Steel Seed Recensione


Quando si parla di videogiochi italiani, spesso ci si trova a celebrare piccoli gioielli indie o produzioni che, pur con risorse limitate, riescono a lasciare un segno grazie alla loro creatività. Steel Seed, l’ultima fatica dello studio romano Storm in a Teacup, è qualcosa di diverso: un progetto ambizioso che cerca di competere con i grandi nomi del panorama internazionale, portando con sé un mix di action, stealth e piattaforme in un’ambientazione sci-fi tanto affascinante quanto inquietante.
Disponibile dal 22 aprile 2025 su PC, PS5 e Xbox Series X/S, Steel Seed rappresenta un passo audace per uno studio che, dopo titoli come N.E.R.O. e Close to the Sun, ha deciso di alzare l’asticella, puntando a un’esperienza più strutturata e complessa.
Questa nuova direzione creativa non arriva per caso. C’è una filosofia ben precisa dietro lo sviluppo del titolo. Storm in a Teacup infatti, non è uno studio qualunque. Fondato nel 2013, ha sempre dimostrato una passione per le storie evocative e le atmosfere curate, spesso mescolando narrazione e gameplay in modi che, pur non sempre perfetti, lasciavano intravedere un potenziale enorme.
Con Steel Seed, il team ha voluto fare un salto di qualità, cercando di creare un gioco che unisse la spettacolarità di un’ambientazione distopica a un gameplay versatile, capace di alternare momenti di tensione stealth a sezioni platform e combattimenti.
Il risultato? Un titolo che, pur con qualche imperfezione, riesce a catturare l’attenzione e a offrire momenti di genuino divertimento, specialmente per chi ama perdersi in mondi futuristici e giocare con le possibilità offerte da un duo protagonista-drone.
Steel Seed Recensione | Un viaggio italiano verso il futuro distopico
La mia esperienza con Steel Seed è iniziata ben prima del lancio, nell’agosto 2024, durante la Gamescom di Colonia, incuriosito dal trailer e dalla promessa di un gioco italiano capace di competere con produzioni internazionali.
La demo mi ha subito conquistato: l’atmosfera opprimente, il design delle ambientazioni e il gameplay stealth mi hanno colpito al punto da sforare il tempo previsto, continuando a giocare e chiacchierare con gli sviluppatori. Con mia grande sorpresa, ho scoperto che alcuni membri del team abitavano a poche decine di chilometri da casa mia, un dettaglio che ha reso l’esperienza ancora più personale.
Quel momento, apparentemente semplice, ha cambiato il mio modo di guardare a questo progetto. Ridendo e scherzando, tra una battuta e un suggerimento sul gioco, ho capito che Steel Seed non era solo un progetto ambizioso, ma anche il frutto di una passione sincera. È con questo spirito che mi sono avvicinato alla versione finale, pronto a scoprire se quel “seme d’acciaio” fosse germogliato come speravo.
La storia di Steel Seed ci catapulta in un futuro distopico, dove l’umanità è sull’orlo dell’estinzione e l'arca in cui la protagonista Zoe si risveglierà dopo un lungo sonno criogenico, è dominato da macchine e intelligenze artificiali.
Ad accompagnarla c’è Koby, un drone senziente che non solo funge da supporto tattico, ma anche da spalla narrativa, offrendo momenti di leggerezza e ironia in un contesto altrimenti cupo. Insieme, i due devono esplorare un’enorme struttura, affrontando nemici, saltando da una piattaforma all'altra e scoprendo verità nascoste sul passato di Zoe e sul destino dell’umanità.
Sebbene la premessa narrativa non sia rivoluzionaria, risulta solida e funzionale. L’ambientazione, composta da corridoi claustrofobici, hub centrali ben caratterizzati e scorci visivi che evocano un senso di grandezza decadente, riesce a restituire un immaginario credibile.
Il problema è che la trama, nel suo complesso, fatica a distinguersi davvero. I dialoghi, pur ben recitati, mancano di quella scintilla capace di rendere Zoe e Koby davvero memorabili. La narrazione si sviluppa lungo binari piuttosto prevedibili, con colpi di scena che difficilmente sorprendono e un arco narrativo che, pur emozionante in alcuni passaggi, non lascia un’impronta duratura.
Nonostante ciò, il rapporto tra i due protagonisti rappresenta uno dei veri punti di forza: le loro interazioni, spesso ironiche e leggere, riescono a umanizzare un mondo altrimenti freddo e inospitale, rendendo l’esplorazione più coinvolgente.
Steel Seed Recensione | Uno stealth piacevole
Entrando nel cuore del gameplay, Steel Seed mette in campo una miscela interessante tra stealth, sezioni platform e fasi di combattimento. Quello che emerge subito è quanto la componente stealth sia la più riuscita e appagante.
