Papa Francesco: un pontificato doloroso

di Yari Lepre Marrani –
I funerali di Papa Francesco hanno chiuso per sempre la splendida vicenda spirituale terrena di Jorge Mario Bergoglio. Secondo le fonti più attendibili, 400mila persone hanno seguito i funerali di Papa Francesco, in San Pietro e poi lungo il tragitto che ha condotto il feretro alla basilica di Santa Maria Maggiore. La sepoltura di un Papa fuori dalla basilica di San Pietro non avveniva dal lontanissimo 1669: Papa Clemente IX, al secolo Giulio Rospigliosi, era stato l’ultimo pontefice a chiedere la sepoltura della propria salma in Santa Maria Maggiore. Devotissimo all’Immacolata, Clemente IX viene ricordato come un uomo amante della cultura, della musica in particolare, compositore di vari testi di varie opere a soggetto sacro.
I funerali di Papa Francesco hanno chiuso la vicenda terrena di quell’uomo che, a buon diritto e senza timore di essere smentiti, potrebbe senz’altro passare alla Storia della Chiesa e universale come il secondo “Papa buono” della Storia ecclesiastica, dopo che tale appellativo fu dato per antonomasia a Giovanni XXIII, nato Angelo Giuseppe Roncalli, 261mo vescovo di Roma che conquistò la leggenda di Papa buono nel suo breve ma importantissimo pontificato, avvenuto tra il 1958 e il 1963. La dolcezza d’animo, l’indole pacifica, gentile, evangelica accomuna Papa Francesco a Giovanni XIII ma Bergoglio andrà ricordato per determinate caratteristiche connesse al periodo storico del suo pontificato tali da rendere quest’ultimo un pontificato doloroso, tra i più controversi che un vescovo di Roma ha dovuto affrontare dalla propria salita al soglio pontificio.
Il pontificato di Papa Francesco è durato esattamente dodici anni, dal 2013 al 2025, dodici anni in cui la storia del mondo è stata segnata e contraddistinta da una discesa, rapida e dura, verso il baratro della violenza, del sangue simboleggiati dal ritorno alla guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Guardiamo le date e si capirà subito perchè Papa Francesco, uno dei papi più evangelici e, come tale, più potenzialmente sofferente per i mali del mondo e dei più indifesi, ha governato la Chiesa universale in un oceano di profondo dolore morale celato dietro le sue numerose parole di invocazione alla pace universale, parole di conforto e sostegno per tutti coloro che soffrono; Francesco ha invocato Dio, ha pregato per i dolenti del mondo, ha predicato l’evangelo proprio in una fase del mondo in cui quest’ultimo si è insanguinato.
Dal 2013 al 2025, il mondo ha conosciuto i momenti più bui dai tempi della fine della Seconda Guerra Mondiale: nel 2014 la Rivoluzione Ucraina, l’inizio della Guerra nel Donbass tra le forze separatiste del Donbass, una regione dell’Ucraina orientale, e le forze governative ucraine; sempre nel 2014 l’annessione russa della Crimea, nelle fasi finali della rivoluzione ucraina. Eventi che furono solo preludio di altri ben più tragici, dopo pochi anni: il ritorno alla guerra convenzionale con il conflitto russo-ucraino iniziato nel febbraio 2022, il conflitto più devastante in termini di distruzione, crimini di guerra, e vittime dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un conflitto in cui, ad oggi, il bilancio è agghiacciante: quasi un milione di vittime, tra morti e feriti. Una guerra che è diventata, nei mesi, negli anni, il cuore del mondo proprio perché, con essa, è tornata tragicamente alla ribalta geopolitica quella guerra convenzionale che si credeva definitivamente archiviata nell’era atomica. E nel pieno di questa nuova calamità militare, ecco arrivare un’altra catastrofe, un’altra tempesta di sangue: quel 7 ottobre 2023, quando avvenne l’attacco di Hamas a Israele, od operazione alluvione al-Aqsa ,un nuovo attacco terroristico condotto da gruppi armati della Striscia di Gaza, cui Israele attraverso il suo primo ministro Netanyahu ha subito reagito con tale violenza da trasformare la reazione di Israele, da allora, in un nuovo genocidio del popolo palestinese, il nuovo genocidio degli anni ’20 del XXI secolo.
E Papa Francesco è stato anche il pontefice che ha visto nascere, nel febbraio 2020, e diffondersi, la grande pandemia del Covid-19, tra le dieci pandemie più letali della Storia.
Di fronte a tutte queste calamità militari o sanitarie sommatesi assieme, si è erto il Pontefice della Pace, il Profeta dei bisognosi, dei reietti, colui che ha scelto di chiamarsi come il mistico fraticello medioevale che si spogliò delle sue ricchezze.
Di fronte a tutte le calamità che, durante il suo pontificato, hanno colpito l’umanità, Francesco non è stato mai sottovalutato, ma profondamente inascoltato e nessuno era obbligato ad ascoltarlo. I suoi reiterati appelli alla pace universale, il suo messaggio profondamente cristiano espresso dalla sua voce dolce, autorevole ma umile, sono stati realmente una vocina che grida nel deserto ma si dissolve in polvere perché, si sa, il deserto non ascolta altrimenti non sarebbe tale.
Il singolare destino di un mondo travolto da tali calamità sotto lo sguardo di un secondo Papa evangelico che fece della vicinanza emotiva ai disperati il suo vessillo è una congiunzione di eventi così paradossale e commossa da diventare essa stessa un simbolo di quanto di più cristiano si possa immaginare, al di là di qualsiasi simbolo, dottrina o dogma.
La Chiesa, per Francesco che pure l’ha governata da capo di Stato, doveva tornare ai poveri e mai, prima di lui, un papa fece della pace universale il nucleo portante del proprio messaggio cristiano lanciato ai fedeli di tutto il mondo. E perché non pensare ad una Chiesa nuova, ripulita dalla ricchezza e dal potere, che torni alla purezza delle sue origini, a quei grandi Padri della cristianità che conobbero la missione dell’evangelizzazione ma non il potere? Gli esempi abbondano e sono accomunati da un inevitabile, comprensibile destino comune: Pietro, capo dei dodici apostoli e primo Papa; San Paolo, tempesta d’amore e uragano d’idee, o San Giacomo il Minore, primo vescovo di Gerusalemme, morto nel 62 d.C., cui una leggenda attribuisce un incallimento delle ginocchia per la troppa preghiera. Tutti grandi apostoli della prima cristianità ma tutti poveri, tutti martiri ma eternamente vivi, nessuno tra loro fu un Capo di Stato, furono missionari dell’Evangelo ed eterni profeti di Cristo.
Papa Francesco, pochi giorni dopo essere salito al soglio pontificio, ha pubblicamente detto le seguenti parole: “Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”, è la notissima esclamazione, uscita dalle labbra del Papa durante l’incontro coi rappresentanti dei media, il 16 marzo 2013, mentre rievocava pubblicamente le circostanze che l’avevano indotto alla scelta del nome: Francesco. Prima di lui, tali parole erano già state pronunciate proprio da Giovanni XXIII, il papa buono. E così la vicinanza tra i due papi evangelici si fa ancora più fatalmente importante e imperscrutabile. “Una Chiesa povera e per i poveri”: la Chiesa di Pietro, Paolo e tutti i primi grandi padri del Cristianesimo che pagarono col sangue la loro missione.
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