terra, il nostro Paese”. Una retorica nazionalista distante dal tono moderato di Trudeau, ma che ha funzionato.
Il suo programma si è distinto anche per gesti simbolici e pragmatici: eliminazione della carbon tax, apertura verso un partenariato più stretto con l’Unione Europea, messa in discussione dell’alleanza d’intelligence dei Five Eyes qualora questa si piegasse agli interessi di Washington. Carney ha anche proposto l’abolizione delle barriere commerciali interne al Canada, promuovendo un’unione economica nazionale più coesa per affrontare una possibile lunga guerra commerciale.
Il successo dei Liberali ha avuto un costo elevato per il New Democratic Party (NPD), crollato dal 20% al 5,8%. Un’emorragia spiegabile con l’efficace richiamo al “voto utile” promosso da Carney. Riunificando il fronte progressista attorno alla sua figura, è riuscito a mobilitare un elettorato inquieto, desideroso di arginare la deriva conservatrice percepita come troppo vicina ai toni della destra trumpiana.
Ma se Carney ha vinto la sfida elettorale, ora inizia quella del governo. Il Canada affronta inflazione persistente, crescita stagnante, disuguaglianze in aumento. La popolarità costruita sull’urgenza di uno scontro geopolitico con gli Stati Uniti sarà sufficiente a tenere unito il Paese? È tutt’altro che certo. La sfida non sarà più fermare Trump, ma ricucire un tessuto sociale lacerato da anni di incertezza. Il tecnocrate diventato uomo di Stato sarà in grado di guidare una riconciliazione nazionale?
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