La Piattaforma STEP: un esempio di “virtualizzazione” delle politiche economiche europee

Aprile 29, 2025 - 12:00
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La Piattaforma STEP: un esempio di “virtualizzazione” delle politiche economiche europee

tecnologie STRATEGICHE

La Piattaforma STEP: un esempio di “virtualizzazione” delle politiche economiche europee



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La piattaforma STEP rappresenta un tentativo di favorire la nascita o lo sviluppo di tecnologie poco presenti (o assenti) in Europa mediante una potente iniezione di risorse. In questo articolo esamineremo le caratteristiche principali della piattaforma e i potenziali rischi associati a questa operazione di politica industriale.

Pubblicato il 29 apr 2025

Francesco Paolo Trapani

Grant Advice – Amministratore Unico della Errendi srl



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Quello degli incentivi a supporto delle Tecnologie strategiche per l’Europa, meglio conosciute come Piattaforma STEP (Strategic Technologies for Europe), rappresenta un tema spinoso e di grande attualità su cui vale la pena soffermarsi anche per ricavarne una riflessione più ampia sulla direzione che stanno prendendo gli indirizzi di politica industriale elaborati nelle stanze di Palazzo Berlaymont a Bruxelles.

La Piattaforma STEP

Con Regolamento (UE) 2024/795 del 29 febbraio 2024 viene istituita la cosiddetta Piattaforma per le Tecnologie Strategiche per l’Europa. La Priorità Step, compatibile con una decina di programmi e fondi europei, da Horizon a InvestEu, dai fondi di coesione ai Pnrr e al fondo per la Difesa, ha l’obiettivo di spingere questi programmi a dirottare risorse sullo sviluppo di tecnologie critiche in tutta l’Unione, e rafforzare le rispettive catene del valore.

Tre sono i settori che possono beneficiare delle regole della piattaforma:

  • le tecnologie digitali, incluse quelle che contribuiscono agli obiettivi del programma strategico per il decennio digitale 2030, i progetti multinazionali, e l’innovazione delle tecnologie deep tech;
  • le tecnologie pulite ed efficienti sotto il profilo delle risorse, incluse le tecnologie a zero emissioni nette;
  • le biotecnologie, compresi i medicinali cosiddetti “critici”.

Con successiva Comunicazione C/2024/3209 del 13 maggio 2024 la Commissione ha inteso fornire le opportune Note di Orientamento necessarie per facilitare l’attuazione della Piattaforma da parte delle Autorità di Gestione dei Programmi Comunitari a gestione concorrente.

Un’attenta lettura della Comunicazione C/2024/3209 evidenzia una estrema verticalizzazione. I settori e le attività ammissibili sono puntualmente identificati. Non ci sono grossi spazi di inventiva o per interpretazioni estensive.

Il caso dei Mini Contratti di Sviluppo

A chiarire i limiti d’utilizzo delle priorità Step c’ha poi pensato il Ministero delle Imprese e del Made in Italy con il decreto 12 Agosto 2024 che ha istituito un nuovo regime d’aiuto – i Mini Contratti di Sviluppo – volto proprio ad utilizzare le risorse nazionali disponibili per la priorità Step.

Gli allegati da 1 a 4 elencano in maniera molto puntuale le Tecnologie critiche, Materie Prime critiche, Medicinali Critici e Servizi critici ammissibili a finanziamento.
Cambia pertanto il paradigma di analisi nell’individuazione delle attività ammissibili. Non più settori ATECO, ma singole e specifiche tecnologie, materie prime, medicinali e servizi. Come impatta questa fattispecie sulle modalità operative delle specifiche misure è ancora presto per saperlo.

Una politica industriale virtualizzata?

L’impressione che se ne ricava è quella di una Politica Industriale virtualizzata, nata nelle poco accoglienti stanze di Palazzo Berlaymont a Bruxelles senza una reale analisi territoriale.

In assenza di un censimento puntuale del tessuto produttivo “Step Ready” le risorse rischiano pertanto di essere sottoutilizzate.

I primi risultati mostrati dal gradimento dei Mini Contratti di Sviluppo destinati al Mezzogiorno d’Italia sembrano andare verso questa direzione. Si è nei fatti costruito uno strumento comunitario per favorire la nascita o lo sviluppo di un tessuto produttivo e tecnologie poco presenti (o assenti) in Europa mediante una sorta di fecondazione in vitro basata su una sorta di OverBoost finanziario.

Manca nei fatti (o almeno non ci è ufficialmente noto) un qualsiasi ragionamento legato ai mercati, alle aree industriali, alla formazione degli operatori di settore.

La piattaforma che piace alle Regioni (e meno alle imprese)

Di contro si responsabilizzano le Autorità di Gestione stimolandole verso la flessibilità attraverso meccanismi di stimolo molto allettanti.

Ed in effetti i motivi che hanno spinto molte Regioni Italiane, soprattutto nel Mezzogiorno, a scommettere con tanta convinzione su Step si ritrovano nel regolamento della piattaforma, in vigore da marzo scorso.

