Ridare vita a vecchi abiti con l'aggiunta di una nota pop e kitsch. Riccardo Scaburri e Alberto Petillo raccontano Lessico Familiare

Aprile 23, 2025 - 02:30
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Ridare vita a vecchi abiti con l'aggiunta di una nota pop e kitsch. Riccardo Scaburri e Alberto Petillo raccontano Lessico Familiare

Il nome è un chiaro omaggio al titolo del romanzo di Natalia Ginzburg Lessico Famigliare (1963), a cui il collettivo creativo ha deliberatamente tolto una “g”. Il motivo della scelta? Il team vuole compiere un’azione analoga a quella della scrittrice italiana: raccontare, usando gli abiti al posto delle parole, il contemporaneo attraverso memorie del passato. Quelli che all’inizio erano tovaglie, tende e strofinacci oggi sono giubbini in denim, abiti da cocktail e cappe.

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È un progetto indipendente di slow fashion, che ha scelto di slegarsi dalla stagionalità, dai trend e dalle dinamiche produttive e di trasformare capi preesistenti in collage di ricordi à-porter dove la nostalgia, ma anche la leggerezza e l’ironia divengono i tratti distintivi di una grammatica vestimentaria che fonde sperimentazione e artigianalità. Oltre gli stereotipi di taglia, età e genere, ogni abito nasce da una creatività senza vincoli e sublima un concetto di durata che è strettamente intrecciato a una vocazione sostenibile.

A raccontarcelo sono Riccardo Scaburri e Alberto Petillo, due voci del team artistico di cui fanno parte anche Alice Curti e Victoria Genzini.

Look per la Primavera Estate 2025 firmati Lessico Familiare.

L’intervista di Amica a Riccardo Scaburri e Alberto Petillo, del team creativo di Lessico Familiare

Quando nasce Lessico Familiare?
Nel 2020, durante il lockdown. Dopo aver frequentato la Naba, la Nuova Accademia di Belle Arti, abbiamo iniziato a creare maglioni patchwork e abiti da sera arricciando le tende di casa. L’idea era quella di tramandare il nostro lessico non con le parole, ma con i vestiti.

Quali sono le vostre principali fonti d ’ispirazione?
Sia il passato che il contemporaneo. Le nostre creazioni nascono da ritrovamenti quasi casuali di capi d’abbigliamento provenienti da armadi, mercatini e soffitte, senza discriminazione tra ciò che ha una label e ciò che è anonimo, tra indumento o tessuto d’arredo. Li assembliamo e li reinterpretiamo in maniera inaspettata, aggiungendo una nota irriverente, pop e kitsch.

Questo vale per tutte le vostre collezioni?
Ogni volta il lessico viene ricostruito, ma il metodo è lo stesso. A dicembre scorso, per esempio, abbiamo presentato La Bruma e i Fossi, il nostro nuovo racconto vestimentario, con un’installazione artistica e un negozio pop-up presso il concept store Dover Street Market di Parigi. Volevamo raccontare la provincia con un linguaggio crudo e rigoroso, a tratti nostalgico, ma anche molto poetico. La collezione è dominata da opposti, che sono quasi obbligati a convivere, come gli abiti lingerie da indossare con i maxi giacconi riassemblati e le camicie da notte che si portano con delle ampie mantelle in pelle.

Look per la Primavera Estate 2025 firmati Lessico Familiare.

Perché la sostenibilità è così importante per voi?
La filosofia del riutilizzo è nata quasi come unica possibilità durante il lockdown, per poi divenire una componente chiave del nostro Dna. Da allora cerchiamo di adottare dinamiche circolari attraverso un approccio consapevole: le nostre etichette provengono da deadstock, la produzione è limitata a pochissimi capi e comunichiamo con i clienti attraverso i social network.

Che cosa c’è nel futuro di Lessico Familiare?
La volontà di continuare a raccontare storie, dando un’altra vita a capi già esistenti.

Di Massimiliano Sortino

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