Orbetello e i porti perduti degli Etruschi

Aprile 24, 2025 - 03:30
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Orbetello e i porti perduti degli Etruschi

In questo tardo pomeriggio ventoso, i secondi che passano prima che il lungo tubo metallico emerga completamente dalla superficie dell'acqua sembrano interminabili. Ancora pochi minuti per appoggiarlo delicatamente a terra... e grida di gioia e applausi si levano dalla piattaforma ormeggiata nella laguna di Orbetello, in Italia. A pochi metri dalla costa di questa città fondata dagli Etruschi, nell'estremo sud dell'attuale Toscana, la piccola équipe guidata dal geoarcheologo Jean-Philippe Goiran lascia esplodere la sua gioia e il suo orgoglio. Ha appena estratto in un'unica operazione un nucleo di sedimento lungo 5,5 metri da un ambiente lagunare: una prima mondiale!
Anche per i ricercatori, gli ingegneri e i tecnici che si congratulano a vicenda il sollievo è immenso. Perché giorni di tensione li hanno quasi costretti a fare le valigie appena arrivati e ad abbandonare una missione che aveva richiesto mesi di preparazione.

Una civiltà dalle origini poco chiare
È l'inizio di aprile del 2024 e Jean-Philippe Goiran ha ritrovato il sorriso. Specialista dell'evoluzione dei paesaggi costieri, ha iniziato quasi vent'anni fa le sue ricerche sui porti perduti del Mediterraneo presso il laboratorio di Lione Environnements et sociétés de l'Orient ancien 1 . Va a suo merito la recentissima scoperta dell'ubicazione del porto dell'antica città di Tiro, in Libano, sepolto sotto una strada romana, o l'ubicazione del primo bacino portuale di Ostia, il porto dell'antica Roma, in realtà situato molto più vicino alla città di quanto si credesse in precedenza.

Jean-Philippe Goiran è prima di tutto un geografo. Le sue indagini mirano essenzialmente a tracciare l'evoluzione ambientale delle coste – erosione, innalzamento del livello del mare, tipologie di suolo, ecc. – per stabilire dove, quando e come potrebbero essere esistite le infrastrutture portuali. «Ma questo metodo è soprattutto transdisciplinare - insiste il ricercatore - perché implica la raccolta e l'incrocio di dati biologici, vegetali o archeologici con elementi provenienti da archivi cartografici, testuali o iconografici».
E’ stato quindi del tutto naturale che si interessasse agli Etruschi, questa brillante civiltà che occupò l'Italia centrale per quasi tutto il millennio precedente la nostra era, ma che conserva ancora un certo alone di mistero. Le sue origini restano poco chiare, soprattutto perché non ha lasciato testi – a parte le iscrizioni presenti sui monumenti – e la sua lingua, ancora poco conosciuta, non può essere collegata alle lingue cosiddette "indoeuropee" parlate a quel tempo.

Una federazione di città-stato
Le necropoli etrusche come quella di Cerveteri, sontuose nei loro affreschi e nei loro arredi, dipingono il ritratto di una società raffinata, edonista e opulenta, in cui le donne godevano di uno status molto più elevato rispetto ad altre culture antiche. Da fonti esterne, principalmente greche e romane, sappiamo che gli Etruschi, uniti dalla lingua e dalla scrittura, condividevano soprattutto una religione comune, che riuniva una dozzina di città-stato, tutte completamente autonome e dotate di una propria organizzazione politica e militare, come le città greche. «Non c'è dubbio che queste città etrusche costituissero una vera e propria talassocrazia », spiega Jean-Philippe Goiran, cioè una potenza marittima con le sue rotte commerciali, la sua flotta mercantile e le sue navi da guerra a proteggerle.

«Dopo la battaglia di Alalia, l'attuale Aleria in Corsica, intorno al 540 a.C., gli Etruschi controllarono addirittura per quasi un secolo tutta l'area che va dal golfo di Genova a nord fino al sud dell'Italia, allora occupata dai Greci - aggiunge Gilles van Heems, storico presso il laboratorio 2 Histoire et sources des mondes antiques di Lione - Templi, necropoli e tracce di abitazioni attestano la prosperità delle città etrusche in questo periodo. Eppure, non è stato ancora scoperto alcun porto o impianto portuale...». Un altro mistero che circonda questa civiltà e che Jean-Philippe Goiran è determinato a svelare.

Quando questa nuova missione avrà inizio, nell'aprile del 2024, saranno in realtà trascorsi sette anni dall'inizio delle indagini etrusche. Una prima campagna era già stata condotta nel 2017 a Pyrgi, città etrusca situata poco a nord di Roma, le cui fonti antiche ne testimoniano la prosperità fino al IV secolo a.C. La flotta impegnata nella battaglia di Alalia era partita da Pyrgi. C'erano quindi buone ragioni per cercare lì le tracce di un antico porto, che doveva essere collegato alla grande città di Cerveteri, situata una decina di chilometri nell'entroterra.

