A 7 anni digiuna per Allah, follia a Piacenza: una storia sconvolgente che fa riflettere
Ogni giorno, quando suona la campanella di fine mattinata, Mohamed (nome di fantasia) imbocca il portone d'uscita anziché raggiungere la mensa coi suoi compagni di classe, rientrando poi per le lezioni del pomeriggio. Mohamed ha appena sette anni, è musulmano e frequenta la seconda elementare alla Quarto Circolo di Piacenza. Mohamed ha deciso di digiunare per onorare Allah nel mese sacro del Ramadan. L'islamizzazione non conosce età. «È una sua libera scelta», ha spiegato il papà a corredo della richiesta di esonero dal pranzo a scuola. Abbastanza difficile crederci, visto e considerato che si tratta di una bambino così piccolo, tanto che l'istituto dalla dirigente scolastica alle maestre - non ha nascosto le proprie preoccupazioni. Sia chiaro: nessuno può mettere becco in una decisione che rientra nella piena discrezionalità delle famiglie, come quella di iscrivere o meno un figlio alla mensa scolastica, ma in questo caso di mezzo c'è anche e soprattutto la salute. Che a causa di una

Ogni giorno, quando suona la campanella di fine mattinata, Mohamed (nome di fantasia) imbocca il portone d'uscita anziché raggiungere la mensa coi suoi compagni di classe, rientrando poi per le lezioni del pomeriggio. Mohamed ha appena sette anni, è musulmano e frequenta la seconda elementare alla Quarto Circolo di Piacenza. Mohamed ha deciso di digiunare per onorare Allah nel mese sacro del Ramadan. L'islamizzazione non conosce età.
«È una sua libera scelta», ha spiegato il papà a corredo della richiesta di esonero dal pranzo a scuola. Abbastanza difficile crederci, visto e considerato che si tratta di una bambino così piccolo, tanto che l'istituto dalla dirigente scolastica alle maestre - non ha nascosto le proprie preoccupazioni. Sia chiaro: nessuno può mettere becco in una decisione che rientra nella piena discrezionalità delle famiglie, come quella di iscrivere o meno un figlio alla mensa scolastica, ma in questo caso di mezzo c'è anche e soprattutto la salute. Che a causa di una rigida osservanza religiosa può subire contraccolpi non indifferenti. Passare otto ore a scuola senza mangiare nulla, infatti, è deleterio sia per il fisico che per la mente. Specialmente se hai solo sette anni.
«Già alcuni anni fa abbiamo aperto un dialogo con la comunità islamica per capire come gestire al meglio questo periodo. Abbiamo manifestato la nostra preoccupazione per la salute dei bambini che stanno a scuola per molte ore e devono svolgere attività impegnative, dal punto di vista cognitivo e fisico», ha spiegato la preside Simona Favari al quotidiano locale Libertà. Sottolineando che «ci era stato confermato che l'astensione dal cibo non riguarda i bambini, avevamo organizzato incontri con le famiglie e da allora il problema si è ridotto, limitandosi ad alcune famiglie». Il problema, però, si è riproposto. «Il padre ci ha detto che non è un'imposizione, ma che il figlio ha scelto. Il nostro consiglio è stato quello di proporre al bambino, magari in accordo col pediatra, un'astensione limitata», ha aggiunto la dirigente scolastica.
Del resto, lo stesso imam della comunità musulmana di Piacenza ha ammesso che non c'è nessun «obbligo di digiuno fino alla pubertà» ma che comunque «è possibile» che si verifichino casi simili perché seppur i bambini vengano educati al digiuno, con esercizi parziali nelle giornate in cui non vanno a scuola, «se però il bambino manifesta l'intenzione di aderire alla pratica, non ci sono ostacoli a questa intenzione». Che l'islam sia ormai di casa nelle scuole italiane di ogni ordine e grado, però, non è una certo una novità. L'anno scorso era scoppiato il caso Pioltello, primo hinterland milanese, dove l'istituto comprensivo Iqbal Masih aveva chiuso per Ramadan inginocchiandosi al 40 per cento circa di alunni di fede musulmana e costringendo quindi la maggioranza, italiani ma anche stranieri non islamici, a rimanere a casa il giorno di fine festa (altrui). Con tanti saluti alle famiglie e alla loro organizzazione. Quest'anno, a Pioltello, ci sarà il bis.
E come dimenticarci la follia di Soresina, in provincia di Cremona, dove lo scorso anno l'istituto superiore Bertesi aveva bandito la merenda all'intervallo. Motivo? Solidarietà agli studenti islamici che non mangiavano per il Ramadan. «Vi incoraggio a dimostrare sensibilità culturale e religiosa durante il Ramadan e a rispettare le pratiche religiose; alcuni studenti potrebbero essere affetti dalla riduzione dell'energia dovuta al digiuno, siate comprensivi rispetto all'attività didattica. E se notate stanchezza o disagio in studenti o colleghi offrite il vostro sostegno e comprensione», aveva scritto la preside nella circolare emanata a tutto il corpo docente. Non solo. Oltre agli snack erano state bandite anche verifiche interrogazioni negli ultimi giorni del mese sacro per non penalizzare i musulmani provati dal lungo digiuno.
Deriva ancor più inquietante, sempre che ciò sia possibile, nella iper-multietnica Monfalcone (Gorizia), dove all'istituto superiore Pertini c'è una referente scolastica che ogni mattina, tra le mura di una stanzetta appartata, si premura di alzare il velo che avvolge da capo a piedi cinque studentesse bengalesi per accertarsi che siano veramente le ragazze iscritte alla scuola. Poi fanno tranquillamente lezione col niqab, la tunica nera integrale che lascia scoperti a malapena gli occhi. Hanno cambiato persino i programmi di educazione fisica, per loro, evitando sport che possano lasciare scoperte gambe e braccia. La dirigente scolastica, in merito al riconoscimento, ha parlato di «procedura che vuole instaurare un rapporto di fiducia con le alunne e le loro famiglie» ma in realtà è l'ennesimo passo indietro non richiesto. Il Ramadan, intanto, prosegue. Quale sarà la prossima follia?
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