L'italianissimo Steel Seed è un videogioco alla vecchia maniera, e ci piace così

Steel Seed è una vera e propria boccata d'aria fresca. Non perché inventi qualcosa di mai visto, ma perché riesce a riproporre un tipo di esperienza che oggi appare quasi fuori dal tempo.
È una di quelle avventure che si vedono sempre meno, ma che in passato erano più comuni: un mix ben calibrato di stealth, parkour, platforming e combattimento, il tutto incorniciato da una narrazione lineare, chiara, raccontata attraverso dialoghi, situazioni e qualche documento.
Come se non bastasse, ci mette pure delle fughe rocambolesche a là Uncharted, dove intere strutture crollano a vista d'occhio e noi dobbiamo destreggiarci tra salti a parete e doppi salti con tempismo per evitare di cadere nel baratro.
Questa capacità di sorprendere, mantenendo una struttura di gameplay solida ma allo stesso tempo audace nell'esplorare una buona dose di varietà, fa riscoprire il valore delle avventure d'azione.
Sul fronte narrativo, Steel Seed si apre con un intrigante alone di mistero: la prima scena ci immerge nei panni di Zoe e all'inizio assistiamo ad un breve, fugace momento in cui suo padre sembra impegnato in un'azione finalizzata a salvarla.
Da qui, la narrazione subisce un netto salto temporale: moltissimi anni dopo, Zoe si risveglia in un corpo completamente meccanizzato e si ritrova in un mondo dominato unicamente da robot, dove la vita sembra aver perso ogni speranza.
Il fulcro della trama si concentra sull'ossessione per ritrovare il padre, la cui presenza prosegue in qualche forma all'interno di un'intelligenza artificiale frammentata, che dovrà essere riassemblata per svelare i misteri di questo nuovo universo e, chissà, salvare quel mondo in rovina.
L'influenza della cultura giapponese è palpabile, sia nelle tematiche che nell'estetica, con chiari richiami a grandi opere come Ghost in the Shell, tra tutte.
Anche se le animazioni lasciano a desiderare e mettono in luce i limiti produttivi, alcuni scenari evocano un grande impatto, specie quelli nei quali l'inquadratura rimane fissa e scorre sul panorama in orizzontale per enfatizzare l'abilità degli artisti.
Il gameplay alterna in modo efficace sezioni di platforming a momenti più tesi in cui lo stealth diventa assoluto protagonista. Possiamo nasconderci tra i ripari, cogliere di sorpresa i robot con un'eliminazione furtiva oppure, se scoperti, affrontarli direttamente in combattimenti corpo a corpo.
Il sistema di lotta prevede attacchi leggeri e pesanti, con la possibilità di effettuare contrattacchi tramite schivate perfette. Tuttavia, è importante dire che non ci troviamo di fronte all'ennesima declinazione soulslike: qui l'approccio è molto più snello e immediato, perché il gioco stesso preferisce incoraggiare l'approccio furtivo piuttosto che il confronto diretto.
La difficoltà, almeno nella prima metà dell'avventura, è piuttosto accessibile. Si può optare per un approccio misto: si ripulisce un'area in modo furtivo, si sfruttano le coperture e, se serve, si conclude con qualche combattimento diretto, magari usando la propria spada laser.
Nella seconda metà però il gioco cambia passo, e non sempre in meglio. Le mappe diventano più complesse, i nemici più aggressivi, e il sistema di combattimento mostra i suoi limiti: è difficile gestire più avversari contemporaneamente, e tutto tende a diventare troppo confusionario.
Lo stesso vale per le sezioni platform, poiché, quando il gioco richiede maggiore precisione, emergono problemi nella gestione della telecamera e nella responsività generale, nonostante un buon feeling di base nei controlli.
Dispiace anche che il gioco non proponga, a parte in rarissime occasioni, delle battaglie contro i boss, di cui effettivamente si sente un po' la mancanza.
Eppure SteelSeed è pieno di idee. C'è persino una sequenza su un surf futuristico, in un calderone di varietà che tiene viva la curiosità del giocatore.
Non manca nemmeno la componente esplorativa, con puzzle ambientali che coinvolgono più che altro Koby, il drone-compagno di Zoe. Non solo può essere comandato per risolvere enigmi o sbloccare porte, ma diventa anche un supporto utile in battaglia e nelle fasi esplorative.
Koby non parla, comunica solo con suoni e segnali visivi, ma nel corso dell'avventura ha un ruolo importante, ed inevitabilmente si finisce per affezionarsi.
Il gioco offre anche un sistema di sviluppo delle abilità, con potenziamenti da sbloccare lungo tre alberi diversi.
La durata si aggira attorno alle 10 ore, con la possibilità di tornare in aree già esplorate per raccogliere collezionabili o completare obiettivi secondari. Tuttavia, Steel Seed rimane sostanzialmente un'esperienza lineare, e per certi versi è proprio questo uno dei suoi punti di forza.
Il gioco è disponibile da oggi su PS4, Xbox Series X|S e PC al prezzo di 39,99€ ed è completamente doppiato in italiano.
La chiave per questa recensione è stata fornita da ESDigital Games, che non ha avuto un'anteprima di questo contenuto e non ha fornito alcun tipo di compenso monetario. Potete leggere maggiori informazioni su come testiamo e recensiamo dispositivi e videogiochi su SmartWorld a questo link.
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