L’illusione del carbone, il benvenuto al nuovo parco nazionale e l’addio a Francesco nel podcast greenreport

«Ma davvero qualcuno pensa che sia l’ora di tornare al carbone?» Apre con questa domanda, Maurizio Izzo, la nuova puntata del podcast di greenreport. «Più che un dubbio sembra una certezza - continua il nostro direttore responsabile - a leggere certe dichiarazioni dei capi di Eni, Enel e soprattutto del ministro Salvini. Noi come sempre stiamo ai numeri e li facciamo leggere a chi li sa leggere». Spiega a greenreport l’economista Michele Governatori, responsabile Relazioni esterne - Energia del think tank climatico Ecco: «Un megawattora a carbone emette grosso modo il triplo dei gas-serra di uno da ciclo combinato a gas (che già siamo impegnati a usare sempre meno a vantaggio delle rinnovabili). Se quindi dal punto di vista degli obiettivi climatici si tratta di ipotesi evidentemente incompatibili, da quello economico altrettanto: l’elettricità a carbone non è competitiva in un contesto di carbon tax come l’Ets europeo con i prezzi che esprime ormai da molti anni».
Ma non è solo il carbone che dobbiamo lasciarci alle spalle, continua Izzo. Dobbiamo farlo con tutti i combustibili fossili. Il motivo? Le importazioni di combustibili fossili rappresentano oggi oltre un terzo della domanda di energia primaria. La dipendenza dalle importazioni di petrolio, gas e carbone è ancora ampiamente diffusa, tanto che 52 paesi importano più della metà della loro energia primaria da queste fonti. Oltre che dannosa per l’ambiente, questa strategia è controproducente dal punto di vista economico, considerando che un quarto del mondo spende oltre il 5% del Pil in importazioni annuali di combustibili fossili. Ebbene, una soluzione per lasciarci alle spalle tutto ciò c’è: nuove analisi mostrano infatti che la sostituzione delle importazioni fossili con tre leve chiave - veicoli elettrici, pompe di calore e rinnovabili - può ridurre le importazioni nette di combustibili fossili del 70%, facendo risparmiare ai Paesi importatori 1,3 trilioni di dollari a livello globale ogni anno.
«Ogni tanto – prosegue Izzo in questa puntata del podcast di greenreport – qualcuno ci ricorda che l’aumento delle temperature comporta un prezzo»: da uno studio pubblicato sulla rivista Nature emerge che le ondate di calore causate da anidride carbonica e metano emessi da 111 aziende sono costate all’economia globale 28.000 miliardi di dollari tra il 1991 e il 2020. Di questi, 9.000 miliardi sono direttamente attribuibili alle cinque aziende con le emissioni più elevate. Nel dettaglio, secondo i calcoli dei ricercatori, l’azienda con le emissioni più elevate tra quelle analizzate, la Chevron, potrebbe essere ritenuta responsabile di danni economici legati al caldo per un valore compreso tra 791 e 3.600 miliardi di dollari nel periodo considerato.
La notizia successiva è «una buona notizia», e arriva dal Matese, a cavallo tra Campania e Molise: qui è nato il 25° parco nazionale e non si può che festeggiare, considerando che erano dieci anni che non si istituiva un nuovo parco nazionale in Italia.
Dalla Toscana arriva invece l’allarme dei sindaci del Mugello, che dopo le alluvioni temono l’isolamento: i danni sono ingenti, e senza interventi straordinari, dicono i sindaci, i paesi di montagna muoiono.
L’ultima notizia da segnalare non poteva che essere per Papa Francesco, considerato che quella appena passata è stata la settimana dell’addio a Bergoglio. Grennreport l’ha ricordato con la pubblicazione di sue fondamentali encicliche e con un’editoriale del direttore editoriale Erasmo D’Angelis, che ha scritto: «Addio a Francesco, il Papa ecologista difensore della Natura e degli accordi sul clima, il globetrotter dei diritti e dell’accoglienza ai migranti, il combattente per gli ultimi, il rivoluzionario che ha ridato una missione alla Chiesa e a tutti noi».
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