Affitti e animali domestici: il caro “pet rent” colpisce gli inquilini del Regno Unito

Aprile 6, 2025 - 14:00
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Affitti e animali domestici: il caro “pet rent” colpisce gli inquilini del Regno Unito

In tutto il Regno Unito, migliaia di inquilini si trovano sempre più spesso a dover scegliere tra tenere con sé il proprio animale domestico o affrontare spese mensili aggiuntive non sempre giustificabili. Il fenomeno del cosiddetto pet rent – ovvero il pagamento di un supplemento mensile per vivere in affitto con un animale – sta diventando una realtà diffusa e, secondo molti, profondamente iniqua.

Anche se il Tenant Fees Act del 2019 ha vietato molte commissioni aggiuntive imposte dagli affittuari, il pet rent non rientra formalmente tra queste limitazioni. Si tratta infatti di un costo integrato direttamente nel canone mensile, rendendo legale e incontrollato un sovrapprezzo che sta penalizzando economicamente sempre più persone.

Un affitto sempre più caro per chi ha un animale domestico

La presenza di un cane, un gatto o perfino di piccoli animali come conigli o porcellini d’India può comportare un aumento fino a £50 al mese per animale, cifra che in molti casi equivale a un incremento dell’affitto di oltre il 10%.

In diverse città del Regno Unito – e in particolare a Londra – il fenomeno è diventato comune tra gli affitti privati gestiti da grandi agenzie o landlord. Gli inquilini spesso scoprono solo alla firma del contratto che per ogni animale dovranno pagare centinaia di sterline in più ogni anno.

Secondo un sondaggio riportato da The Guardian, il 23% degli inquilini con animali domestici ha dovuto versare un pet rent nel 2024. E l’80% degli intervistati ha dichiarato che il costo è ingiusto o sproporzionato.

L’assenza di regole precise e la possibilità di aggirare le leggi tramite aumenti mascherati del canone rendono questo supplemento difficile da contestare. Eppure, non è solo una questione di soldi. È anche un tema di diritti sociali e di qualità della vita.

Pet rent e ingiustizie: quando affitto e discriminazione vanno a braccetto

Tra le voci più critiche si distingue quella della London Renters Union, che denuncia la mancanza di tutele per chi vive in affitto e vuole convivere con un animale. L’unione ha evidenziato come il pet rent sia solo l’ennesima dimostrazione di un mercato immobiliare in cui le regole sono a favore dei proprietari, mentre gli inquilini devono accettare condizioni sempre più gravose.

Secondo Generation Rent, altra organizzazione che tutela gli affittuari, il sovrapprezzo per gli animali colpisce in modo sproporzionato le famiglie monoreddito, i giovani e le persone vulnerabili, per i quali un animale da compagnia rappresenta spesso un supporto emotivo importante.

“Completamente sproporzionato” è la definizione utilizzata anche nel recente approfondimento pubblicato da The Guardian (consultabile qui), dove si riportano testimonianze dirette di chi ha dovuto scegliere se tenere il proprio gatto o mantenere un affitto accessibile.

Il rischio concreto, secondo la RSPCA, è che questi costi possano portare a un aumento degli abbandoni o a un calo nelle adozioni. Le famiglie che desiderano prendere con sé un animale, spesso, decidono di rinunciarvi per non dover sostenere spese insostenibili ogni mese.

Mancanza di regole e possibili soluzioni future

A oggi non esiste una legge che vieti il pet rent, e il Tenant Fees Act non lo contempla in modo esplicito. Questo lascia spazio ai proprietari per decidere se applicarlo e in che misura, a seconda della propria discrezione.

Mentre alcuni landlord si limitano a richiedere un deposito una tantum, altri preferiscono aggiungere una tassa mensile, sostenendo che gli animali possono provocare danni o necessitare di pulizie extra. Tuttavia, come osservano molte associazioni, non esiste alcuna garanzia che queste spese vengano effettivamente utilizzate per la manutenzione.

Alcuni parlamentari hanno sollevato la questione in sede legislativa, proponendo emendamenti alla legge sugli affitti per impedire ai proprietari di approfittare di questa zona grigia del mercato.

Una delle soluzioni in discussione è quella di autorizzare animali domestici senza supplementi in tutti i contratti standard, introducendo clausole assicurative o specifici criteri di responsabilità per gli inquilini.

Nel frattempo, le organizzazioni come Citizens Advice e Shelter consigliano agli affittuari di leggere attentamente i contratti e, se possibile, negoziare queste clausole prima della firma.

Una questione culturale oltre che economica

In molti paesi europei, tra cui Francia e Germania, convivere con un animale in affitto è considerato un diritto basilare, salvo comprovati problemi. Nel Regno Unito, invece, la cultura della locazione è ancora fortemente sbilanciata a favore del proprietario, e il pet rent ne è una delle dimostrazioni più eclatanti.

Nel contesto londinese – dove vivere in affitto è la norma per buona parte della popolazione – questa tendenza rischia di creare ulteriori divisioni sociali.

Chi ha meno risorse viene escluso non solo da determinate zone, ma anche dalla possibilità di vivere con un animale, il che tocca direttamente la qualità della vita.

La sfida nei prossimi anni sarà quella di costruire un sistema più giusto, che tuteli le esigenze di chi affitta senza penalizzare i bisogni emotivi legati alla convivenza con un animale. Un mercato immobiliare inclusivo passa anche da questo.


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