Obesità, questa abitudine molto comune ne aumenta il rischio del 330%

Il consumo eccessivo di sale non è solo un problema legato all’ipertensione: una nuova ricerca scientifica dimostra un collegamento diretto e preoccupante con l’obesità. Superare la soglia di 5 grammi di sale al giorno, il limite massimo raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), può comportare un aumento del rischio di obesità fino al 330%, soprattutto nelle donne. Il dato, emerso al 32° Congresso Europeo sull’Obesità (ECO 2025) a Malaga, riaccende i riflettori sui pericoli meno noti dell’eccesso di sodio nella dieta quotidiana.
Sale e obesità, un legame sempre più evidente
Per anni, il consumo eccessivo di sale è stato considerato principalmente un fattore di rischio per la salute cardiovascolare, legato all’ipertensione e agli ictus. Tuttavia, le recenti evidenze scientifiche rivelano che gli effetti del sodio in eccesso si estendono anche al metabolismo e alla composizione corporea, incidendo in maniera diretta sul peso corporeo e sulla distribuzione del grasso.
Lo studio presentato a Malaga è uno dei più completi mai condotti sul tema. Condotto su un campione rappresentativo della popolazione adulta finlandese, il lavoro analizza il legame tra l’assunzione giornaliera di sodio e l’incidenza dell’obesità generalizzata, misurata tramite l’indice di massa corporea (BMI), e dell’obesità addominale, caratterizzata da un’eccessiva presenza di grasso viscerale, particolarmente pericoloso per la salute.
I numeri della ricerca
Secondo i dati raccolti dal National FinHealth 2017 Study, che ha coinvolto oltre 5.000 adulti finlandesi, l’assunzione media di sale supera di gran lunga i limiti consigliati. Le analisi si sono basate su questionari alimentari validati e, per una parte del campione, su misurazioni dirette delle concentrazioni di sodio nelle urine.
I risultati parlano chiaro: nelle donne che consumavano oltre 9 grammi di sale al giorno, il rischio di obesità generale aumentava di 4,3 volte, pari a un incremento del 330%, rispetto alle donne che ne consumavano quantità inferiori. Anche il rischio di obesità addominale risultava significativamente più alto: +240% rispetto al gruppo con minore apporto di sodio.
Nei sottogruppi con analisi delle urine, il quadro si conferma. Le donne con le concentrazioni urinarie più elevate avevano una probabilità di sviluppare obesità quasi cinque volte superiore rispetto a quelle con concentrazioni basse, confermando il ruolo del sodio come fattore indipendente di rischio.
Negli uomini, pur con alcune variazioni nei dati, le tendenze sono analoghe. Quando l’apporto di sodio è stato misurato direttamente attraverso le urine, il rischio di obesità generale risultava sei volte più alto (incremento del 500%) nel gruppo con le concentrazioni maggiori, mentre l’obesità addominale presentava un rischio aumentato del 370%.
Un rischio spesso sottovalutato

La pericolosità dell’eccesso di sale viene spesso sottovalutata, anche perché il sodio si nasconde in alimenti apparentemente innocui. Come sottolineato dalla dottoressa Annika Santalahti, coordinatrice dello studio, il principale contributo all’apporto di sale nella dieta quotidiana non arriva esclusivamente dai fast food o dagli snack, ma da alimenti di consumo comune come pane, formaggi e prodotti a base di carne trasformata. In Finlandia, ma anche in Italia, sono proprio questi cibi ad apportare le maggiori quantità di sodio, spesso senza che i consumatori ne siano consapevoli.
Una fetta di pane confezionato, ad esempio, può contenere fino a 0,5 grammi di sale, e il consumo ripetuto nel corso della giornata contribuisce a superare facilmente i limiti raccomandati. Allo stesso modo, 100 grammi di formaggio stagionato possono contenere tra 1,5 e 2 grammi di sale. A questi si aggiungono affettati, sughi pronti, cibi in scatola e condimenti, in un mix quotidiano che può portare facilmente a un’assunzione di 10-12 grammi al giorno, più del doppio rispetto ai limiti stabiliti dall’OMS.
Sale e obesità: meccanismi possibili
Gli studiosi ipotizzano diversi meccanismi attraverso i quali un elevato consumo di sodio potrebbe contribuire allo sviluppo dell’obesità. Una prima teoria riguarda l’impatto del sale sull’appetito: un maggiore apporto di sodio può stimolare la sete e, in mancanza di una corretta idratazione, aumentare il consumo di bevande zuccherate e ipercaloriche, contribuendo così a un aumento dell’introito calorico complessivo.
Un altro fattore riguarda il microbiota intestinale: recenti ricerche suggeriscono che un eccesso di sale può alterare la composizione dei batteri intestinali, influenzando negativamente il metabolismo e favorendo l’accumulo di grasso viscerale. Inoltre, l’apporto elevato di sodio è stato associato a un maggiore stato infiammatorio generale, che a sua volta può interferire con i normali meccanismi di regolazione del peso corporeo.
Infine, alcuni studi indicano che il sodio potrebbe avere un ruolo nella modulazione dell’insulina e nella sensibilità insulinica, con effetti indiretti sulla predisposizione all’accumulo adiposo, in particolare nella regione addominale.
Obesità e salute pubblica, un’emergenza in crescita
L’obesità è considerata dall’OMS una delle principali emergenze sanitarie a livello globale. In Europa, secondo gli ultimi dati, quasi il 60% della popolazione adulta è in sovrappeso e più del 20% è obesa. L’eccesso di peso è un fattore di rischio per numerose patologie croniche, tra cui diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro e complicanze respiratorie.
Alla luce di questo nuovo studio, il contenimento del consumo di sale diventa uno strumento strategico per contrastare la diffusione dell’obesità. Ridurre l’assunzione quotidiana di sodio sotto i 5 grammi, obiettivo già raccomandato per prevenire l’ipertensione, potrebbe anche giocare un ruolo chiave nella prevenzione del sovrappeso e delle sue conseguenze.
Strategie per ridurre il consumo di sale
Le principali linee guida nutrizionali sottolineano l’importanza di limitare il consumo di alimenti trasformati e di preferire prodotti freschi e non confezionati. Leggere attentamente le etichette nutrizionali, scegliere prodotti a basso contenuto di sodio e cucinare in casa il più possibile sono le prime buone pratiche per ridurre l’apporto quotidiano di sale.
L’uso di spezie, erbe aromatiche e limone può aiutare a insaporire i piatti senza ricorrere al sale aggiunto. Anche il pane, alimento base della dieta mediterranea, può essere scelto in versioni a ridotto contenuto di sodio, così come i formaggi freschi al posto di quelli stagionati.
Infine, è essenziale sensibilizzare la popolazione, a partire dalle scuole, sull’importanza di una dieta equilibrata e sulla necessità di controllare l’assunzione di sodio, non solo per prevenire l’ipertensione, ma anche per evitare l’aumento di peso e le complicanze associate all’obesità.
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