Dall'Europa tre anni di nulla. Ora serve un cambio di rotta sull'Ucraina

Proviamo a compiere un esercizio di proiezione e cioè che si arrivi a una soluzione di pace possibile che ponga fine alla guerra in Ucraina, una soluzione frutto dell'intesa tra America e Russia; e immaginiamo pure che questa soluzione non piaccia all'Europa perché troppo penalizzante per Kiev. In questo esercizio non ci interessa sapere il punto di mediazione e le sue condizioni, ci basti solo fermare l'immagine su un esito che soddisfi la presidenza Trump (“Metterò fine alla guerra in Ucraina”) e che permetta a Putin di vendere come un successo lo stop della guerra. Ovviamente, ripeto, essendo un accordo nato dalla regia della Casa Bianca non piace all'Europa che quindi manifesterebbe tutto il proprio disappunto per essere stata tagliata fuori dalla cabina di regia.   Ecco, fingiamo che la situazione sia questa. Ora la mia domanda è: che potrebbe fare l'Europa di fronte a uno scenario di questo tipo? Azzardo la risposta: quasi nulla. E comunque ogni sua mossa rischierebbe di mett

Dall'Europa tre anni di nulla. Ora serve un cambio di rotta sull'Ucraina

Proviamo a compiere un esercizio di proiezione e cioè che si arrivi a una soluzione di pace possibile che ponga fine alla guerra in Ucraina, una soluzione frutto dell'intesa tra America e Russia; e immaginiamo pure che questa soluzione non piaccia all'Europa perché troppo penalizzante per Kiev. In questo esercizio non ci interessa sapere il punto di mediazione e le sue condizioni, ci basti solo fermare l'immagine su un esito che soddisfi la presidenza Trump (“Metterò fine alla guerra in Ucraina”) e che permetta a Putin di vendere come un successo lo stop della guerra. Ovviamente, ripeto, essendo un accordo nato dalla regia della Casa Bianca non piace all'Europa che quindi manifesterebbe tutto il proprio disappunto per essere stata tagliata fuori dalla cabina di regia.

 

Ecco, fingiamo che la situazione sia questa. Ora la mia domanda è: che potrebbe fare l'Europa di fronte a uno scenario di questo tipo? Azzardo la risposta: quasi nulla. E comunque ogni sua mossa rischierebbe di metterla ancor più ai margini evidenziandone l'irrilevanza politica. Ho voluto ipotizzare tale opzione (nemmeno così fantastico leggendo le cronache da Riad e da Parigi) per tornare al punto nodale che riguarda l'Unione europea: «Quando il gioco si fa durissimo, le strutture della Ue non reggono la competizione» come ha scritto l'altro giorno Lucio Caracciolo su Repubblica.

In effetti, una contrarietà dell'Europa potrebbe spaccarla ancor più nel senso che ogni Paese potrebbe tenere chiuse le ambasciate e/o rilanciare con nuove sanzioni, ma sarebbero scelte che riguarderebbero decisioni dei singoli governi senza più quell'unità di azione che finora ha compattato il fronte. In poche parole, ogni Stato sarebbe libero di agire diversamente seguendo lo spirito dell'intesa raggiunta.

 

L'Europa paga la impercettibilità in questi tre anni di conflitto: nessuna proposta seria e autorevole di mediazione e persino qualche smagliatura nel rispettare le sanzioni dato che la triangolazione dal Kazakistan (e non solo) è un segreto di Pulcinella. L'Europa aveva costruito la propria retorica sulla pace non prevedendo - errore di immaturità e di presunzione al contempo - l'opzione della guerra, una guerra che invece scoppiava nelle aree confinanti dell'est europeo e nel Mediterraneo mediorientale. Pertanto se l'Unione europea è marginale, accade - nel cinismo brutale della guerra - che l'Ucraina diventi l'agnello sacrificale che Bruxelles non può salvare per mancanza di peso proprio. Era adesso che l'Europa doveva palesare il proprio peso politico. A che serve dunque mostrare una muscolatura mingherlina ora che sul ring salgono i pesi massimi? A nulla.
Abbiamo speso gli ultimi anni a immaginare una centralità del Vecchio Continente sulle mappe globali, invece quelle mappe ci schiacciano tra America e Cina, gli unici veri contendenti globali di questo tempo. Abbiamo sbagliato tutte le mosse nel presupposto di bilancio (austerity, tetti di spesa, indifferenza verso le disomogeneità fiscali...) e pure quelle di previsione pensando al green come il nuovo paradigma. Così se l'America sceglie di ricucire con la Russia e di farlo in terra saudita è perché qui si consolida nuovamente il podio dei campioni del fossile e dei combustibili a cui avevamo dichiarato guerra, non accorgendoci che stavamo facendo il gioco della Cina con l'elettrico e il solare. Domando ancora: con un Putin “riabilitato” nei fatti, siamo disponibili a trattare con lui per nuove forniture di gas?

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