Carlo Nicolato: Trump sul nucleare è più pacifista di Obama

La mia eredità più orgogliosa sarà quella di pacificatore e unificatore» ha detto Donald Trump nel suo discorso inaugurale il 20 gennaio scorso, attirandosi le critiche di chi al contrario pensa che in questi anni, dal primo mandato in poi, il presidente americano non ha pacificato nulla. Certo, nessuno può disconoscergli la pura verità, quella che a differenza della maggior parte dei presidenti lui non ha mai iniziato una nuova guerra, ed è già molto per il capo di Stato della più grande potenza mondiale. Ma che sia un “peacemaker” (pacifista è una brutta parola politica), cioè uno che unisce piuttosto che dividere quello proprio no e secondo i suoi detrattori la valanga di ordini esecutivi divisivi di queste settimane stanno lì a dimostrarlo. «Va però chiarito un particolare chiave, e cioè che un conto sono i dazi, un altro sono i missili, un conto sono le guerre commerciali, un'altro quelle sul campo con centinaia di migliaia di morti, se non milioni. Un mantra molto comune in ques

Carlo Nicolato: Trump sul nucleare è più pacifista di Obama

La mia eredità più orgogliosa sarà quella di pacificatore e unificatore» ha detto Donald Trump nel suo discorso inaugurale il 20 gennaio scorso, attirandosi le critiche di chi al contrario pensa che in questi anni, dal primo mandato in poi, il presidente americano non ha pacificato nulla. Certo, nessuno può disconoscergli la pura verità, quella che a differenza della maggior parte dei presidenti lui non ha mai iniziato una nuova guerra, ed è già molto per il capo di Stato della più grande potenza mondiale. Ma che sia un “peacemaker” (pacifista è una brutta parola politica), cioè uno che unisce piuttosto che dividere quello proprio no e secondo i suoi detrattori la valanga di ordini esecutivi divisivi di queste settimane stanno lì a dimostrarlo.

«Va però chiarito un particolare chiave, e cioè che un conto sono i dazi, un altro sono i missili, un conto sono le guerre commerciali, un'altro quelle sul campo con centinaia di migliaia di morti, se non milioni. Un mantra molto comune in questi giorni è che «nelle guerre dei dazi non ci sono vincitori», lo ha ripetuto ieri anche la presidente della commissione Ursula Von der Leyen, ma nelle guerre vere con fucili, carri armati e droni, perdono proprio tutti, l'umanità in primis. Per questa pace, quella vera, Trump ha già fatto molto di più di quanto il Nobel Obama non abbia fatto in otto annidi presidenza, per non parlare dei 4 annidi Biden durante i quali il pianeta non è mai stato così vicino alla catastrofe dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Senza che vi sia stato dato troppo peso, ieri il presidente Trump ha detto una cosa che se fosse stata proferita da un dem o da qualunque altro illuminato di sinistra sarebbe già stato elevato all'eterna beatificazione e candidato non a uno, ma a tre Nobel.

«Non c'è motivo per cui dovremmo costruire armi nucleari completamente nuove» ha affermato, «ne abbiamo già così tante che potresti distruggere il mondo 50 volte, 100 volte. E qui stiamo costruendo nuove armi nucleari, e loro stanno costruendo armi nucleari. Stiamo tutti spendendo un sacco di soldi che potremmo spendere per altre cose che in realtà sono molto più produttive». Common sense lo chiama Trump ed è la stessa parola che ha utilizzato parlando con Putin quando entrambi si sono detti d'accordo sul fatto che la guerra in Ucraina e le relative stragi devono finire. Trump non sarà il più raffinato dei politici, non è certo il suo vice Vance che bacchetta l'Europa sulla democrazia e la libertà di parola, ma è franco e diretto e dice: «Fermiamoci ora», «dimezziamo il nostro budget militare», perché se mai qualcuno dovesse ricorrere all'atomica «è l'oblio». Facciamo un incontro a tre, io, Putin e Xi per raggiungere un accordo. Dialoghiamo, parliamoci a tu per tu, come Biden si è sempre rifiutato di fare, riammettiamo anche la Russia nel G7. Insomma con il common sense rendiamo questo mondo un posto migliore.

Una risposta diretta da Putin sulla questione non è arrivata, ma è verosimilmente già insita nelle premesse del dialogo riaperto con la telefonata di mercoledì. È arrivata invece da Pechino, con il ministro degli Esteri Guo Jiakun che ha detto che gli Stati Uniti diano il buon sempre e inizino loro il disarmo. «Gli Usa e la Russia, in quanto Paesi dotati del più grande arsenale nucleare, dovrebbero concretamente adempiere alla loro responsabilità prioritaria in materia di disarmo nucleare, riducendo in modo sostanziale i loro arsenali» ha detto Guo in quella che sembra una risposta piccata ma che in realtà è un'ammissione di disponibilità. La Cina, ha infatti aggiunto, «è disposta a collaborare con tutte le parti e sostiene fermamente il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali». Qualcuno riferendosi a queste manovre ha già evocato l'ombra del Patto di Monaco del ‘38, quando l'illusione della pace aveva invece dato mano libera a Hitler. Ma se qualcuno ha un'idea migliore di quella di Trump che non sia «armiamo Kiev finché sarà necessario», ce la comunichi.

 

 

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