Caravaggio continua a stupire, spuntano 3 teste nel "Martirio di sant'Orsola"
AGI - Il 'Martirio di sant'Orsola' di Caravaggio, capolavoro nelle collezioni di Intesa Sanpaolo esposto da sempre nella sede di Gallerie di Italia a Napoli, riserva ancora sorprese. Durante un importante lavoro di pulitura in occasione del prestito a Roma per la mostra 'Caravaggio 2025' sono venute alla luce tre figure scomparse nel tempo, o meglio tre teste nel piccolo gruppo che nella tenda di Attila circonda la santa nel momento in cui la freccia scoccata da un arciere la raggiunge. Il 'Martirio di sant'Orsola', olio su tela, è considerato l'ultimo dipinto di Michelangelo Merisi, realizzato nel 1610 a Napoli, poco prima della sua morte, e nell'Archivio storico del Banco di Napoli esiste ancora la documentazione della sua commissione e del pagamento eseguito. La revisione conservativa ha riportato colori e forme all'originaria nitidezza e brillantezza. I lavori sono stati realizzati dalle restauratrici Laura Cibrario e Fabiola Jatta presso il laboratorio di restauro delle Gallerie

AGI - Il 'Martirio di sant'Orsola' di Caravaggio, capolavoro nelle collezioni di Intesa Sanpaolo esposto da sempre nella sede di Gallerie di Italia a Napoli, riserva ancora sorprese. Durante un importante lavoro di pulitura in occasione del prestito a Roma per la mostra 'Caravaggio 2025' sono venute alla luce tre figure scomparse nel tempo, o meglio tre teste nel piccolo gruppo che nella tenda di Attila circonda la santa nel momento in cui la freccia scoccata da un arciere la raggiunge. Il 'Martirio di sant'Orsola', olio su tela, è considerato l'ultimo dipinto di Michelangelo Merisi, realizzato nel 1610 a Napoli, poco prima della sua morte, e nell'Archivio storico del Banco di Napoli esiste ancora la documentazione della sua commissione e del pagamento eseguito.
La revisione conservativa ha riportato colori e forme all'originaria nitidezza e brillantezza. I lavori sono stati realizzati dalle restauratrici Laura Cibrario e Fabiola Jatta presso il laboratorio di restauro delle Gallerie d'Italia di Napoli. A destra di Attila, il re unno rifiutato da Orsola, è comparsa la punta del naso di un soldato e il perimetro del suo elmo, un volto che prima non si vedeva. Inoltre sono emersi nuovi dettagli della figura, forse un pellegrino, che indossa un cappello. Sopra la testa di sant'Orsola, si comprende oggi quello che era un elemento di funzione incerta: si tratta dell'elmo di un armigero con fessura per gli occhi. Tre figure arricchiscono il racconto. Con l'occasione il dipinto è stato inoltre dotato di una nuova cornice secentesca che è stata adattata al climaframe realizzato ai fini di garantire una conservazione ottimale.
"La responsabilità di avere in collezione l'ultimo dipinto di Caravaggio impone il coinvolgimento dei migliori studiosi, dei massimi esperti e delle imprese private con le maggiori competenze tecniche, nella consapevolezza di prendersi cura di un pezzo di patrimonio universale. Ogni decisione è presa insieme a Sovrintendenza e Ministero. Il restauro conservativo, la cura attenta, la nuova cornice e una migliore protezione permettono al pubblico di conoscere sempre meglio il valore delle collezioni di Intesa Sanpaolo", spiega Michele Coppola, executive director Arte Cultura e Beni storici di Intesa Sanpaolo e dg delle Gallerie d'Italia. Commissionato dal principe Marcantonio Doria, la cui famiglia aveva per protettrice proprio la santa, il dipinto fu eseguito dal Caravaggio con molta rapidità, probabilmente perché questi era in procinto di partire per Porto Ercole, certo di tornare a Roma ed essere graziato dal bando capitale per un omicidio in un duello.
Un viaggio invece nel quale il pittore trovò la morte. La fretta di consegnare il quadro fu tale che la tela uscì dallo studio di Caravaggio ancora fresca di vernice e, non essendo perfettamente asciutta alla consegna, i servi la esposero al sole, circostanza che fu all'origine della sua sofferta conservazione. L'opera fece ritorno a Napoli nella prima metà dell'Ottocento, pervenendo per via ereditaria al ramo Doria dei principi d'Angri e successivamente, circa un secolo dopo, ai baroni Romani Avezzano d'Eboli, per essere infine acquistata, come opera di Mattia Preti, dalla Banca Commerciale Italiana nel 1972.
La reale paternità dell'opera venne chiarita soltanto nel 1980, grazie al ritrovamento, nell'archivio Doria D'Angri di una lettera scritta a Napoli il primo maggio 1610 da Lanfranco Massa, cittadino genovese e procuratore nella capitale partenopea della famiglia Doria, e diretta a Genova per Marcantonio Doria, figlio del Doge Agostino: "Pensavo di mandarle il quadro di Sant' Orzola questa settimana però per assicurarmi di mandarlo ben asciuttato, lo posi al sole, che più presto ha fatto revenir la vernice che asciugatole per darcela il Caravaggio assai grossa: voglio di nuovo esser da detto Caravaggio per pigliar suo parere come si ha da fare perché non si guasti". Ai travagli patiti nei secoli dalla tela - guasti, ampliamenti, ridipinture, che ne avevano profondamente alterato la leggibilità e la chiarezza iconografica - ha posto finalmente rimedio l'importante restauro promosso dalla Banca e condotto tra il 2003 e il 2004 presso l'Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma, che ha ripristinato l'originaria coerenza dell'immagine, ora più fedele e prossima alle intenzioni dell'autore.
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