Porto sommerso o porto inghiottito?
Le prime indagini e prospezioni geofisiche hanno portato i ricercatori ad esplorare l'ipotesi di un porto che sarebbe stato attualmente ubicato al centro del territorio. Senza successo. Notando che la costa e la scogliera erano soggette a rapida erosione, seguirono una nuova pista: invece di un porto nascosto nella campagna toscana, non avrebbero dovuto cercare un porto inghiottito dal Mediterraneo? Le indagini si sono poi spostate sui fondali marini, al largo di Pyrgi, ma finora senza risultati.

In attesa di lanciare una nuova missione a Pyrgi, il team ha deciso di dirigersi verso Orbetello, più a nord. Questa cittadina, situata ai margini di una laguna isolata dal mare da due spessi cordoni di sabbia, porta le tracce di un importante santuario etrusco. Ora sappiamo che, in questa civiltà marittima, il santuario svolgeva un ruolo centrale nell'attività portuale, garantendo la protezione dei marinai impegnati in una navigazione commerciale estremamente rischiosa.

«Due missioni iniziali di prospezione luminosa, utilizzando droni e rilevamento a infrarossi di strutture archeologiche sepolte nel terreno, poi al largo nella laguna e in mare, ci hanno permesso di restringere l'area di ricerca, sapendo che la laguna si estende su circa 27 chilometri quadrati», afferma Jean-Philippe Goiran. Ma ancora senza trovare traccia di una diga o di altre vestigia di una struttura portuale.

Dobbiamo concludere che gli Etruschi costruirono una potenza marittima senza avere porti? Impossibile! L'assenza di tracce tangibili ha quindi costretto i ricercatori a mettere in discussione il presupposto che ha guidato la loro indagine fin dall'inizio: sono sempre stati sulle tracce di installazioni portuali paragonabili a quelle di altre civiltà antiche, in particolare greca o romana, con strutture permanenti progettate per durare decenni.

Alla fine, si è imposta una nuova ipotesi, a prima vista stravagante: e se gli Etruschi avessero utilizzato semplicemente il legno per costruire le loro strutture portuali? Il legno consente di costruire porti in modo rapido e di spostarli facilmente quando il livello del mare aumenta o, al contrario, quando i depositi sedimentari li minacciano.
«Conoscendo le tecniche di costruzione navale dell'epoca, sappiamo che le loro navi necessitavano di un pescaggio ridotto - sostiene Gilles van Heems - In inverno, per ripararsi, potrebbero aver attraccato sulle spiagge, senza bisogno di grandi infrastrutture. Potevano quindi essere sufficienti delle tettoie, dei semplici pali di legno con una copertura di legno o di piante , anche se dovevano essere ricostruite ogni anno». Tutto ciò lascia ovviamente poche tracce, nella migliore delle ipotesi buche per pali...

Un porto di legno situato nel cuore della laguna di Orbetello? Per convalidare questa ipotesi, bisogna ancora accertare che la suddetta laguna (oggi completamente chiusa) avesse nel V secolo a.C. un collegamento con il mare e che quindi potesse costituire un rifugio costiero naturale per gli Etruschi, ben riparati dai cordoni dunali, detti anche "tombolos" dai geografi, che fungevano da frangiflutti naturale per il porto.

Laguna aperta o chiusa
I carotaggi dei sedimenti estratti dalle profondità della laguna, come il primo carotaggio che tanto entusiasmo il team ha raccolto in quel tardo pomeriggio di aprile, saranno fondamentali per rispondere a questa domanda. «Questa carota non solo è lunga 5,5 metri, ma è anche un pezzo unico», sottolinea il geografo. Gli ingegneri del CNRS hanno lavorato per mesi per adattare un campionatore di carote acquistato negli Stati Uniti e arrivare a questo risultato. «Il suo principale vantaggio è quello di evitare qualsiasi perdita. Con un carotatore convenzionale, che procede ad esempio metro per metro, possiamo perdere dai 10 ai 15 centimetri di sedimento tra ogni carota di 1 metro. Vale a dire decenni, persino secoli di storia ambientale e di storia in generale!» Grazie al sistema installato a Orbetello, l'intera storia della laguna verrà svelata negli strati di sedimenti accumulati sul fondo dell'acqua anno dopo anno, secolo dopo secolo.

Cécile Vittori, paleoambientalista dell' université de Lyon, coinvolta nell'avventura fin dalla prima missione a Orbetello, nasconde a malapena la sua impazienza mentre Laurent Augustin e Trevor Popp, i due principali addetti allo scavo, posizionano con cura il tubo metallico sulla piattaforma galleggiante. «I campioni di carotaggio ci mostreranno se la laguna aveva un collegamento con il mare in epoca etrusca, sia naturale che tramite canali artificiali scavati nella fascia dunale - afferma con entusiasmo - Permetteranno inoltre di misurare la profondità delle acque e quindi la loro navigabilità, e di stabilire quali tipi di imbarcazioni, semplici chiatte o navi più grandi o più piccole, potrebbero navigarvi».

