David Lynch, il fotografo oltre al regista: i suoi scatti in mostra al Cinema Modernissimo di Bologna

David Lynch, il fotografo: a Bologna il Cinema Modernissimo ricorda il maestro...

David Lynch, il fotografo oltre al regista: i suoi scatti in mostra al Cinema Modernissimo di Bologna

David Lynch, il fotografo: a Bologna il Cinema Modernissimo ricorda il maestro con una mostra fotografica e una rassegna cinematografica

David Lynch è morto da pochi giorni e ci manca già moltissimo. Per riempire quel vuoto incolmabile lasciato da un cineasta “sempre avanti” e da un artista a tutto tondo, il Cinema Modernissimo di Bologna dall'1 al 28 febbraio rende omaggio al maestro proponendo una retrospettiva dei suoi film curata dalla Cineteca di Bologna e arricchita (il 6 febbraio)da una lezione di Roy Menarini, Vedere il buio. Il cinema di David Lynch E per l’occasione, per celebrare anche il suo occhio fotografico, nel foyer del Modernissimo, verranno esposti dieci scatti del David Lynch fotografo provenienti dalla Collezione di Fondazione MAST.

“La morte di David Lynch segna questo inizio di 2025 - ha spiegato il direttore della Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli - Ci ha fatto scoprire uno sguardo nuovo sugli Usa, ha inventato un nuovo modo di intendere la relazione tra musica e immagini, ha ideato personaggi e situazioni che non dimenticheremo mai e, soprattutto, in un’epoca in cui tutto deve essere spiegato, ci ha mostrato il fascino del misterioso e dell’insondabile, anche all’interno di un film hollywoodiano. Per questa indomabile resistenza al sistema, gli saremmo sempre grati, sicuri che la sua opera supererà ogni moda e ogni tempo”.

David Lynch Untitled  circa 1986

David Lynch, Untitled (New Jersey), circa 1986

David Lynch, a Bologna 10 sue fotografie nel foyer del Modernissimo

Per quanto riguarda la mostra fotografica, le opere in esposizione (ingresso libero) hanno fatto parte della mostra The Factory Photographs curata da Petra Giloy-Hirtz in collaborazione con Fondazione MAST e con The Photographers' Gallery (MAST, 17 settembre – 31 dicembre 2014). Gli scatti, realizzati tra il 1986 e il 2000 nelle aree industriali di Berlino, Łódź e nel New Jersey, testimoniano la fascinazione di Lynch per le fabbriche, la sua passione quasi ossessiva per comignoli, ciminiere e macchinari, per l'oscurità e il mistero. Nelle immagini l’artista mette in scena le rovine di un mondo che va scomparendo, in cui le fabbriche erano pietre miliari di un orgoglioso progresso e non luoghi desolati, scenografie per storie cariche di quell’aura emozionale caratteristica di Lynch.

È come se la fuliggine, i vapori o le polveri sottili che avvolgevano quei luoghi si fossero posate sulla superficie della carta: ne risultano immagini di straordinaria potenza sensoriale, come disegni fatti a carboncino, in cui il nero carico delle linee nitide, grafiche, taglia il grigio scuro dei campi. L'inconfondibile cifra di Lynch si svela in modo suggestivo nei soggetti scelti, nelle atmosfere, nelle nuance di colore di mondi arcani e surreali, nelle sequenze oniriche che evocano la visionarietà labirintica ed enigmatica dei suoi film.

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David Lynch Untitled  circa 1986

David Lynch, Untitled (New Jersey), circa 1986

I film di David Lynch al Cinema Modernissimo

Oltre ai quattro film che la Cineteca di Bologna sta anche distribuendo in questi giorni nelle sale italiane (The Elephant Man, Strade perdute, Una storia vera, Mulholland Drive) la rassegna al Cinema Modernissimo presenterà molti altri lavori lynchani, come il lungometraggio d’esordio Eraserhead, Velluto blu, Cuore selvaggio, Fuoco cammina con me, Inland Empire, una selezione dei suoi cortometraggi. Ecco qui sotto tutto il calendario.

