Cala il sipario sulla Prima, 12 minuti di applausi alla Scala

AGI - Un palco che gira e rigira, come la sorte trasportando i protagonisti in epoche diverse e attraverso sentimenti che si intrecciano di amore e odio, passione e vendetta. E la fede che pervade la storia, in cui infilare le unghie per non soccombere. Con la guerra sempre sullo sfondo. Soldati, frati e pellegrini vestiti dei colori delle stagioni. Su tutto, il caso: per caso è partito quel colpo dalla pistola di Don Alvaro che ha dato il via alla tragedia.   “La Forza del destino di Giuseppe Verdi” diretta da Riccardo Chailly, con la regia di Leo Muscato, la superstar Anna Netrebko, il tenore Brian Jagde, il baritono Ludovic Tézier e il mezzo soprano Vasilisa Berzhanskaya, che questa sera ha dato il via alla stagione del Teatro alla Scala di Milano, ha conquistato il pubblico che gli ha tributato 12 minuti di applausi, ma non è mancata qualche voce di dissenso, qualche ‘buuu' soprattutto quando è uscita la Netrebko, che pure alla Scala è molto amata, è di casa. Questo è il suo sett

Cala il sipario sulla Prima, 12 minuti di applausi alla Scala

AGI - Un palco che gira e rigira, come la sorte trasportando i protagonisti in epoche diverse e attraverso sentimenti che si intrecciano di amore e odio, passione e vendetta. E la fede che pervade la storia, in cui infilare le unghie per non soccombere. Con la guerra sempre sullo sfondo. Soldati, frati e pellegrini vestiti dei colori delle stagioni. Su tutto, il caso: per caso è partito quel colpo dalla pistola di Don Alvaro che ha dato il via alla tragedia.

 

“La Forza del destino di Giuseppe Verdi” diretta da Riccardo Chailly, con la regia di Leo Muscato, la superstar Anna Netrebko, il tenore Brian Jagde, il baritono Ludovic Tézier e il mezzo soprano Vasilisa Berzhanskaya, che questa sera ha dato il via alla stagione del Teatro alla Scala di Milano, ha conquistato il pubblico che gli ha tributato 12 minuti di applausi, ma non è mancata qualche voce di dissenso, qualche ‘buuu' soprattutto quando è uscita la Netrebko, che pure alla Scala è molto amata, è di casa. Questo è il suo settimo 7 dicembre.  

 

Per molti questi borbottii ci sono stati perché la soprano è russa, ma “fare buu per questo è ridicolo” ha commentato a caldo il sovrintendente della Scala Dominique Meyer. Netrebko invece ha giustamente minimizzato e precisato, “nessun buu al termine delle mie arie”, “certo c'è sempre qualcosa da poter migliorare. La serata inaugurale è quella in cui ognuno è molto nervoso, ma penso sia andata molto bene, anche la reazione del pubblico. C'è un feeling meraviglioso”.  

 

“Salvate Sant'Agata”

Anche stavolta, come l'anno scorso, prima che si alzasse il sipario c'è stato un colpo di scena. Nel 2023 si levò dal loggione il grido ‘viva l'Italia antifascista', stavolta l'appello è stato per la Casa di Verdi: “salvate Sant'Agata” ha urlato qualcuno, scatenando dopo un attimo di incertezza, l'applauso convinto del pubblico.

 

 

La storica dimora appartenuta al compositore è chiusa al pubblico da anni ed è attualmente oggetto di una disputa legale sull'esproprio tra il Ministero della Cultura e gli eredi del musicista. L'opera è piaciuta “moltissimo” alla platea, al loggione e al palco Reale, dove in prima fila c'era Liliana Segre, a lei – come l'anno scorso - è stato riservato il posto del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Parigi per la riapertura di Notre Dame.