Innanzitutto la piattaforma Step apre i fondi strutturali europei alle grandi imprese e prevede che il 100% delle agevolazioni destinate alle imprese sia a carico dei fondi europei, senza cofinanziamento nazionale. Ciò è visto, specialmente al Sud, non solo come un’opportunità per attrarre soggetti privati in grado di realizzare progetti di grandi dimensioni ma anche come una strada per accelerare la spesa dei fondi, ancora ferma a percentuali pressocché irrilevanti. Inoltre, è previsto il prefinanziamento fino al 30% per i programmi che aderiscono a Step entro marzo 2025, mentre una modifica alla carta degli aiuti regionali ha alzato del 10% la quota dei sussidi sul costo complessivo del progetto. Infine, l’adesione alla piattaforma dà per acquisiti gli obiettivi intermedi dell’intero programma che viene così dispensato dalla verifica di metà periodo (art. 13, 5(9) Reg. 795/2024).

Ed è proprio il sottrarsi al riesame intermedio ai sensi dell’articolo 18 del Reg. (UE) 2021/1060, uno dei principali benefici della rimodulazione in chiave Step che ha spinto, ad esempio, la Regione Siciliana a utilizzare massicciamente la flessibilità Step, dirottando verso le Attività Produttive, ben 615 milioni di euro.

A ben leggere le delibere di giunta della Regione Siciliana n. 247 del 12 luglio 2024, c’è un dialogo aperto con i soliti Big Players che hanno già fatto incetta di fondi nelle precedenti programmazioni (senza risultati apprezzabili) ma che, com’è noto, non riescono a gestire i noti vincoli sul DNSH.

Manca un’analisi sul sistema economico Siciliano. Su quel gruppo di Grandi e Medie Imprese familiari che sono, da decenni, l’ossatura economica dell’Isola.

Piattaforma Step vs Poli di Sviluppo: le conseguenze del cambio di indirizzo

La politica di industrializzazione del Mezzogiorno e della Sicilia in particolare del dopoguerra è stata sostanzialmente incentrata sull’utilizzo dei “Poli di Sviluppo”. È stata proprio la politica dei poli di sviluppo a segnare un salto di qualità delle politiche statali finalizzate al rilancio industriale del mezzogiorno.

Questa linea strategica mirava a innescare la crescita industriale del Mezzogiorno spingendo le maggiori industrie pubbliche e private a localizzare importanti strutture in zone ad industrializzazione forzata. È un modello di sviluppo che si rifà alle teorie dell’economista francese Francois Perroux, illustrate nel suo volume del ’54 “l’Europe sans rivages” sulla crescita sbilanciata e spazialmente selettiva, imperniata sul ruolo delle imprese motrici.

Si è discusso a lungo sulla politica dei poli di sviluppo attuata in Italia, dagli anni ’50 agli anni’80 del XX secolo. Limiti e contraddizioni dell’esperienza sono stati marcati con grande energia da buona parte della letteratura. Politiche di incentivazione e autorizzazione pubblica hanno patito spesso di errate programmazioni strategiche e gravi problemi organizzativi.

Recentemente, globalizzazione, processi di internazionalizzazione dei mercati e maggiore attenzione agli impatti sui territori hanno definitivamente fatto tramontare il polo di sviluppo quale strumento per l’industrializzazione di territori svantaggiati.

Un risultato, comunque, i poli di industrializzazione nel mezzogiorno l’hanno ottenuto: è cresciuta e si è sviluppata una serie di competenze locali legate all’indotto. E una volta esauritasi la spinta o trasferitosi il grande gruppo industriale di riferimento (es. Fiat e Termini Imerese) sul territorio sono rimaste alcune expertise in grado di svilupparsi autonomamente.

A loro volta alcune di esse si sono successivamente trasformate in aziende di successo sui mercati nazionali ed internazionali e sono cresciute dimensionalmente sino a diventare medie o in alcuni casi anche grandi imprese industriali.

Le caratteristiche principali di questo tessuto produttivo sono, per forza di cose, legate alla fornitura e sub fornitura e raramente, soprattutto in Sicilia, vantano produzioni autonome ed un orientamento diretto verso il consumatore finale. Non esiste, nei fatti, una cultura imprenditoriale legata, per esempio, alle macchine utensili.

Ci si chiede, pertanto, come possa essere utilizzata la Piattaforma STEP che, invece, è fortemente orientata al prodotto. L’impressione che ne ricavo è quella di una virtualizzazione o peggio di una burocraticizzazione dei processi decisionali europei dove conta più la procedura che l’effettivo risultato. Una sorta di partita di giro (flessibilità e successiva riprogrammazione) utile per qualche convegno e/o per qualche Comitato di Sorveglianza.

Forse sarebbe auspicabile un maggiore coinvolgimento di quei soggetti imprenditoriali e professionali che, quotidianamente, si preoccupano della messa a terra delle risorse.


* Con il presente articolo inauguro la mia collaborazione con Innovation Post.
Ringrazio per lo spazio concesso Franco Canna e la Testata che mi ospita con l’auspicio di poter essere da stimolo per riflessioni circa il miglioramento dell’efficacia degli strumenti di Policy industriale Europea.

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