Sabato 1° febbraio (alle 18) e Domenica 9 febbraio (alle 22.15)

The Short Films of David Lynch - Six Men Getting Sick (1966, 4’), The Alphabet (1968, 4’), The Grandmother 1970, 34’), The Amputee (1974, due versioni: 5’ e 4’)
Gli inizi di Lynch appartengono alla storia dell’arte contemporanea e a quella del cinema. Dalla prima prova da studente dell’accademia la corporeità è già tema centrale. Tecniche miste di ripresa e animazione per le prime fantasie orrende su nonne-piante o lettere che si accoppiano.

Lumière et Compagnie (episodio) (1995)
Lungo un minuto e diretto da David Lynch, qui tra i registi chiamati a celebrare il centenario dell’invenzione dei Lumière.

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L’Image Originelle – David Lynch (2018)
In questo appassionante episodio del programma televisivo sugli esordi di grandi cineasti ideato da Pierre-Henri Gibert, vediamo Lynch parlare di Eraserhead.

David Lynch il fotografo oltre al regista i suoi scatti in mostra al Cinema Modernissimo di Bologna
Sabato 1 febbraio (alle 22.30) e Mercoledì 5 febbraio (alle 16)

Erasehead – La mente che cancella (1977)
Nato in un contesto indipendente e underground, il primo lungometraggio di David Lynch passa in pochi mesi dalle gallerie d’arte di New York alle sale di tutto il mondo. Primo incunabolo (ma per alcuni il più radicale e ipnotico) delle visioni lynchane: b/n avanguardistico, narrazione apocalittica, vicende inspiegabili e orrore ovunque. Fantascienza e occulto stravolti per sempre, secondo una logica decisamente surrealista.

Domenica 2 febbraio (alle 18) e Martedì 25 febbraio (alle 10.30)

The Elephant Man (1980)
La storia di John Merrick, l’uomo elefante, il freak della Londra proto-industriale, serve a Lynch per due motivi: mostrare il lato intimamente mélo del suo cinema e trovare una via d’entrata a Hollywood. The Elephant Man è ibrido e tragicomico come il suo protagonista, da una parte trascina al pianto il grande pubblico e dall’altra fa saettare schegge di orrido e memorie di Tod Browning. “Non meno ancestrale e traumatico di Eraserhead, The Elephant Man - com scrive Roy Menarini - Si “nasconde” dietro il film di malattia anni Ottanta per costruire una nuova riflessione sul visibile e sull’orrore”.

Lunedì 3 febbraio (alle 22) e Venerdì 28 febbraio (alle 18)

Velluto blu (1986)
“Velluto blu è un thriller psicologico e anche un film noir, con un criminale e dei poliziotti. È un film violento, duro, e la reazione degli spettatori, per la paura o per il disgusto, può essere altrettanto violenta. Ma è proprio questo lo scopo di un film: far sentire e provare qualcosa in modo profondo”. Parole dello stesso autore, David Lynch, che così descrisse questa opera, costruita su più mondi che sprofondano in altri mondi.

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Isabella Rossellini in “Velluto blu”

Isabella Rossellini in “Velluto blu”, (1986) ©De Laurentiis Group/Courtesy Everett Collection

Martedì 4 febbraio (alle 22.30) e Martedì 11 febbraio (alle 10.30)

Cuore selvaggio (1990)
Questo film, che vinse il Festival di Cannes nel 1990 tra le polemiche per l’eccessiva violenza, è, come scrive Menarini, un “Velluto blu con il piede sull’acceleratore”. Incredibile e miracoloso catalogo di eccessi virulenti, è l’esempio più potente di road movie attraverso un’America disperata, violenta, pornografica. L’amore di Sailor e Lula, purissimo e distillato, si accende di immagini maestose e improvvise catastrofi. Per alcuni, semplicemente un tour de force per épater le bourgeois; per tutti gli altri (non pochi), uno dei rari film contemporanei ad aver scosso dalle fondamenta l’immaginario statunitense.