Controllo incrociato delle informazioni
La datazione e la provenienza dei sedimenti, costieri o fluviali, l'analisi dei contaminanti metallici che rivelano i cambiamenti causati dallo sviluppo della città, o ancora la densità dei molluschi e dei pollini presenti nei carotaggi sono tra i tanti indizi che permetteranno di tracciare l'evoluzione nel corso dei secoli di questa laguna oggi chiusa. Cécile Vittori esaminerà con particolare attenzione gli ostracodi intrappolati nei sedimenti. Questi piccoli gamberetti protetti dal guscio, presenti in gran numero negli ambienti lagunari, dovrebbero essere particolarmente istruttivi, poiché le loro specie differiscono a seconda che vivano in acqua dolce o salata.

Tutte le informazioni estratte dai sedimenti saranno incrociate con il lavoro degli storici e degli archeologi partner del progetto. «Le uniche fonti bibliografiche di cui disponiamo sono testi di cronisti romani contemporanei alla civiltà etrusca, tradotti all'inizio del XX secolo da storici che a malapena distinguevano tra laguna ed estuario, sabbia e limo... Rileggerli alla luce di quel che scopriamo sul campo potrebbe gettare una luce completamente diversa», prosegue Jean-Philippe Goiran, sollevato di vedere la missione così ben avviata.

Bisogna dire che i primi giorni sul campo sono stati snervanti per gli scienziati. «Abbiamo scelto di venire ad aprile per evitare la fioritura algale, la proliferazione di alghe che segna il ritorno delle giornate di sole ed è particolarmente significativa in estate - racconta Cécile Vittori - Ma il boom è stato talle che le alghe hanno “grippato” il motore destinato a muovere la piattaforma. Abbiamo quindi dovuto ripiegare sulla laguna sud, dove la piattaforma è riuscita ad attraversare gli ultimi metri di accumuli di alghe solo grazie alle corde e ai remi degli atleti italiani che si stavano allenando per le Olimpiadi di Parigi...!»

Sotto il parcheggio… il porto?
A questo si è aggiunta la mancanza dell'autorizzazione amministrativa, della quale nessuno era a conoscenza e che ha bloccato il team fin dal suo arrivo... Per non parlare del vento, che si insinuò anch'esso, rendendo le operazioni particolarmente rischiose. Per perforare un campione di carotaggio in acqua profonda appena 1 metro, il tubo deve essere sollevato molto in alto prima di essere inserito, il che richiede che i capi carotatori si arrampichino sulla cima dell'albero metallico alto 7 metri, che oscilla come una trottola gigante. Nonostante la difficoltà tecnica dell'operazione, nel mese di aprile sono state estratte in totale 6 lunghe carote dalle profondità della laguna.

Jean-Philippe Goiran si recò quindi a esplorare a piedi la costa della laguna, nella speranza di individuare indizi archeologici che rivelassero i livelli del mare durante l'antichità, come quella struttura che si estende nell'acqua e che si rivelò essere un'antica fogna...

Le indagini sono destinate a proseguire, perché il geoarcheologo è ormai convinto che, se ci sono strutture e palafitte in legno da scoprire, tracce di un antico porto, questo si trova in una striscia di terra oggi occupata da un parcheggio. E benché questo terreno (bonificato dalla laguna come un polder, depositandovi i detriti dei bombardamenti alleati della seconda guerra mondiale) non appartenga né alla città né alla Regione, ma direttamente allo Stato, Jean-Philippe Goiran spera di ottenere tutte le autorizzazioni necessarie. Il sindaco di Orbetello ha già avviato i primi passi presso i ministeri italiani competenti.

Da un prezioso supporto per gli scienziati per questa indagine storica dovrebbero trarre vantaggio ancheil sindaco e l'intera popolazione di Orbetello: studiare il passato della laguna permette di comprenderne meglio il futuro. «Si stima che al tempo degli Etruschi il livello del mare fosse circa 1 metro più basso di quello attuale - insiste il ricercatore - e vediamo che il cordone dunale che circonda la laguna si sta facendo sempre più spesso, al punto che pensiamo che presto diventerà impraticabile, il che minaccia di ucciderla: se le acque non vengono rinnovate e mescolate, la temperatura aumenta, i pesci muoiono...»

Il progressivo isolamento della laguna, amplificato dai cambiamenti climatici e dalla proliferazione delle alghe, rappresenta quindi una vera e propria minaccia ecologica, ma anche economica, per questa città il cui dinamismo non si è mai arrestato fin dall'epoca etrusca.

Francis Lecompte
tratto da “Les ports perdus des Étrusques”, pubblicato inizialmente sul numero 17 di Carnets de science e successivamente su CNRS Le Journal

  • 1. Unité CNRS/Université Lumière Lyon 2.
    • 2.Unité CNRS/ENS de Lyon/Université Lumière Lyon 2/Université Lyon 3 Jean Moulin.

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