Cop29 a Baku - Il dilemma dei soldi e l'ombra di Trump
Undici giorni per discutere e decidere delle sorti ambientali del nostro pianeta, su cui pesa l'ombra di Donald Trump. Si apre oggi, 11 novembre, la Cop29, la 29esima conferenza dell'Onu sul clima che si preannuncia difficile fin dal luogo scelto per riunire i delegati di circa duecento Paesi del mondo, Baku, capitale di quell'Azerbaigian che è tra i principali esportatori globali di petrolio e gas oltre a essere finito nel mirino di numerose Ong per la politica autoritaria e la corruzione dilagante. Non manca chi nota che tra i maggiori partner della conferenza ci sono aziende riconducibili al presidente Ilham Aliyev o alla sua famiglia. New collective quantified goal. Insomma, non proprio il contesto ideale per discutere il New collective quantified goal, ovvero una somma da trasferire ogni anno ai Paesi in via di sviluppo per il taglio delle emissioni di gas serra e l'adattamento ai nuovi obiettivi. Dovrebbe partire dal 2025 e se l'Ue, per ora, parla di 100 miliardi di dollari all'a
Undici giorni per discutere e decidere delle sorti ambientali del nostro pianeta, su cui pesa l'ombra di Donald Trump. Si apre oggi, 11 novembre, la Cop29, la 29esima conferenza dell'Onu sul clima che si preannuncia difficile fin dal luogo scelto per riunire i delegati di circa duecento Paesi del mondo, Baku, capitale di quell'Azerbaigian che è tra i principali esportatori globali di petrolio e gas oltre a essere finito nel mirino di numerose Ong per la politica autoritaria e la corruzione dilagante. Non manca chi nota che tra i maggiori partner della conferenza ci sono aziende riconducibili al presidente Ilham Aliyev o alla sua famiglia.
New collective quantified goal. Insomma, non proprio il contesto ideale per discutere il New collective quantified goal, ovvero una somma da trasferire ogni anno ai Paesi in via di sviluppo per il taglio delle emissioni di gas serra e l'adattamento ai nuovi obiettivi. Dovrebbe partire dal 2025 e se l'Ue, per ora, parla di 100 miliardi di dollari all'anno, i Paesi in via di sviluppo ne vorrebbero mille. Il punto però è chi paga.
Soldi e Parigi. Da una parte c'è chi vorrebbe far aprire i cordoni della borsa anche alle economie emergenti come la Cina e gli Stati del golfo (Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti), i quali però sono considerati in via di sviluppo. Quindi, sarebbero potenziali percettori non finanziatori. Un altro obiettivo di questa Cop è studiare come triplicare le rinnovabili e raddoppiare l'efficienza energetica entro il 2030 come deciso alla precedente conferenza sul clima con la scure del febbraio 2025 a pendere sulle economie globali: entro quella data, dovranno essere presentati i piani nazionali del clima da valutare alla Cop30 del Brasile il prossimo novembre. Piani che devono essere molto più incisivi di quelli presi finora se vogliamo limitare il riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi rispetto all'era preindustriale, come stabilito con l'Accordo di Parigi. Con i piani odierni, infatti, la temperatura del pianeta salirebbe tra il 2,6 e il 3,1C al 2100.
Usa e Ue. L'Ue in piena austerità afferma che potrebbe andare oltre quei 100 miliardi annui solo coinvolgendo le economie emergenti nei pagamenti. Gli Stati Uniti si tirano indietro. Secondo il Wall Street Journal, il presidente eletto Donald Trump potrebbe uscire per la seconda volta dall'accordo di Parigi: lo aveva promesso in campagna elettorale e il provvedimento sarebbe già stato messo a punto, pronto per la firma dal 20 gennaio, il giorno dell'insediamento.
Tanti assenti. Su tutto pesano le numerose assenze annunciate: se Xi Jinping e Vladimir Putin sono scontati, Joe Biden, Narendra Modi, Justin Trudeau, Emmanuel Macron, Ursula von der Leyen e Olaf Scholz (in diretta polemica con il poco green Azerbaigian) fanno molto più rumore. Senza contare il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, proprio lui che nel novembre 2025 ospiterà la Cop30.
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