Mercoledì 5 febbraio (alle 22.15)

Fuoco cammina con me (1992)
Considerato da molti lo strampalato prequel di un regista in confusione, si è rivelata l’opera sperimentale con cui Lynch voleva scrollarsi di dosso l’eccessiva fama accumulata con la serie televisiva. Oggi, poi, con la terza stagione di Twin Peaks, quel che pareva un accumulo di fatti misteriosi e visionari si dimostra tassello indispensabile per la comprensione di quell’universo narrativo. “E a rivederlo oggi, Fuoco cammina con me rappresenta una tappa importante del viaggio nell’inconscio e nella violenza, vera ossessione dell’autore”, così dice Menarini.

Giovedì 6 febbraio (alle 17.30)

Vedere il buio - Il cinema di David Lynch - Lezione di Roy Menarini
Eccessivo, incommensurabile, folle, il cinema di David Lynch sembra resistere a ogni classificazione. Al tempo stesso ha sempre stimolato un folto numero di analisi e tentativi di interpretazione. La lezione, attraverso una carrellata dentro i suoi capolavori, cercherà di mettere ordine nel bosco oscuro del suo immaginario. Il rapporto tra cinema e arti visive, l’ironia surreale, la psicanalisi e l’inconscio, i labirinti narrativi sono solo alcuni dei temi che verranno affrontati.

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In pochi si sono chiesti perché, vedendo un film di David Lynch, ci si sente a casa - scrive Roy Menarini - Anche di fronte ai mondi più oscuri, alle minacce più irrazionali, alla violenza più raccapricciante, l’universo ribattezzato come Lynchtown è diventato per noi famigliare. Amiamo abitarci, tornarci, metterci alla prova ogni volta. E non è un caso che la notizia improvvisa della morte del regista americano abbia suscitato una delle più sincere e unanimi ondate di affetto che si ricordino per un artista: evidentemente quel piacere di fronte ai suoi racconti distorti e geniali è sempre stato dettato dall’integrità artistica e dalla trasparenza creativa. Lynch, in pratica, ci ha sempre detto la verità, si è confessato con un candore unico, si è spogliato delle sue visioni e le ha condivise senza filtri, da uomo generosissimo quale era e testardamente dedito al suo cinema e alle sue immagini. Rivedere tutti insieme i suoi film significa ora riguardare in prospettiva tutta la nostra Lynchtown personale, perdendoci volontariamente in quel magnifico e impareggiabile labirinto visionario dove i confini tra un’opera e l’altra tendono a sfumare”.

David Lynch il fotografo oltre al regista i suoi scatti in mostra al Cinema Modernissimo di Bologna
Venerdì 7 febbraio (alle 22) e Sabato 22 febbraio (alle 22.30)

Strade perdute (1996)
Nuova resurrezione lynchiana, quando veniva ormai dato per spacciato. Strade perdute si presenta come un film scintillante e dark, impaginato come un catalogo di moda ma attraversato da ogni tipo di paradosso: parlare con una persona che si trova contemporaneamente al telefono con voi, suonare al campanello e dialogare al citofono con se stessi, cambiare personalità a metà film e vedere un mondo che possiede lo stesso lessico ma un’altra sintassi. “C’è una parte della mia creatività che non saprei spiegare, che mi è sconosciuta. È come nella musica: le note sono unite in un certo ordine e formano le melodie. Non interrompiamo l’ascolto per chiederci «perché il fa minore è là, dopo il mi diesis? »” disse Lynch.

Lunedì 10 febbraio (alle 16) e Mercoledì 19 febbraio (alle 21.45)

Una storia vera (1999)
Era da tanto tempo che non vedevamo un film sull’America. Era da tanto tempo che subivamo le aggressioni di una cinematografia talvolta orribile, talvolta ammirevole, ma sempre parziale rispetto al nerbo, alla sostanza, alla materia di cui è fatto quel paese. Ecco che il vuoto viene ora colmato da un autore sino ad oggi lontano anni luce da un qualunque diretto interesse per il cuore degli Stati Uniti, da un autore che ce ne ha proposto negli anni una serie di ossessioni, certo, ma sempre su un registro fantasioso e spesso fantastico. Questo autore è David Lynch, questo film è Una storia vera, una pellicola che supera in verità le ormai lontane prove di Malick (I giorni del cielo), Cimino (Le porte del cielo), Benton (Le stagioni del cuore)”. (Franco La Polla)

