Papa Francesco, le voci sull’erede “internazionale”: un Pontefice che viene da lontano per il post-Bergoglio

La giornata a Santa Marta, a ridosso della Basilica di San Pietro, dentro il Vaticano, si è aperta alle 5 del mattino con l’esposizione della salma di Papa Francesco nella cappella del piano terra. Tra i primi ad arrivare per un omaggio privato, c’è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dalla figlia. Poi per tutta la giornata, fino a mezzanotte, cardinali, arcivescovi, vescovi, prelati, dipendenti del Vaticano con le loro famiglie, suore, hanno sfilato e pregato. La salma del Papa era sulla semplice bara di legno, aperta, per un saluto silenzioso.
Nel frattempo arrivavano le informazioni essenziali sui prossimi giorni: oggi l’esposizione della salma in San Pietro; il funerale è fissato alle 10 del mattino di sabato 26; il governo italiano ha decretato cinque giorni di lutto. La Congregazione dei cardinali – che prende le decisioni insieme al cardinale Camerlengo durante la sede vacante – ha sospeso tutte le cerimonie previste, come la canonizzazione di Carlo Acutis di domenica 27. Tutto rinviato fino alle decisioni del nuovo papa, quando sarà. Il Conclave si aprirà dopo il 5 maggio, quando tutti i cardinali saranno a Roma – 135 elettori – e dopo il funerale ci sarà la sepoltura di Francesco nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Il rito funebre sarà celebrato dal Decano del Collegio cardinalizio, il cardinale Giovanni Battista Re, che ha 91 anni e non entrerà in Conclave. E adesso e per i prossimi giorni, il toto-papa la fa da padrone.
Chi sarà il successore di Jorge Mario Bergoglio?
I nomi si sprecano, ma quelli gettonati riguardano i più in vista del collegio cardinalizio, quanti si conoscono di più e meglio, a partire dal segretario di stato cardinale Parolin. Ma i diretti interessati sanno come funzionano questi pronostici e tacciono. I criteri dei giornali e dei giornalisti non appartengono ai criteri del collegio cardinalizio. O meglio, a volte far uscire dei nomi, opportunamente suggeriti, è parte di una strategia per “bruciarli”. È accaduto ad un “eccellente” come l’arcivescovo di Genova cardinale Siri, nel conclave che elesse Giovanni Paolo II. Dato per favorito, anzi favoritissimo, ebbe la ventura di concedere un’ampia e battagliera intervista su come vedeva la Chiesa nel mondo, in aperto contrasto col Concilio. L’accordo era che la conversazione sarebbe stata pubblicata a Conclave iniziato. E invece uscì prima, facendo sfumare una elezione data per sicura. Da allora – e non solo – tutti tacciono, cardinali papabili e non papabili, in base al detto che nel Conclave si entra da papa e si esce da cardinale. Mai come questa volta.
Una delle caratteristiche del pontificato di Francesco ha riguardato il suo stile di governo piuttosto personale. Il che vuol dire che i cardinali tra di loro non si conoscono bene, soprattutto quanti si trovano lontani da Roma. Dunque saranno i giorni prima del Conclave, quando i cardinali si riuniranno per prendere decisioni e scambiarsi opinioni, quelli in cui si formerà una possibile maggioranza a favore dell’uno o dell’altro. Certo, di alcuni si conoscono le tendenze ecclesiali e culturali; di altri si vede la spiccata caratteristica missionaria e di dialogo nei contesti complicati in Africa, Asia, Oceania. Ma cosa potrà fare un nuovo papa? Quanto sarà legato o collegato alla maggioranza che lo ha eletto? E quali saranno le priorità da affrontare, dettate o almeno indicate dalle riunioni dei cardinali? Di certo il profilo della maggior parte dei candidati che vanno per la maggiore, anche tra gli italiani, è la spiccata internazionalità.
Poi un’altra grande questione riguarda la provenienza: dalla Curia o sarà esterno? Pro e contro non mancano: se viene dalla Curia si presume conosca la macchina amministrativa e sappia farla funzionare. Se viene da una diocesi, ci potrebbero volere anni prima di entrare nei meccanismi. E non è detto sia possibile, come dimostrano anche le esperienze recenti. Giovanni Paolo II ad esempio aveva deciso di lasciar fare alla Curia, riservandosi i viaggi e una politica di alto profilo. Benedetto XVI che pure conosceva il meccanismo amministrativo-burocratico, alla fine ha gettato la spugna. Papa Francesco ha cercato fin dall’inizio di realizzare una riforma, attuata dopo dieci anni di studio, e non si direbbe riuscita. Insomma, al momento siamo davanti ad un cantiere aperto.
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