Capezzone: ora lasci l'incarico per motivi di opportunità
Un solo uomo, un incarico pubblico di massima delicatezza e rilevanza, e tre clamorose anomalie. La prima, che per molti versi è anche la più imperscrutabile, è come mai il governo di centrodestra, al suo arrivo nell'autunno 2022, abbia deciso di confermare alla guida dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, una personalità selezionata dal centrosinistra, una figura tecnoprogressista che ben poco ha a che spartire con un'idea liberalconservatrice del fisco. La seconda è come mai si sia consentito sempre a Ruffini, protetto da ombrelli istituzionali e mediatici larghissimi, di proseguire imperterrito su una linea opposta a quella del reclamizzatissimo “fisco amico”. Si pensi solo all'ultimo caso, quello delle 700mila lettere inviate ad altrettante partite Iva e dotate di un sottofondo implicitamente minatorio, che lascia presagire – pur in assenza di illegalità dimostrate o di contestazioni esplicite – un'attività di controllo e un sospetto di “anomalia” a carico del contribue
Un solo uomo, un incarico pubblico di massima delicatezza e rilevanza, e tre clamorose anomalie. La prima, che per molti versi è anche la più imperscrutabile, è come mai il governo di centrodestra, al suo arrivo nell'autunno 2022, abbia deciso di confermare alla guida dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, una personalità selezionata dal centrosinistra, una figura tecnoprogressista che ben poco ha a che spartire con un'idea liberalconservatrice del fisco.
La seconda è come mai si sia consentito sempre a Ruffini, protetto da ombrelli istituzionali e mediatici larghissimi, di proseguire imperterrito su una linea opposta a quella del reclamizzatissimo “fisco amico”. Si pensi solo all'ultimo caso, quello delle 700mila lettere inviate ad altrettante partite Iva e dotate di un sottofondo implicitamente minatorio, che lascia presagire – pur in assenza di illegalità dimostrate o di contestazioni esplicite – un'attività di controllo e un sospetto di “anomalia” a carico del contribuente, superabile aderendo allo strumento del concordato. Non certo un bel modo di porsi verso i cittadini.
La terza è come sia possibile che, ad appena due settimane di distanza tra un caso e l'altro, su due quotidiani nazionali e con le firme di colleghi assai informati e autorevoli (Mario Ajello sul Messaggero e Fabio Martini sulla Stampa), siano usciti articoli carichi di dettagli su un probabile futuro impegno politico di Ruffini. Ipotesi “minore”: come leader della “nuova Margherita”, o comunque di una componente centrista che dovrà affiancare il Pd, i grillini e gli altri cespugli più piccoli della sinistra. Ipotesi “maggiore”: addirittura come federatore di tutta la coalizione opposta al centrodestra, una specie di “nuovo Prodi”.
Ora, se fossimo in vena di battute, potremmo dire che è diabolicamente coerente il fatto che i tassatori di sinistra possano innamorarsi del capo della riscossione. Però qui c'è poco da scherzare. Va bene: l'Italia è il paese delle stranezze, e ogni giorno ne vediamo di tutti i colori. Ma che il vertice dell'amministrazione finanziaria, oltre a perseguire una linea che pare in oggettivo contrasto con le reiterate dichiarazioni dei leader della coalizione di centrodestra, possa impegnarsi in politica e addirittura farlo sul versante opposto, è francamente troppo anche per i bizzarri standard del nostro disgraziato paese.
Naturalmente è prevedibile che ascolteremo ancora com'è accaduto ieri da parte dello stesso Ruffini - blande precisazioni (ma non nette e inequivocabili smentite), vaghe quanto altisonanti dichiarazioni sul “bene comune” e sulla funzione di servitore dello stato, e altri simili colpetti di retorica e ipocrisia. Come se fosse normale fare il capo dell'Agenzia delle Entrate e poi, nel tempo libero, partecipare a convegni e conferenze di crescente intensità e gradazione politica. Non prendiamoci in giro: chiunque abbia un minimo di memoria storica sa come vanno queste cose: si mette in circolazione un'ipotesi, la si fa crescere, la si “testa”, si fa carotaggio, e poi al momento opportuno ci si riserva di scegliere tra il mantenimento della posizione attuale e l'eventuale avventura politica. I cattocomunisti hanno spesso fatto così: evocano impegno e valori, ma hanno ben presente il calcolo politico, l'interesse di fazione, l'uso delle istituzioni a fini di parte, la logica di partito.
È il centrodestra che - dall'altro lato della barricata - non può permettersi di subire questa ambiguità, che peraltro investe un punto nevralgico del rapporto con i propri elettori. Finora - diciamocelo - il ceto medio ha visto ben poco, anche per ragioni oggettive e per difficoltà difficili da superare, perché la coperta è corta e le risorse sono scarse. E però non si sono visti tagli di tasse per le classi medie né misure per la parte più dinamica della società, cioè quella che ha votato a destra. Adesso lasciare che gli elettori alternativi alla sinistra assistano a un balletto sulla costruzione della futura coalizione cattocomunista nel cuore dell'amministrazione finanziaria dello stato, è troppo anche per la notoria tolleranza dei liberali e dei conservatori. Il dottor Ruffini ha il dovere di fare chiarezza in modo inequivocabile, come ieri non è avvenuto. E, vista la situazione, a mio personalissimo avviso, anche altri (in primo luogo nel governo) potrebbero aiutarlo a dissipare la nebbia, ad esempio suggerendogli per evidenti ragioni di opportunità di lasciare l'attuale incarico. Così avrà più tempo e maggiore libertà per pensare al proprio futuro, dentro o fuori l'agone politico.
Qual è la vostra reazione?