Iran. Nucleare: Araghchi cerca supporto a Pechino

Aprile 22, 2025 - 21:00
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Iran. Nucleare: Araghchi cerca supporto a Pechino

di Giuseppe Gagliano –

Mentre Washington e Teheran si guardano negli occhi a Roma, l’Iran muove i fili della sua diplomazia strategica a oriente. Oggi Abbas Araghchi, capo della diplomazia iraniana, è volato a Pechino. Obiettivo: informare la Cina, ma sarebbe meglio dire “coinvolgerla”, sullo stato dei colloqui con l’amministrazione Trump, giunti a un secondo round e già proiettati verso un terzo incontro in Oman il 26 aprile.
Non è un gesto isolato. Il 14 aprile, Araghchi aveva fatto tappa a Mosca per un’analoga missione informativa. Un rituale ormai consolidato che rispecchia il principio cardine della diplomazia iraniana: nessuna mossa sul nucleare senza prima consultare i due giganti asiatici, firmatari del JCPOA (l’accordo del 2015 sul programma nucleare iraniano).
La mossa di Araghchi è anche un messaggio implicito a Washington. Teheran non tratta da sola: agisce in concerto con chi può riequilibrare la pressione occidentale. Mosca e Pechino non sono solo “alleati”, ma garanti strategici di uno spazio multipolare alternativo alla narrativa israeliana e statunitense.
Il messaggio del portavoce Esmaeil Baqaei è chiarissimo: la Repubblica Islamica dell’Iran tiene saldamente il timone del dialogo, ma non rinuncia al supporto di chi, come la Cina, ha tutto l’interesse a evitare un’escalation nucleare in Medio Oriente e, soprattutto, a contenere l’egemonia americana.
Intanto, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica lancia l’allarme: l’Iran avrebbe arricchito uranio al 60%, un passo dal 90% necessario per costruire un ordigno. Una quantità già sufficiente per sei testate. Il JCPOA fissava il tetto al 3,67%. Una cifra simbolica, ormai superata.
Da parte sua,Steve Witkoff, emissario di Trump, oscilla tra aperture e minacce: prima parla di ridurre l’arricchimento, poi rilancia chiedendo la cessazione totale del programma. Segno che a Washington regna ancora la confusione, o che si gioca una partita a più tavoli, dove l’Iran resta il bersaglio ma non l’unico obiettivo.
Nel frattempo Baqaei accusa apertamente Israele di sabotare i negoziati. Una “coalizione” bellicista, afferma, starebbe spingendo per un’escalation militare, mentre gli Stati Uniti tentano di preservare una facciata diplomatica. Netanyahu non fa mistero delle sue intenzioni: l’Iran non deve avere la bomba. Ma secondo il New York Times, è stato proprio Trump a frenare Tel Aviv, preferendo dare una chance alla trattativa.

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Redazione Redazione Eventi e News