Calenda pontifica ma da ministro lasciò 162 tavoli di crisi aperti

Il segretario della Cgil che sciopera contro il governo ma è rimasto inerme di fronte ai tagli di Stellantis ••• Facile parlare e criticare la sinistra che si è accorta solo ora del disastro Stellantis, ma Carlo Calenda (oggi in posizione di accusatore per l'inerzia di Schlein nel capire cosa stava accadendo nel settore dell'automotive italiano) dovrebbe essere più cauto nelle sue reprimende. Sì perché Calenda come spiegarono, anche con dovizia di particolari i grillini in un lungo post sul blog delle stelle, è stato uno dei peggiori ministro dello Sviluppo Economico. Sotto la sua guida, al dicastero di via Veneto sono stati accatastati sulla sua scrivania, una serie impressionante di dossier con sopra un bel marchio rosso con su scritto: «Fallito».   Si tratta solo per citare alcuni casi quello dell'Ilva di Taranto (chiuso solo ora dal governo Meloni) a quello di Alitalia passando per Fincantieri e Almaviva. Numeri implacabili. A febbraio 2018 varcando la porta in uscita dal minis

Calenda pontifica ma da ministro lasciò 162 tavoli di crisi aperti

Il segretario della Cgil che sciopera contro il governo ma è rimasto inerme di fronte ai tagli di Stellantis ••• Facile parlare e criticare la sinistra che si è accorta solo ora del disastro Stellantis, ma Carlo Calenda (oggi in posizione di accusatore per l'inerzia di Schlein nel capire cosa stava accadendo nel settore dell'automotive italiano) dovrebbe essere più cauto nelle sue reprimende. Sì perché Calenda come spiegarono, anche con dovizia di particolari i grillini in un lungo post sul blog delle stelle, è stato uno dei peggiori ministro dello Sviluppo Economico. Sotto la sua guida, al dicastero di via Veneto sono stati accatastati sulla sua scrivania, una serie impressionante di dossier con sopra un bel marchio rosso con su scritto: «Fallito».

 

Si tratta solo per citare alcuni casi quello dell'Ilva di Taranto (chiuso solo ora dal governo Meloni) a quello di Alitalia passando per Fincantieri e Almaviva. Numeri implacabili. A febbraio 2018 varcando la porta in uscita dal ministero lasciò 162 tavoli di crisi aziendale aperti con 180mila lavoratori abbandonati a loro stessi. Non solo. I dati del 2017 sono stati i più alti del decennio precedente, con un aumento dei posti di lavoro a rischio del +37% rispetto al 2012. Calenda contestò il bilancio dei grillini rigettando le accuse ai mittenti. Ma le critiche non mancarono nemmeno dalla sinistra. Fu il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano che utilizzò una formula efficace dal punto di vista semantico: «Ministro del disastro economico» a spiegarlo.

 

Emiliano ovviamente era rimasto scottato dalla gestione del dossier più vicino ai suoi interessi territoriali. Quello delle acciaierie di Taranto nel momento in cui i sindacati bocciarono sonoramente le proposte del ministro: «Calenda è andato a sbattere contro un muro di cemento armato senza che nessuno lo aiutasse a fallire – ribadì il governatore Il 2 dicembre scorso è andato a Pomigliano per dimostrare che non è vero che ha dimenticato i lavoratori della crisi Stellantis – Ha fallito perché non ha una percezione esatta di quello che succede all'Ilva, come probabilmente non ce l'ha anche di altre vertenze che non ha risolto». Giudizio tranchant. Nessuna fortuna Carlo ebbe anche a Roma nello sciogliere il nodo della società Almaviva. Anche in quel caso i lavoratori bocciarono sonoramente la sua proposta di intesa che prevedeva il taglio delle ore di lavoro, dei salari e del Tfr.

Ancora in Puglia l'allora ministro non tocco palla nemmeno per risolvere il caso del gasdotto Tap. E sempre sotto il suo mandato è da annoverare il caso Fincantieri che Calenda provò a piazzare ai francesi con l'ingresso nella proprietà dei cantieri navali Stx.

Un piano fermato dal Carroccio che svelò il vero fine: gli italiani mettevano i soldi e il controllo e le strategie sarebbero finite a Parigi. Infine Alitalia. Il titolare del Mise annunciò che la cessione sarebbe avvenuta prima delle elezioni del 4 marzo. Niente da fare. La data fu rinviato al 31 ottobre. Del 2018. Medaglia: il dossier lo ha chiuso il governo Meloni, in due anni e mezzo.

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