Convivenza civile e odori molesti, esiste un modo per tutelarsi?
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Qual è il confine tra i nostri diritti e quelli dei nostri vicini in materia di convivenza civile e odori molesti? Quali sono i limiti, è sufficiente che qualche nostro o altrui comportamento dia fastidio per essere illegittimo?
Sono domande che ognuno di noi si è posto, soprattutto se ha avuto l’occasione di vivere in un complesso condominiale con più residenti, dove si è piuttosto vicini, in molti casi e ci si può ‘scontrare’ con le abitudini altrui che possono risultare per noi sgradevoli.
Un caso tipico può essere rappresentato dai cattivi odori di cibo che salgono in aria e si spandono in ogni angolo, e locale comune, come ascensori, scale e corridoi di passaggio. Dei veri e propri odori molesti, derivanti dalle abitudini di cucina, ma anche di orari di vita, come la signora che avvia il soffritto alle sette di mattina che proprio ci è indigesto e fastidioso. Se aglio, cipolla e fritture, soprattutto in alcuni orari possono farci venire la nausea, ancora più seria, anche per la salute, la situazione in caso di fritture e fumi del barbecue. Ma gli odori di cucina sgradevoli sono addirittura illegali?
Vediamo cosa dice la Legge in proposito e cosa si può fare se si ha questo tipo di problema in condominio.
Convivenza civile e odori molesti: esiste un modo per tutelarsi?
Vi stupirà ma in circostanze di palese esagerazione e mancanza di rispetto del prossimo, si può arrivare a parlare di ‘molestie olfattive’ che come tali possono avere conseguenze sia civili sia penali, e che vanni pertanto considerate azioni illegali. In questo caso il riferimento normativo è posto dal Codice Civile, specificamente all’articolo 844, dove citando varie tipologie di immissioni, si fa riferimento alle esalazioni di tipo olfattivo, stabilendo che esse debbano essere vietate qualora superino la normale tollerabilità.
Per far valere il proprio diritto a non dover subire le ‘puzze’ del cucinato altrui, ma anche dello sporco, magari derivante dall’incuria con cui si gestisce un animale domestico ad esempio, il ricorrente deve dimostrare che la molestia olfattiva sia insopportabile e prolungatasi nel tempo, vale a dire che non è giustamente sufficiente si tratti di un caso isolato o di un singolo evento, quanto appunto di un continuo disagio subito.
Altro punto necessario quello di dimostrare che davvero si tratti di eccessi, che superino la soglia di tollerabilità, a livello qualitativo e quantitativo, e non magari che si tratti semplicemente di un nostro gusto, di un fastidio e di un eccesso di nostra sensibilità in proposito.
Proprio per questo lato ‘discrezionale’ del disagio, sarebbe utile ed importante si anche altre persone, magari altri vicini, potessero intervenire testimoniando il medesimo disagio, oppure avvalersi di esperti e periti che sappiano dare una reale quantificazione del malessere conseguente quel disagio, che lo identifichino come reale, anche utilizzando strumenti tecnici di rilevazione, soprattutto in caso di fumi ad esempio.
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Qual è la vostra reazione?






