Usa. La Corte suprema blocca Trump, ‘no all’espulsione dei venezuelani detenuti per immigrazione clandestina’

di Giuseppe Gagliano –
Una sentenza temporanea ma politicamente esplosiva: la Corte suprema degli Stati Uniti ha bloccato l’amministrazione Trump dall’espellere cittadini venezuelani detenuti per immigrazione clandestina, dopo che l’ACLU (American Civil Liberties Union) ha denunciato la violazione di un precedente obbligo giudiziario. Secondo i legali, diversi detenuti erano già stati caricati su autobus e informati della loro imminente deportazione, senza aver avuto accesso al riesame giudiziario garantito dalla stessa Corte.
Il caso è tutt’altro che tecnico: è lo specchio di un conflitto crescente tra potere esecutivo e giudiziario, in un’America che, sotto Trump, spinge ai limiti l’architettura costituzionale per imporre una politica migratoria sempre più muscolare.
Nel mirino dell’ACLU c’è l’uso, da parte della Casa Bianca, di una legge risalente al 1798, la cosiddetta Alien Enemies Act, adottata in origine per espellere cittadini stranieri ritenuti pericolosi in tempo di guerra. Una norma residuale, invocata oggi per rimpatriare cittadini venezuelani senza che possano presentare ricorso o esporre la propria situazione in aula. Una procedura sommaria che, per l’organizzazione per i diritti civili, equivale a “farli sparire senza processo”, con il rischio concreto che molti finiscano in carceri sudamericane brutali, senza alcuna protezione legale.
La Corte ha accolto la richiesta urgente dell’ACLU, interrompendo le deportazioni almeno temporaneamente. Ma la Casa Bianca non sembra intenzionata a fare marcia indietro. I consiglieri di Trump rivendicano poteri esecutivi straordinari, in nome della sicurezza nazionale e della sovranità migratoria. Il rischio, però, è evidente: un braccio di ferro istituzionale che potrebbe ridisegnare, o stravolgere, l’equilibrio dei poteri previsto dalla Costituzione.
Questa vicenda si inserisce in un contesto più ampio: da mesi, l’amministrazione Trump punta su un’agenda migratoria fortemente repressiva, rilanciando espulsioni, detenzioni di massa, pattugliamenti al confine e proposte di deportazioni incentivanti. Il caso venezuelano diventa così una cartina al tornasole della strategia trumpiana: meno diritti, più discrezionalità, meno vincoli giudiziari.
La domanda oggi non riguarda solo il destino dei venezuelani detenuti, ma la tenuta stessa dello stato di diritto americano. Fino a che punto un presidente può sospendere le garanzie costituzionali in nome della sicurezza? Fino a che punto la Corte potrà opporsi senza essere delegittimata? E fino a che punto l’opinione pubblica accetterà che la migrazione diventi il terreno dove si riscrive il patto democratico?
Qual è la tua reazione?






