Voce morale per la pace: l’isolamento di Francesco

Aprile 22, 2025 - 21:00
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Voce morale per la pace: l’isolamento di Francesco

di Riccardo Renzi

Papa Francesco ha incarnato un’anomalia storica: una guida spirituale globale che si è opposta frontalmente, e con insistenza, a tutte le forme di violenza e armamento, ribadendo che “nessuna guerra è giusta” in un mondo che invece ne ha fatto il proprio linguaggio quotidiano. È stato l’unico leader europeo, sebbene argentino d’origine, a proporre una mediazione tra Russia e Ucraina sin dal 2022, quando le diplomazie atlantiche erano ancora avvolte nel gelo.
Ha condannato con parole durissime l’uso di armi nucleari, definendole “immorali”, ha chiesto il cessate il fuoco a Gaza quando nessun altro lo faceva, ha chiesto accoglienza per i migranti quando l’Europa chiudeva i porti e finanziava milizie di frontiera. Eppure, è rimasto largamente ignorato.
Ma la sua assenza apre ora una nuova fase, e non solo per la Chiesa: la scomparsa di una figura morale globale potrebbe avere effetti destabilizzanti su un equilibrio internazionale già fragile. Questo silenzio, più che un’assenza, rischia di diventare un vuoto etico nel cuore stesso della geopolitica mondiale.
Con l’avvicinarsi del conclave, si apre un capitolo potenzialmente decisivo per i rapporti internazionali. La Chiesa cattolica, pur non essendo una potenza armata, esercita una forza morale e diplomatica tutt’altro che secondaria. La sua rete di nunzi apostolici, la sua influenza presso milioni di fedeli e l’eco globale delle sue parole la rendono un attore politico de facto.
Non è dunque fantapolitica immaginare che le grandi potenze cerchino, anche indirettamente, di influenzare la scelta del prossimo Pontefice. L’obiettivo non è tanto avere un Papa “alleato”, quanto evitare che sia un ostacolo. Un Pontefice schierato contro le guerre, il commercio d’armi, l’espansionismo energetico o il neocolonialismo può diventare una spina nel fianco di governi aggressivi. L’Occidente come l’Oriente potrebbero quindi guardare al Conclave con occhi attenti e mani incerte.

1. Il Papa “Progressista 2.0” – Continuità e coraggio.
Un successore nella scia di Francesco, magari proveniente da America Latina, Africa o Asia, con una vocazione forte alla giustizia sociale, ambientale e alla pace. In questo scenario il Vaticano manterrebbe il suo ruolo di coscienza globale contro la violenza. Potrebbe intensificare il proprio impegno diplomatico, con un occhio particolare ai conflitti dimenticati e alle disuguaglianze internazionali.
Effetti geopolitici:
Pressione crescente sui governi militaristi.
Alleanza simbolica con il Sud globale.
Crescita delle tensioni con le grandi potenze (USA, Russia, Cina).
Potenziale accelerazione della multipolarità etica.

2. Il Papa “Conservatore-Diplomatico” – Ritorno al silenzio prudente.
Un Papa europeo o nordamericano, più attento alle forme e alle istituzioni che alla rottura dei paradigmi. Meno incline a interventi su temi globali e più attento al “governo interno” della Chiesa.
Effetti geopolitici:
Silenzio su guerre e diseguaglianze.
Legittimazione implicita delle scelte militari.
Ritiro del Vaticano dal soft power globale.
Normalizzazione dei rapporti con Israele, USA, NATO.

3. Il Papa “Carismatico del sud globale” – L’irruzione della periferia
Un Pontefice proveniente da un’area di conflitto diretto: Africa, Asia sud-orientale, Medio Oriente. Un uomo di Chiesa che porta nel cuore le ferite della guerra, della colonizzazione, della fame.
Effetti geopolitici:
Forte visibilità sui conflitti ignorati (Sudan, Myanmar, Haiti).
Sfiducia crescente verso i modelli di sviluppo occidentali.
Maggiore influenza sulle élite religiose e culturali del Sud globale.
Potenziale leadership morale in alternativa a ONU e G7.

Il pontificato di Francesco ha già dimostrato come la diplomazia vaticana possa essere incisiva: la mediazione tra Cuba e USA, le aperture alla Cina, la presenza in Medio Oriente sono state tutte operazioni simboliche ma rilevanti. La sua scomparsa può indebolire questo ruolo, almeno temporaneamente.
In un mondo che scivola verso una nuova guerra fredda (tra blocchi USA-NATO e Cina-Russia), la Chiesa può rappresentare uno spazio neutro di dialogo – ma solo se il prossimo Papa lo vorrà. Un Vaticano silente o schierato rischia di diventare irrilevante, o peggio, funzionale agli interessi geopolitici dominanti.
La storia insegna che i conclavi sono sempre stati riflesso delle tensioni del loro tempo. Nel 1903 l’Austria-Ungheria bloccò Rampolla per motivi politici. Nel 1939 fu scelto Pacelli, profondo conoscitore della diplomazia europea, in vista della Seconda guerra mondiale. Giovanni XXIII e Paolo VI furono entrambi uomini di mondo e protagonisti nei momenti critici della Guerra fredda.
Francesco, seppure spesso etichettato come “Papa anti-geopolitico”, ha contato. Ha lasciato una Chiesa presente su tutte le linee calde del pianeta. La sua eredità è fatta di gesti concreti e parole che resteranno come bussole: il suo “giù le mani dall’Africa” è già diventato uno slogan per i movimenti anticoloniali contemporanei.
Il prossimo conclave sarà un evento spirituale, ma anche uno snodo strategico. In un mondo senza leader morali, il nuovo Papa potrà essere l’unica voce in grado di parlare ai cuori e alle coscienze, e non solo alle cancellerie.
Scegliere un Papa, oggi, significa scegliere quale messaggio lanciare al mondo: uno di pace e disarmo, o uno di complicità silenziosa con le logiche di potenza. Il rischio maggiore non è eleggere un Papa troppo audace, ma uno troppo tiepido. In un tempo che brucia, la neutralità non è più una virtù.
La Storia, ancora una volta, passa da Roma.

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