Il gioco premia la pazienza, l’osservazione e la pianificazione. Zoe può infatti muoversi agilmente, sfruttare coperture, neutralizzare i nemici silenziosamente e interagire con l’ambiente per superare ostacoli e zone sorvegliate.
Tuttavia, il gameplay assume una dimensione più interessante quando entra in gioco Koby. Il drone è molto più di un semplice gadget: può hackerare terminali, creare diversivi, attivare trappole. Ogni sezione stealth diventa così un piccolo puzzle da risolvere, offrendo al giocatore la libertà di sperimentare approcci diversi.
La progressione meccanica è fluida e gratificante. Più si avanza, più si tende a “giocare” con Koby, trovando soddisfazione nel combinare le sue abilità con le azioni di Zoe. Il passaggio tra i due personaggi è naturale e ben integrato nel ritmo dell’esperienza, sebbene, non sarebbe stato male uno scambio più rapido.
Un altro elemento che merita attenzione è il sistema di abilità. In Steel Seed, non si sale semplicemente di livello: per sbloccare nuove capacità è necessario completare sfide specifiche.
Queste sfide variano da eliminazioni stealth a sezioni platform superate senza errori, e rendono ogni potenziamento guadagnato con il sudore. Questo approccio spinge il giocatore a migliorarsi, ad affinare il proprio stile e a scegliere consapevolmente quale ramo di potenziamento privilegiare.
I rami non sono vastissimi, ma risultano ben calibrati: sia che si preferisca l’approccio furtivo, sia che si opti per una strategia più diretta, c’è abbastanza flessibilità per costruire un personaggio coerente con il proprio modo di giocare.
Non tutto, purtroppo, è altrettanto efficace. Le sezioni platform sono uno dei punti più controversi del gioco. Spesso troppo scriptate, con percorsi rigidi e margini d’errore ridottissimi, rischiano di trasformare il senso di sfida in pura frustrazione.
Le corse sui muri, in particolare, richiedono una precisione assoluta, e un minimo errore può costringere a rifare lunghi segmenti, spezzando il ritmo e la fluidità dell’esperienza. È un peccato, soprattutto considerando quanto il design delle ambientazioni risulti ispirato: con un po’ più di libertà, queste sezioni avrebbero potuto davvero brillare.
Anche i combattimenti faticano a imporsi come punto di forza. Il sistema è basilare, le animazioni rigide e la sensazione di impatto debole. Spesso si ha la sensazione che siano stati inseriti per aggiungere varietà, ma senza una vera identità. Personalmente, ho finito per evitarli ogni volta che potevo, preferendo un approccio stealth più gratificante.
Comparto tecnico
Tecnicamente, Steel Seed alterna momenti di grande impatto a piccole imperfezioni. La direzione artistica è senza dubbio uno dei suoi punti di forza. Le ambientazioni sono evocative, le luci al neon e le architetture imponenti costruiscono un mondo credibile e affascinante.
La palette di colori, con le sue tonalità fredde e metalliche, contribuisce a rafforzare l’atmosfera oppressiva. Anche la colonna sonora gioca un ruolo importante: discreta nei momenti esplorativi, incisiva quando serve sottolineare tensione o dramma.
Tuttavia, il comparto tecnico non è privo di difetti. Durante la mia partita, ho riscontrato glitch occasionali, come nemici bloccati o animazioni non sempre sincronizzate. In alcune zone, l’illuminazione risultava eccessivamente scura, rendendo difficile orientarsi.
Nella versione provata su PC, Steel Seed girava senza problemi con una media di 130-144 fotogrammi al secondo con una RTX 4070 Super in risoluzione 2K e con DLSS attivo.
Steel Seed non è un gioco perfetto, ma è un progetto che trasuda passione e ambizione. Storm in a Teacup ha dimostrato di saper competere su un palcoscenico internazionale, creando un’esperienza che, pur con qualche imperfezione, riesce a intrattenere e sorprendere.
Il sistema stealth, con il suo interplay tra Zoe e Koby, è il vero cuore del gioco, capace di offrire momenti di grande soddisfazione. Le sfide per sbloccare le abilità aggiungono profondità, mentre l’ambientazione e la direzione artistica creano un mondo che vale la pena esplorare. D’altro canto, le sezioni platform troppo rigide e i combattimenti poco ispirati rappresentano dei limiti che impediscono al gioco di raggiungere l’eccellenza.
Nel panorama italiano, Steel Seed è un titolo che spicca. Pochi studi del nostro paese hanno avuto il coraggio di affrontare un progetto di questa portata, e il risultato, pur con luci e ombre, è un gioco che alza l’asticella per le produzioni nostrane. Steel Seed è un primo passo, un seme che, se coltivato con cura, potrebbe germogliare in qualcosa di ancora più grande.
L'articolo Steel Seed Recensione proviene da GameSource.
Qual è la tua reazione?