 

Chi c'era

Per volontà del Presidente del Senato Ignazio La Russa che ha scompaginato la disposizione, facendo accomodare “le signore al centro”, accanto alla Segre, c'era sua moglie Laura Di Cicco, e a Chiara Bazoli, compagna del sindaco Giuseppe Sala. Poi il Ministro della Cultura Alessandro Giuli al suo primo 7 dicembre, con il Presidente della Regione Attilio Fontana, la vicepresidente della Camera Anna Ascari, e il prefetto Carlo Sgaraglia. Per la serata dedicata a Renata Tebaldi nel ventennale della scomparsa, che alla Scala fu Leonora nel 1955, in platea erano presenti i tenori Placido Domingo e José Carreras che hanno apprezzato il Don Alvaro di Jadge, “straordinario” e coraggioso.

 

 

E ancora la soprano Rajina Kabaibanska, l'étoile Roberto Bolle, i primi ballerini scaligeri, fra cui Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko. E ancora attori e cantanti, da Pierfrancesco Favino ad Alessio Boni, da Stefani Rocca ad Achille lauro, che ha catalizzato l'attenzione dei fotografi e non solo. Il padrone di casa Dominque Meyer, al suo ultimo 7 dicembre, sorridente dall'inizio alla fine, si è “goduto la rappresentazione”, che semplice non è, anche per la trama, per la guerra che non esce mai di scena. “Vorremmo tutti il ritorno alla pace, con tutte le nostre forze. Ogni volta che si arriva alla pace è una vittoria per l'umanità, ma – ha aggiunto - al momento non si può essere troppo ottimisti”.

 

Meyer va via "col cuore pieno"

“Me ne vado con la valigia, il cuore pieno di bei ricordi artistici e umani. Mi sono trovato bene qui. Anche con la squadra, con i 900 dipendenti del teatro, ho avuto un bel rapporto". Da marzo ricoprirà la direzione dell'orchestra da Camera di Losanna "con l'ambizione grande di dare a loro un po' dell'esperienza fatta qui".

 

Da sempre sostenitore di Meyer, il sindaco di Milano Beppe Sala, che è anche presidente della Fondazione, gli ha riconosciuto ancora una volta di essere “stato un grandissimo sovrintendente, anche nel periodo del Covid, quando ha fatto qualcosa di straordinario. "A volte siamo stati criticati per avere preso sovrintendenti stranieri, ma lui è profondamente legato alla città” ha aggiunto il sindaco, ricordando l'arrivo del successore Fortunato Ortombina, che dal 1 marzo guiderà il Piermarini, “sono sicuro che è una buona scelta". Tornando all'opera, la versione andata in scena è quella presentata alla Scala nel 1869, fortemente voluta da Chailly, “una delle più complesse”.

 

Originale la scenografia, simbolo del destino che insegue e perseguita i protagonisti, ideata da Federica Parolini, che ha consentito un flusso continuo – e certo non facile - senza interruzione per i cambi di scena. Ce ne sono stati 50. Le luci di Alessandro Verazzi hanno contribuito a scaldare l'ambiente, illuminato da decine e decine di candele vere, così come vero era il falò acceso dai soldati. E a rendere i paesaggi, che col passare del tempo si incupiscono, più realistici. Anche i costumi di Silvia Aymonino, circa 500, seguono questa evoluzione, basta pensare ai soldati che alla fine indossano la tuta mimetica.

 

Dal Settecento a oggi, 4 secoli di guerre, dalla Spagna all'Italia, La forza del destino è un dramma ampio e articolato che mescola il tragico e il comico insieme. Una commistione che è uno dei modi in cui si manifesta la ben nota tendenza verdiana a rappresentare la realtà umana. Quella realtà che vede il mondo ancora follemente ferito da guerre che superano i confini (ma non c'è alcun riferimento, volutamente, ai conflitti in Ucraina e a Gaza). Ed ecco che la supplica disperata di Leonora sul finale, rivolta a Dio e al mondo intero, non può non suonare come un'implorazione universale: “Pace, pace, mio Dio!”

 

 

Rai, successo di ascolti

La Prima alla Scala di Milano ha registrato anche un grande successo in tv: in onda su Rai 1 dalle ore 18 alle 22.19, l'opera "La forza del destino" ha raccolto il 10,2% di share con un milione 603 mila spettatori. 

 

 

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