El Salvador. Bukele propone a Maduro criminali detenuti in cambio di prigionieri politici

di Giuseppe Gagliano –
Quando le relazioni internazionali si fondano sul linguaggio delle prigioni, il confine tra diplomazia e coercizione si fa sottile. La proposta avanzata da Nayib Bukele a Nicolas Maduro, ovvero scambiare criminali per prigionieri politici, rivela il volto più crudo della geopolitica latinoamericana contemporanea.
El Salvador offre 252 detenuti venezuelani, molti dei quali legati alla famigerata gang Tren de Aragua, in cambio della liberazione di oppositori politici incarcerati a Caracas. Tra questi, familiari di leader in esilio, attivisti, giornalisti e diplomatici rifugiati. Una lista che suona più come atto d’accusa che come proposta diplomatica.
Bukele trasforma la sua controversa mega-prigione, il CECOT, in strumento di pressione internazionale. Non è solo uno scambio: è una messa in scena globale in cui El Salvador si propone come paladino dei diritti umani… mentre li reprime in casa.
La reazione del regime venezuelano è feroce. Tarek William Saab parla di “cinismo”, denuncia “detenzioni arbitrarie”, accusa Bukele di voler monetizzare la carcerazione. Ma l’invettiva rivela anche nervosismo: Caracas sa che il tema dei prigionieri politici resta la sua ferita più esposta.
Il contesto è tossico: Maduro appena riconfermato dopo elezioni contestate, gli Stati Uniti che deportano migranti con accuse di terrorismo, El Salvador che li incarcera in attesa di guadagni geopolitici. È il nuovo linguaggio dell’autoritarismo funzionale: un populismo penale che usa i detenuti come valuta di scambio, e la sovranità come scudo contro ogni critica.
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