Iraq. Il premier al-Sudani sotto accusa per gli accordi con il Kuwait

di Giuseppe Gagliano –
In Iraq i confini non sono solo una questione di geografia, ma di potere, petrolio e memoria. Il primo ministro Mohammed Shia’ al-Sudani è finito sotto accusa per aver tentato, secondo documenti riservati, di riattivare segretamente l’accordo marittimo con il Kuwait su Khor Abdullah, un trattato che la Corte suprema irachena aveva annullato nel 2023.
Al centro della bufera c’è uno stretto strategico: il canale che collega il porto iracheno di Umm Qasr al Golfo Persico, lambendo il nuovo porto kuwaitiano Mubarak al-Kabir. La posta in gioco è altissima: dogane, risorse energetiche offshore, sovranità e relazioni con gli Stati del Golfo.
Il sospetto che al-Sudani e il presidente Rashid abbiano chiesto alla Corte di annullare la precedente sentenza ha innescato un’inchiesta penale e un attacco politico interno. L’ex ministro dei Trasporti Ismael accusa il premier di “abuso di potere” e di aver insabbiato la sentenza, impedendone la trasmissione agli organismi internazionali come le Nazioni Unite.
Secondo indiscrezioni i due avrebbero invocato la Convenzione di Vienna e l’articolo 8 della Costituzione irachena, che impone relazioni di buon vicinato. Ma per l’ex negoziatore iracheno Halbousi, si tratta di una resa strategica: rinunciare a Khor Abdullah significherebbe cedere mare, gas, petrolio e autorità a un Kuwait sempre più integrato nel disegno regionale USA-Golfo.
Eppure da parte kuwaitiana si insiste sulla via della cooperazione. Lo storico Bader al-Saif parla di “segnale positivo” e rilancia l’idea di uno sviluppo congiunto delle risorse. Ma le accuse di pressioni economiche, “regali” e intromissioni diplomatiche alimentano un clima di sfiducia.
La controversia sul giacimento conteso di Durra, ambito da Kuwait, Arabia Saudita e Iran, è solo la punta dell’iceberg. Baghdad rischia di trovarsi prigioniera di un doppio isolamento: diffidente verso i vicini, frammentata al proprio interno.
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