Carlo Nicolato: errori e scuse solo a metà, ma Zelensky vuole ricucire
Ci penserà il docile Starmer a ricucire tra Trump e Zelensky? Il premier britannico fresco di un piacevole quanto prolifico incontro con il presidente americano alla Casa Bianca ha accolto ieri a Londra il presidente ucraino, di rientro dall'incontro con lo stesso Trump nello stesso identico luogo, ma disastroso e foriero di conseguenze funeste. Zelensky evidentemente non si era ben preparato per l'occasione, non aveva capito fino in fondo che aver a che fare con Trump non è la stessa cosa che avere a che fare con Biden e gli alleati europei, che quello che vale per tutti loro non vale per lui, anzi è controproducente. Già solo il fatto che il presidente ucraino avesse insistito per incontrare il tycoon a tutti i costi, contro il parere di un diplomatico di grande esperienza quale Kellogg, e tanto da muovere in quella direzione anche Macron, aveva indispettito gli animi alla Casa Bianca. A scontro terminato, ancora alla Casa Bianca ha perfino fatto fatica a rendersi conto di quello ch

Ci penserà il docile Starmer a ricucire tra Trump e Zelensky? Il premier britannico fresco di un piacevole quanto prolifico incontro con il presidente americano alla Casa Bianca ha accolto ieri a Londra il presidente ucraino, di rientro dall'incontro con lo stesso Trump nello stesso identico luogo, ma disastroso e foriero di conseguenze funeste. Zelensky evidentemente non si era ben preparato per l'occasione, non aveva capito fino in fondo che aver a che fare con Trump non è la stessa cosa che avere a che fare con Biden e gli alleati europei, che quello che vale per tutti loro non vale per lui, anzi è controproducente. Già solo il fatto che il presidente ucraino avesse insistito per incontrare il tycoon a tutti i costi, contro il parere di un diplomatico di grande esperienza quale Kellogg, e tanto da muovere in quella direzione anche Macron, aveva indispettito gli animi alla Casa Bianca.
A scontro terminato, ancora alla Casa Bianca ha perfino fatto fatica a rendersi conto di quello che era appena successo. Il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz ha raccontato a Fox News che mentre il suo team era in lacrime, Zelensky era ancora polemico, infuriato, e quasi non capiva perché dovesse andarsene. Anche più tardi, quando ha rilasciato l'intervista alla rete televisiva vicina ai repubblicani, ha detto di non aver alcuna intenzione di chiedere scusa e che questo tipo di «battibecchi» fanno male ad entrambe le parti.
Complici probabilmente un paio di telefonate del segretario della Nato Mark Rutte, convinto sostenitore della buona fede di Trump, il presidente ucraino ha cercato di fare ammenda solo più tardi con un messaggio affidato ai social, ma non ce l'ha fatta fino in fondo. In quelle righe Zelensky cerca di ricucire, scrivendo che «è fondamentale per noi avere il sostegno del presidente Trump», che «lui vuole porre fine alla guerra» e che «nessuno vuole la pace più di noi». Ma poi ripete le stesse cose dette alla Casa Bianca, quelle che di fatto hanno innescato il litigio. E cioè che «un cessate il fuoco non funzionerà con Putin», che sono pronti a firmare l'accordo sui minerali ma servono garanzie di sicurezza, che l'Ucraina deve essere «forte al tavolo delle trattative», che vuole che Trump si schieri dalla parte di Kiev e non faccia semplicemente da paciere. Riconosce che «è comprensibile che gli Usa cerchino un dialogo con Putin», ma gli Usa hanno sempre parlato di «pace attraverso la forza» e «insieme possiamo fare passi forti contro Putin».
Insomma tutto il contrario di quello che sostiene Trump che non ha alcuna intenzione di continuare ad armare Kiev e di dare garanzie di sicurezza che non siano la presenza di aziende americane in Ucraina grazie all'accordo sui minerali. Come gli ha ricordato ancora Waltz, cercando di convincerlo ad andarsene, il tempo non è più dalla sua parte, né alla Casa Bianca, né sul campo di battaglia né tantomeno in termini di situazione mondiale. «E, cosa più importante», ha aggiunto, «gli aiuti degli Stati Uniti e la tolleranza dei contribuenti non sono illimitati». Il rischio concreto è che, mentre Zelensky si affanna a scrivere messaggi, la pazienza del presidente americano si sia già consumata e tra qualche giorno arrivi l'annuncio che gli Stati Uniti interromperanno gli aiuti e chiuderanno all'Ucraina l'accesso a Starlink. Trump non è nuovo a decisioni drastiche (vedi i dazi). In tal caso a Zelensky non resta che l'Europa, ma in termini militari e di sicurezza l'Europa non è nemmeno lontanamente in grado di colmare i vuoti lasciati eventualmente dall'America. Anche Zelensky lo sa, lo ha scritto ieri: «L'Europa è pronta per le emergenze», nulla di più.
In tutto questo la Russia, che ieri ha parlato di completo fallimento diplomatico di Zelensky a Washington, potrebbe approfittarne per chiudere la questione militare attaccando l'Ucraina in profondità. Questo è quello che chiedono i falchi, ma è molto più probabile che si accontenti di puntellare i territori conquistati facendosi passare come il Paese che vuole la pace. Le prospettive di una nuova era di dialogo diplomatico ed economico con gli Stati Uniti sono troppo importanti per Putin perché se le faccia sfuggire. A rigor di logica dunque, considerata la schiacciante realtà del campo di battaglia e delle questioni politico-diplomatiche, a Zelensky non resta che andare a Canossa, sedersi al tavolo dei negoziati e cercare un compromesso onorevole. Ma c'è ancora una carta che potrebbe giocarsi, quella delle elezioni. Se dovesse indirle, come gli hanno chiesto Trump e Putin, e vincerle, avrebbe qualche ragione in più per tornare ad alzare la voce. D'altronde, stando ai social e alle interviste, i suoi concittadini almeno ieri si sono per la maggior parte schierati orgogliosamente dalla sua parte.
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