Paesi Bassi, maxi tagli all’istruzione e restrizioni per gli studenti stranieri, le università protestano

Bruxelles – In Olanda le università stanno vivendo delle settimane difficili da quando il governo conservatore ha deciso di tagliare drasticamente i fondi destinati all‘istruzione superiore. Si tratta di un taglio complessivo di 497 milioni di euro, distribuito su diverse voci, tra cui borse di studio e ricerca. In particolare, a essere colpita più duramente è stata la politica per gli studenti internazionali, che subirà un taglio di ben 186 milioni di euro.
Le restrizioni del budget sono divenute legge lo scorso 9 aprile, mentre il ministro dell’istruzione Eppo Bruins ha avanzato delle proposte volte a scoraggiare l’arrivo di studenti non olandesi nel Paese e a favorire i programmi di studio nella lingua nazionale. In particolare, Bruins ha chiesto che non oltre un terzo degli insegnamenti nei programmi di laurea di primo livello siano condotti in lingua straniera, e che i percorsi di laurea in inglese debbano essere vagliati da una commissione apposita. Un cambiamento importante, considerando che nei Paesi Bassi il 50 per cento degli insegnamenti avviene simultaneamente in inglese ed in olandese. Le università dovranno inoltre applicare un tetto massimo per il numero di studenti stranieri iscritti e, se tale misura non dovesse risultare sufficientemente efficace, queste riceveranno meno fondi per ciascun studente. Il governo sta discutendo inoltre la possibilità di limitare il supporto finanziario agli studenti Ue che lavorano nel Paese, e di imporre maggiori tasse per quelli extracomunitari.
Le università delle regioni di confine e quelle inserite in programmi di internazionalizzazione saranno quelle più colpite, poiché una parte importante delle loro entrate proviene proprio dagli studenti stranieri, che pagano tasse universitarie più elevate. Rianne Letschert, presidente del consiglio di amministrazione dell’Università di Maastricht, che conta oltre 10 mila iscritti provenienti dall’estero, si è detta preoccupata: “Stiamo già assistendo a un calo delle iscrizioni per il nuovo anno accademico. Gli studenti internazionali non vogliono studiare in un paese dove non sono benvenuti, e questo ha un forte impatto sull’università. Se crolla, avremo un grosso problema. Per questo abbiamo presentato una controproposta al ministro dell’Istruzione”.
La controproposta, rilanciata da numerosi atenei in tutto il Paese e rifiutata lo scorso giovedì (24 aprile) dal ministro Bruins, prevedeva per le università la possibilità di stabilire autonomamente quali corsi in lingua straniera interrompere e quali mantenere, accettando un certo livello di restrizioni per gli studenti non olandesi. La situazione è particolarmente seria: a seguito dei tagli, l’Università libera di Amsterdam si è vista costretta a chiudere l’intero dipartimento di scienze della terra, mentre gli atenei del Randstad hanno annunciato che dal 2027 i corsi di laurea in psicologia volti agli studenti internazionali saranno interrotti.
Nonostante le proteste che, specialmente a Maastricht, hanno visto la partecipazione di centinaia di studenti, il ministro dell’Istruzione ha confermato i tagli: “Dobbiamo investire di più nella difesa e alla fine del mese avere più soldi in tasca. Ciò significa che in alcuni settori è necessario fare scelte dolorose“. Sul motivo per cui le restrizioni siano indirizzate prevalentemente verso gli studenti internazionali, Bruins ha risposto: “Nei Paesi Bassi molti studenti internazionali possono studiare quasi gratuitamente; questo ci costa molti soldi dei contribuenti. Allo stesso tempo, vediamo che molti studenti internazionali dopo gli studi partono immediatamente per l’estero e non contribuiscono alla nostra società”. “Con queste misure vogliamo attirare gli studenti giusti e invogliarli a contribuire alla nostra economia” ha aggiunto il ministro, tuttavia i dati sembrano dargli torto: secondo un report, gli studenti extra-Ue portano un guadagno netto al tesoro olandese di 96 mila euro a studente, mentre il 31 per cento di loro vive e lavora nel Paese a cinque anni dal conseguimento della laurea.
Qual è la tua reazione?






