Uno studio che va alle radici molecolari della malattia di Alzheimer potrebbe aprire a nuove opzioni terapeutiche per ostacolare la crescita delle placche amiloidi nel cervello delle persone con questa forma di demenza.
Un'avanzata tecnica di osservazione al microscopio ad alta risoluzione ha permesso infatti di osservare in tempo reale la crescita delle fibrille amiloidi, gli elementi costituitivi delle placche, e di comprendere meglio una fase in cui il loro sviluppo si arresta. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul Journal of the American Chemical Society.. Al microscopio. Usando una versione ad alta velocità della microscopia a forza atomica, una tecnica di imaging che permette di visualizzare in scala atomica superfici di varia natura senza alterare i campioni, un team di scienziati degli Istituti Nazionali per le Scienze Naturali e delle Università di Nagoya e Tsukuba, in Giappone, è riuscito ad osservare con incredibile dettaglio gli esatti meccanismi di crescita delle fibrille amiloidi, che si depositano all'esterno dei neuroni in formazioni dense note come placche senili o placche amiloidi e che esercitano un'azione neurotossica.. Un tassello ciascuna. Gli scienziati hanno scoperto che ogni fibrilla è composta da due sottili "fili" o protofilamenti che crescono in maniera alternata, aggiungendo ciascuno una singola molecola amiloide per volta all'estremità. Quando le estremità dei due protofilamenti si mettono in pari e si allineano, la crescita della fibrilla amiloide va temporaneamente in pausa: una fase cruciale nella "vita" di ciascuna fibrilla, che potrebbe servire a comprendere meglio la progressione dell'Alzheimer.. Basta così. Un'importante scoperta è che un anticorpo, chiamato, 4396C, si lega a uno dei due protofilamenti delle fibrille quando queste sono in pausa, e agisce come un "lucchetto" che previene ogni possibile ulteriore crescita dei fili: questo meccanismo di azione potrebbe ispirare future terapie volte a inibire alla base la crescita delle placche amiloidi e a ostacolare la progressione dell'Alzheimer. I prossimi passi prevedono infatti di approfondire il meccanismo di azione dell'anticorpo, per capire se possa essere sfruttato nel contrasto alla demenza..