Passaporto digitale dei prodotti: l'esperienza di Save the Duck

Aprile 29, 2025 - 12:30
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Passaporto digitale dei prodotti: l'esperienza di Save the Duck
Save the Duck ha integrato il Digital product passport nelle collezioni a partire dalla primavera estate 2024
Save the Duck ha integrato il Digital product passport nelle collezioni a partire dalla primavera estate 2024 Credits: Save the Duck

Interview

Mentre molte aziende stanno consumando i primi approcci con le direttive in tema di sostenibilità, passaporto digitale dei prodotti in primis, e mentre l'iter legislativo europeo in tema di circolarità procede, tant'è che la settimana scorsa la Commissione Europea ha adottato il piano di lavoro 2025-2030 per il Regolamento sulla progettazione ecocompatibile per prodotti sostenibili (Espr, acronimo di Ecodesign for sustainable products regulation), c'è anche chi ha già fatto passi da gigante su questo fronte, tanto da costituire un esempio virtuoso cui ispirarsi. Tra queste realtà figura Save the Duck, marchio fondato nel 2012 da Nicolas Bargi, che ricopre la carica di ceo. FashionUnited ha parlato del percorso compiuto con Silvia Mazzanti, sustainability manager della società, per capire quali sono i passi cruciali, gli errori da evitare e i suggerimenti preziosi per essere pronti quando il passaporto digitale dei prodotti sarà obbligatorio.

Silvia Mazzanti,  sustainability manager di Save the Duck
Silvia Mazzanti, sustainability manager di Save the Duck Credits: Save the Duck

Quando avete adottato il passaporto digitale dei prodotti?

Abbiamo integrato il Digital product passport nelle collezioni a partire dalla primavera estate 2024. Il progetto è nato dalla collaborazione con Certilogo, e permette ai clienti di accedere a un set completo di informazioni sui prodotti, dalle performance fisiche all’impatto ambientale, semplicemente scansionando il Qr code sulle etichette. Nei mesi scorsi, inoltre, abbiamo lanciato una nuova funzionalità del Digital product passport che, sempre in collaborazione con Certilogo, introduce l'opzione "dona" in grado di consentire ai clienti di regalare i propri articoli del nostro marchio usati, contribuendo alla visione di un'economia circolare del brand. Il tutto è stato possibile anche grazie a Humana people to people Italia, un’organizzazione non profit di cooperazione internazionale. Attraverso la scansione del Qr code, presente sull’etichetta all’interno dei nostri capi, selezionando l’opzione “Dona a Humana people to people Italia” gli utenti possono decidere di recarsi di persona presso uno dei punti vendita Humana vintage e Humana people, dove un operatore scansiona il codice Qr, verifica la donazione e accetta l'articolo che entra così nella filiera dell’organizzazione non profit, oppure spedire con Dhl. Dopo aver generato un'etichetta di spedizione sul sito web di Dhl, gli utenti possono inviare il loro articolo all’impianto semiautomatico di selezione di Humana people to people Italia senza alcun costo.

L'adozione del passaporto digitale è stato un iter complesso e dispendioso?

Per la nostra realtà è stato un passaggio naturale in quanto, già dal 2015, ci siamo affidati a Certilogo per consentire ai clienti, attraverso un Qr code, di verificare l'originalità dei capi acquistati. E' stata realizzata una piattaforma a disposizione di tutti gli utenti che, con il tempo, è stata in grado anche di fornire informazioni dettagliate e trasparenti sui materiali, sui processi di produzione e sulle certificazioni di ogni articolo, consentendo ai clienti di prendere decisioni di acquisto più informate e responsabili. La parte più onerosa è quella relativa alla raccolta dei dati sulla filiera, ma è un iter che è partito fin da subito, grazie a una attenta selezione dei fornitori e che continua ancora oggi, con quelli nuovi. Molti dei nostri fornitori si trovano ad Hangzhou, una città della Cina, capitale della provincia costiera del Zhejiang. Si tratta di uno dei centri economici più importanti della Cina, anche per il tessile. Ci sono i produttori migliori ed è una regione che si è sviluppata molto, anche dal punto di vista tecnologico. Proprio ad Hangzhou abbiamo un nostro ufficio e i laboratori che si occupano di qualità dei prodotti e che si interfacciano regolarmente con la divisione dedicata alla sostenibilità qui a Milano, composta da quattro persone.

Quali sono state le difficoltà?

Come anticipato la difficoltà consiste nel reperimento dei dati, ma questo processo per noi è cominciato anni fa ed è stato "ufficializzato" nel 2018 quando abbiamo presentato il primo Bilancio di sostenibilità con l’obiettivo di condividere con gli stakeholder in maniera trasparente gli obiettivi e i traguardi raggiunti dalla nostra organizzazione e le sfide che ancora l’attendono. Arrivare all'adozione del Digital product passport per noi è stato un passaggio naturale. Dal lato nostro, quindi, non è stato un investimento ingente perchè dovevamo solamente riallocare dei dati di cui eravano già in possesso.

Cosa consiglia alle aziende che si accingono a intraprendere un percorso verso l'adozione del Dpp?

Il panorama delle aziende della moda si divide tra un fronte degli avanguardisti, che si muove e comincia a sperimentare, e poi ci sono gli attendisti, che aspettano che sia totalmente definita la normativa. Ovviamente questi ultimi rischiano di arrivare tardi. Il mio suggerimento, quindi, è di iniziare a costruire un piano strategico verso l'adozione del Digital product passport. Naturalmente molte realtà, in questo particolare momento, come è comprensibile, sono concentrate su altre questioni più urgenti. Devo dire, però, che, per quanto ci rigurda, esserci concentrati sul passaporto digitale, grazie alla lungimiranza del nostro ceo, ha ripagato il nostro marchio e ha messo in evidenza il fatto che esista una "reason why" che ci spinge a fare abbigliamento in maniera etica.

Esistono delle fiere in Italia che possono essere utili a chi desidera informarsi? Ci sono momenti di scambio con altre realtà della moda?

Si, posso citare Ecomondo, che si svolge a Rimini, per esempio, oppure il Salone della Csr e dell'innovazione sociale, che va in scena a Milano. Per quanto riguarda le azioni congiunte e i tavoli di studio che sensibilizzano le aziende sui temi della sostenibilità e favoriscono innovazione, transizione energetica ed economia circolare, siamo coinvolti nel Monitor for circular fashion, iniziativa congiunta del Sustainability lab di Sda Bocconi ed Enel X, progetto che ha l’obiettivo di offrire una rappresentazione precisa e dinamica dello stato dell’economia circolare nel comparto moda italiano. Inoltre, assieme ad altre realtà, svolgiamo attività di advocacy con il consorzio Erion Textiles. Erion Textiles, consorzio del Sistema Erion dedicato alle aziende del settore tessile (che vede come soci Miroglio Fashion, Save the Duck, Amazon, Artsana, Essenza, Pompea, Decathlon, H&M, Kiabi e Ovs, ndr), partecipa alla consultazione pubblica sul Decreto dell'Epr per il settore tessile abbigliamento. La chiusura della consultazione pubblica, prevista il 5 maggio,è volta a finalizzare il Decreto ministeriale sulla Responsabilità estesa del produttore nel settore tessile. Condividere posizioni ed esperienze è molto positivo, si tratta di momenti di interazione che portano valore.

L'esterno del negozio di Palermo
L'esterno del negozio di Palermo Credits: Save the Duck

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