Mercoledì 12 febbraio (alle 22) e Mercoledì 26 febbraio (alle 22.15)

Mulholland Drive (2001)
Ancora oggi si discute: che diavolo succede in Mulholland Drive? Eppure la spiegazione c’è, a patto di stare molto, molto attenti. E tutto sommato la storia conta più di quanto non si creda, per Lynch. È nelle sue pieghe, nelle circonvoluzioni narrative e nelle sterzate oniriche del racconto, che poi i misteri gemmano, le paure si materializzano, il comico e l’orrore si fondono. Per di più, Lynch dimostra di sviluppare un apprezzabile sguardo erotico sulle protagoniste, entrambe magnifiche. Un film su Hollywood, ma non “di’” Hollywood. (Roy Menarini).

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Naomi Watts e Laura Harring in “Mulholland Drive”

Naomi Watts e Laura Harring in “Mulholland Drive”, (2001) ©Universal/Courtesy Everett Collection

Lunedì 17 febbraio (alle 21.30)

Inalnd Empire (2006)
Affascinato dalle meraviglie della camera digitale, Lynch gira in DV un film del tutto “aperto”: sceneggiatura in costruzione sequenza dopo sequenza, set sparsi tra America ed Europa, attori feticcio (Laura Dern) disposti a tutto per lui, e riflessione tenebrosa sulla settima arte. Se possibile, un film ancora più imprendibile e illogico degli altri, anche se – a ben vedere – un’opera esplicitamente sul cinema e sulla creazione, forse la più diretta che il cineasta abbia mai girato.

Dumbland (2002)
La serie animata in otto episodi creata da Lynch per il suo sito e di cui ha realizzato ogni aspetto (animazione, voci, musiche). Protagonista un brutto ceffo con tre soli denti, particolarmente sboccato e violento, e la sua famiglia. L’artista e disegnatore David Shrigley non ha dubbi: “David Lynch è un umorista e DumbLand è la dimostrazione di questo aspetto della sua arte”.

Member Questions (29’)
Lynch risponde alle domande dei membri iscritti al suo sito davidlynch.com su temi vari: i suoi film, ma anche la meditazione o il milk-shake preferito (servito da Bob’s Big Boy, locale dove i fan in questi giorni stanno andando a rendergli omaggio).

Giovedì 20 febbraio, ore 16

David Lynch – Dynamic:01 - The Darkened Room (2002, 12’), Boat (2007, 8’), Lamp (2003, 31’), Out Yonder: Neighbor Boy (2007, 11’), Industrial Soundscape (2008, 13’), Bug Crawls (2008, 5’), Intervalometer Experiments (2004, 19’)
Dall’inizio degli anni Duemila, una parte della produzione creativa di Lynch migra sul web, come questi cortometraggi, pubblicati sul suo sito (davidlynch.com). Il cineasta sperimenta, mette in crisi la relazione tra gli spazi, il senso delle situazioni, dei dialoghi. Scenari industriali, sonorità meccaniche e ipnotiche, ripetizione, astrazione, animazione. Personaggi bizzarri. Un insetto si arrampica su una casa e cade. Macchinari in movimento. Un’immersione negli oscuri universi lynchiani.

Lunedì 24 febbraio (alle 20.30)

My Son, My Son, What have we done (2009) di Werner Herzog
“David Lynch presents...”. Lo storico incontro tra Lynch, qui produttore, e il maestro tedesco Werner Herzog (che disse: “Ci piacciamo molto e rispettiamo i reciproci film a un livello molto profondo”). La storia vera di un giovane attore (Michael Shannon) che, dopo aver ucciso la madre (la lynchiana Grace Zabriskie) con una spada, si barrica in casa con alcuni ostaggi. Il detective Havenhurst (Willem Dafoe) fa luce sul caso, ricostruendo il percorso che ha portato il giovane alla follia. Nel cast anche Chloë Sevigny e Udo Kier.

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