Perché Graziano Mesina era stato scarcerato: non era più il Re di Supramonte, non era più recuperabile

Aprile 16, 2025 - 14:43
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Perché Graziano Mesina era stato scarcerato: non era più il Re di Supramonte, non era più recuperabile

Graziano Mesina, 83 anni, ex prima rossa del banditismo sardo, è morto oggi a 83 anni. A seguire l’articolo pubblicato sull’edizione cartacea del quotidiano in cui si spiegavano le ragioni della scarcerazione dell’uomo gravemente malato da tempo, ormai in stato terminale, una notizia arrivata soltanto ieri. 

Graziano Mesina sarà scarcerato per differimento pena a causa delle gravissime condizioni di salute. Il magistrato di sorveglianza ha accolto l’istanza della difesa che aveva fatto riferimento al tumore ormai diffuso. Graziano Mesina malato in stato terminale non più camminare, non si alimenta, non parla, ha difficoltà a riconoscere le persone nel reparto per detenuti dell’ospedale San Paolo dove era stato trasferito dal supercarcere di Opera.

L’ex re del Supramonte in parole povere vegeta, ma nonostante ciò altre istanze recentemente l’ultima un mese fa erano state rigettate. Sembrava non ci fosse verso di farlo morire a casa a Orgosolo dai parenti disposti ad ospitarlo o almeno di portarlo in un carcere sardo per poter ricevere visite dai familiari. La settima istanza per cercare una soluzione si è rivelata quella giusta. Più volte le avvocatesse Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier avevano denunciato “la gravissima situazione” dell’ex primula rossa del banditismo sardo da due anni ospite a Opera e che da poco ha compiuto 83 anni. “Le sue condizioni di salute erano già da tempo peggiorate ma negli ultimi due anni sono precipitate – scrivevano le due legali nell’istanza poi accolta – A seguito del ricovero i sospetti sono diventati una certezza ed è stata diagnosticata una patologia oncologica che si è ormai diffusa, incurabile in fase terminale”.

Nonostante Mesina vegetasse il Tribunale di Sorveglianza di Milano, “istruito” dalla procura generale di Cagliari con una relazione dietro l’altra insisteva su una “persistente attuale pericolosità” rigettando le istanze di differimento della pena per gravi ragioni di salute. Non erano bastate le cartelle cliniche che attestano l’imminente pericolo di morte. A Mesina era stata negata persino la possibilità di avere un nuovo parere medico nel reparto oncologico in un altro ospedale. Insomma hanno aspettato quasi fino alla fine per prendere atto che l’ex re del Supramonte non era più recuperabile nel reparto penitenziario dell’ospedale San Paolo.

La decisione assunta ieri dal magistrato di sorveglianza mette fine in realtà a un accanimento ai danni di una persona che sia fisicamente sia mentalmente non c’entra nulla con la figura che aveva rappresentato tra reati commessi dai sequestri di persona al traffico di fruga, con gli arresti e le evasioni. L’ex bandito è solo una persona che sta morendo e aveva diritto di farlo a casa sua assistito dai familiari e non nel reparto carcerario di un ospedale che per molti versi è peggio del carcere stesso.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia