La cultura del primo soccorso in Italia: una sfida da vincere

In Italia, più della metà della popolazione non è preparata ad affrontare un’emergenza medica: una realtà sorprendente che ci invita a riflettere. Quanto siamo realmente pronti a salvare una vita? La cultura del primo soccorso non è solo una competenza tecnica, ma un dovere civico. Questa è la sfida che l’Osservatorio Opinion Leader 4 Future ha deciso di affrontare. L’iniziativa si inserisce all’interno del ciclo di workshop “Capire, Partecipare, Agire”, che esplora il ruolo del linguaggio per un’informazione consapevole. Diffondere la cultura del primo soccorso non solo può salvare vite, ma rappresenta un contributo essenziale per una società più consapevole e preparata.
La ricerca dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore
In un contesto in cui le emergenze sanitarie possono fare la differenza tra la vita e la morte, è essenziale sensibilizzare e informare la popolazione sulle manovre di primo soccorso. Tuttavia, una recente ricerca condotta dall’Osservatorio Opinion Leader 4 Future in collaborazione con Credem e ALMED (Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) ha rivelato un quadro allarmante:
- il 51,5% degli italiani non possiede una conoscenza adeguata delle procedure di emergenza. Quindi una persona su due in Italia non conosce, se non superficialmente, le manovre e le procedure di emergenza.
- Un dato ancor più preoccupante se si considera che solo una persona su cinque (il 20%) degli intervistati ha frequentato un corso di primo soccorso negli ultimi cinque anni.
Siamo davvero pronti a salvare una vita?
Siamo davvero pronti allora a salvare una vita? In base alla ricerca realizzata su un campione di 500 italiani, la risposta sembrerebbe essere negativa. Il sondaggio ha infatti evidenziato che:
- Il 17% della popolazione italiana non ha familiarità con le procedure di emergenza
- Il 34,5% le conosce solo in modo superficiale.
- Solo il 16% si sente realmente preparato a metterle in pratica.
- La consapevolezza varia significativamente rispetto alle variabili di genere ed età: Il 20% degli uomini afferma di conoscere bene le manovre, rispetto al 12% delle donne.
- Il 20% degli under 45 anni e il 16,5% della fascia 45-65 anni si sente adeguatamente preparato, contro il 10% degli over 65.
- Un ampio divario si nota anche a livello di composizione familiare: il 19% degli adulti con figli dichiara una buona conoscenza delle procedure, contro il 10% di quelli senza figli.
Le manovre più note
La conoscenza sulle azioni di primo soccorso aumenta quando si parla di manovra di Heimlich e della manovra di disostruzione pediatrica. La procedura d’emergenza per liberare le vie aeree ostruite da corpi estranei che prevede spinte e compressioni addominali è nota al 62% degli italiani, percentuale che scende al 55% tra gli anziani. Il 65% dei genitori è a conoscenza invece delle manovre di disostruzione pediatrica. Quando si parla di defibrillatori semiautomatici esterni (DAE) il 65% ha dichiarato di averne sentito parlare, mentre il 10% non sa di cosa si tratta. Solo il 36% li conosce e sa come usarli in caso di bisogno.
Le informazioni tra lavoro e web
I principali canali di informazione sulle manovre di emergenza sono: il luogo di lavoro per il 35% degli intervistati e il social media (18%). Il 16% ha ricevuto invece nozioni da organi istituzionali come la Croce Rossa, da amici e parenti. A mettere tutti d’accordo la necessità di avere maggiore preparazione sul primo soccorso. «Ci sono alcune emergenze sanitarie, che noi tecnici chiamiamo tempo-dipendenti, in cui non ci si può permettere di attendere l’arrivo degli operatori sanitari o il tempo necessario per il trasporto all’ospedale più vicino. Chi può fare la differenza è, in quel momento, chi è accanto alla vittima – ha commentato Andrea Scapigliati, professore associato di Anestesia e Rianimazione dell’Università Cattolica – campus di Roma, dirigente medico nell’Unità Operativa di Cardioanestesia e Terapia Intensiva Cardiochirurgica del Policlinico Gemelli e Presidente dell’Italian Resuscitation Council (IRC) – . Gli interessanti dati di questo sondaggio rendono ancor più urgente l’appello accorato affinché si realizzi un percorso di costante esposizione all’apprendimento delle manovre necessarie a salvare una vita, fin dalla scuola, nello sport, al lavoro e attraverso i media. C’è voglia di imparare, c’è voglia di essere utili agli altri. Non perdiamo questa grande occasione».
Un appello alla formazione e alla sensibilizzazione
«I dati della ricerca dicono che c’è un’elevata percezione dell’importanza di conoscere le manovre di primo soccorso e altre procedure salvavita (come l’uso del DAE, manovre di disostruzione, tagli sicuri degli alimenti, etc.) a fronte del fatto che pochi le conoscono realmente o sanno come applicarle – ha aggiunto Elisabetta Locatelli, coordinatrice scientifica del Master Health Communication Specialist e ricercatrice sui temi della genitorialità e della comunicazione della salute -. Quindi c’è un ampio spazio per creare una cultura della prevenzione da parte delle istituzioni pubbliche, utilizzando una comunicazione multicanale. Questo contribuirebbe a diffondere pratiche di prevenzione in ambito quotidiano e domestico che potrebbero portare anche a una possibile riduzione degli accessi in pronto soccorso, per esempio pensando alla fascia pediatrica e all’informazione dedicata ai genitori». L’obiettivo quindi è di promuovere corsi di formazione sulle tecniche salvavita, come la rianimazione cardiopolmonare (RCP), le manovre pediatriche e l’uso del defibrillatore.
L'articolo La cultura del primo soccorso in Italia: una sfida da vincere proviene da Quotidiano della salute.
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