Capezzone: Schlein e soci hanno problemi con la realtà

A ottobre, a Verona, quando un agente della Polfer si è inevitabilmente trovato costretto a sparare - per proteggere la propria vita - contro un immigrato maliano che lo stava aggredendo con un coltello, da sinistra sono venute più che altro parole di comprensione per lo straniero. Qualcuno, con sprezzo del ridicolo, è arrivato a dire: «A un bisogno d'aiuto abbiamo risposto con colpi di pistola». Non è uno scherzo, è successo anche questo.Qualche settimana dopo, a Milano, ricordiamo tutti i fatti del Corvetto. Anche qui, da sinistra, siamo stati ammorbati da una gran giaculatoria a base di «ascolto e comprensione» per i maranza, mentre gelo e parole giudicanti sono state indirizzate verso carabinieri e poliziotti, già sottoposti a processo mediatico e presto anche a processo giudiziario. A Padova, la scorsa settimana, è venuta fuori la «sorpresa» di una gang di giovani nordafricani dediti ad aggredire e picchiare selvaggiamente vittime rigorosamente gay. Ma in questo caso a sinistra,

Capezzone: Schlein e soci hanno problemi con la realtà

A ottobre, a Verona, quando un agente della Polfer si è inevitabilmente trovato costretto a sparare - per proteggere la propria vita - contro un immigrato maliano che lo stava aggredendo con un coltello, da sinistra sono venute più che altro parole di comprensione per lo straniero. Qualcuno, con sprezzo del ridicolo, è arrivato a dire: «A un bisogno d'aiuto abbiamo risposto con colpi di pistola». Non è uno scherzo, è successo anche questo.Qualche settimana dopo, a Milano, ricordiamo tutti i fatti del Corvetto. Anche qui, da sinistra, siamo stati ammorbati da una gran giaculatoria a base di «ascolto e comprensione» per i maranza, mentre gelo e parole giudicanti sono state indirizzate verso carabinieri e poliziotti, già sottoposti a processo mediatico e presto anche a processo giudiziario.

A Padova, la scorsa settimana, è venuta fuori la «sorpresa» di una gang di giovani nordafricani dediti ad aggredire e picchiare selvaggiamente vittime rigorosamente gay. Ma in questo caso a sinistra, a meno di nostri errori, hanno stranamente finito i giga, o comunque si sono ritrovati con il telefono scarico. E quindi gran silenzio: si sa, l'omofobo o è bianco e di destra o non è. Anzi, non può proprio essere. Lo stesso gran silenzio dei progressisti ieri ha accompagnato l'impresa di un altro clandestino nigeriano, sempre a Padova, che ha cercato di aggredire due poliziotti armato nientemeno che di un'ascia. Peraltro a un certo punto della giornata il silenzio è stato rotto dal sindaco di Padova che ha evocato il “dialogo”. Si capisce, se hai un “disagio” e cerchi il “dialogo” che fai? Prendi un'accetta e vai in giro a tentare di falciare il primo uomo in divisa che ti capita davanti. Scherziamo amaramente, amici lettori: ma davvero non c'è niente da ridere.

La cosa non ci rallegra affatto: semmai ci angoscia. Un sistema politico sano avrebbe sempre bisogno di un'alternativa seria e spendibile. E invece, nel nostro sfortunato paese, abbiamo a che fare con una sinistra che - in politica estera - ci porterebbe in braccio a Pechino e a Teheran, e che - sul piano dell'ordine pubblico - non riesce a dire parole chiare e inequivocabili nemmeno davanti a fatti di cronaca che parlano da sé per la loro brutalità e il senso di pericolo che ci trasmettono. E invece no: prevale una strategia di negazione della realtà, o - peggio - di ribaltamento dei fatti. È dunque venuto il momento di dirlo. Diversamente dal contenuto dei loro slogan autoconsolatori, a sinistra non hanno un problema con Giorgia Meloni, ma con la realtà e con gli italiani. Mentre i cittadini vivono in un contesto di forte insicurezza, con un nesso che tutti vedono (e che i numeri confermano) tra immigrazione illegale e i principali e più odiosi reati, a sinistra - persi nel loro mondo parallelo - sono capaci solo di “fascistizzare” la destra, di imbastire polemiche antigovernative, di demonizzare chiunque non appartenga alloro circoletto. Chiamatelo come volete, ma a me pare si tratti di un sorta di razzismo al contrario, di autorazzismo. Nella “morra” progressista, l'italiano tende per principio ad avere torto. E se per caso l'italiano ha anche la “colpa” di portare una divisa, allora è altamente probabile che abbia ancora più torto. Dite che è sconfortante? Certo che lo è: ma questo è il triste spettacolo che sta sotto i nostri occhi.

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