16 marzo 1970, la rivolta delle giornaliste di Newsweek: 55 anni di lotte in redazione
Il 16 marzo 1970 è una data che segna un punto di svolta, non solo nella storia del femminismo, ma anche in quella del giornalismo. Quel giorno, il settimanale Newsweek pubblicò una copertina destinata a fare storia. Su un fondo giallo sgargiante trionfa la silhouette rossa di una donna nuda: testa gettata all'indietro, infila provocatoriamente il pugno chiuso nel simbolo del genere femminile blu, spezzato. Lo strillo di copertina è un avvertimento e un invito: “Women in Revolt”, Donne in rivolta. Il messaggio era chiaro e potente, un invito alla riflessione su un movimento di liberazione che stava prendendo piede in America. Ma dietro quella copertina, una rivolta ben più concreta stava per scoppiare. Mentre il direttore Osborn Elliott, che aveva sempre visto la sua rivista come un faro di libertà giornalistica, ignorava la crescente frustrazione tra le sue impiegate, un gruppo di 46 giornaliste di Newsweek decise di farsi sentire, facendo causa al proprio datore di lavoro per le dis

Il 16 marzo 1970 è una data che segna un punto di svolta, non solo nella storia del femminismo, ma anche in quella del giornalismo. Quel giorno, il settimanale Newsweek pubblicò una copertina destinata a fare storia. Su un fondo giallo sgargiante trionfa la silhouette rossa di una donna nuda: testa gettata all'indietro, infila provocatoriamente il pugno chiuso nel simbolo del genere femminile blu, spezzato. Lo strillo di copertina è un avvertimento e un invito: “Women in Revolt”, Donne in rivolta. Il messaggio era chiaro e potente, un invito alla riflessione su un movimento di liberazione che stava prendendo piede in America. Ma dietro quella copertina, una rivolta ben più concreta stava per scoppiare.
Mentre il direttore Osborn Elliott, che aveva sempre visto la sua rivista come un faro di libertà giornalistica, ignorava la crescente frustrazione tra le sue impiegate, un gruppo di 46 giornaliste di Newsweek decise di farsi sentire, facendo causa al proprio datore di lavoro per le discriminazioni di genere che vivevano quotidianamente. La causa, portata avanti da Eleanor Holmes Norton, avvocata per i diritti civili e attivista afroamericana, diventerà il primo caso legale di discriminazione sessuale nel giornalismo americano, dando il via a una serie di cause uguali in altre redazioni.
A Newsweek, le donne, pur laureate nelle migliori università e ben preparate, erano ridotte al ruolo di ricercatrici, mentre gli uomini occupavano le posizioni di reporter e scrivevano le storie. Il lavoro delle ricercatrici veniva infatti sistematicamente ignorato, pur rappresentando il cuore pulsante del giornalismo, fatto di verifica delle fonti e stesura dei contenuti. La scintilla che accese la rivolta fu la decisione di affidare l'articolo di copertura su Women in Revolt a una scrittrice esterna, anziché a una delle talentuose giornaliste interne. Questo fu visto come un affronto: un chiaro segno che, nonostante le capacità, le donne in redazione non venivano ritenute all'altezza per ricoprire ruoli di rilievo.
Nel corso dei mesi la battaglia si intensificò con l'approvazione di un primo accordo che avrebbe dovuto migliorare le condizioni delle donne in redazione. Tuttavia, la situazione non cambiò davvero fino a un secondo incontro nel 1972, quando Elliott, dopo essersi allontanato dalla direzione editoriale, dovette affrontare nuovamente le sue giornaliste. Solo allora vennero adottate misure più concrete, come la creazione di posizioni permanenti per donne tra i reporter e una maggiore presenza femminile tra i redattori senior.
Oggi, mentre ripercorriamo questi eventi, non possiamo fare a meno di riflettere su quanto la lotta per l'uguaglianza e la parità di genere sia stata ardua e quante battaglie siano ancora in corso. Il 16 marzo del 1970 è anche la mia data di nascita, e non posso fare a meno di sentire un legame profondo con quelle giornaliste, con quella lotta che, in qualche modo, risuona nelle sfide quotidiane che noi professionisti del giornalismo continuiamo ad affrontare. Forse c'è qualcosa di quelle donne in ciascuna di noi, che ogni giorno, con passione e determinazione, scriviamo storie, indaghiamo la verità e cerchiamo di cambiare il mondo. Questa data, per me, è il simbolo di una resistenza che non conosce fine.
Qual è la vostra reazione?






