Dialetti: un viaggio tra le “lingue” d’Italia
I dialetti offrono uno spaccato realistico e poetico della complessità italiana. Le variazioni linguistiche rispecchiano un Paese ricco di sfaccettature e peculiarità locali
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L’Italia ha una storia di divisioni, dissidi e separazioni, che ha portato poi all’unificazione del territorio composto da un grande via vai di tradizioni regionali e locali. La bellezza dell’Italia sta proprio nelle caratteristiche che rendono unico e riconoscibile ogni angolo di cui è composta. A marcare l’appartenenza e la straordinarietà di ogni paesino e pezzo di terra è la cadenza e il dialetto che distingue la parlata dei suoi abitanti. I dialetti sono un fenomeno interessante quanto complesso, guai a ridurli a deformazioni della lingua italiana.
Forse anche voi parlate un dialetto particolare, o lo capite. Magari lo associate ai vostri nonni o alle tradizione del vostro luogo natale. Senza dubbio il linguaggio che utilizzate quotidianamente ha preso in prestito parole ed espressioni dialettali e locali, che nessuno coglie al di fuori della vostra zona. Quante volte avete conosciuto qualcuno provenire da un’altra regione in difficoltà di fronte alle vostre espressioni idiomatiche di tutti i giorni?
Una deformazione della lingua pura
Purtroppo è ancora diffusa l’idea che i dialetti siano una “corruzione” dell’italiano. Non è affatto così, essi rappresentano la normale evoluzione della lingua parlata localmente, che deriva in prevalenza dal latino mischiata all’influenza delle lingue precedenti o arrivate successivamente con le conquiste militari, i movimenti migratori e così via. L’italiano standard si è evoluto a partire dal toscano. Lingua che ha guadagnato lustro e autorevolezza grazie al prestigio e al successo di autori in volgare come Dante, Boccaccio e Petrarca.
L’esempio dell’importanza del toscano a livello letterario ce la fornisce Manzoni, che andò a “sciacquare i panni in Arno” per scrivere le sue opere. Dopo l’Unità d’Italia questa lingua letteraria e parlata solo da una piccola percentuale della popolazione si diffuse grazie all’introduzione dell’istruzione obbligatoria e all’avvento della televisione.
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Dialetto o vera e propria lingua?
Ancora si discute sulla corretta dicitura per definire il fenomeno dei dialetto. Scegliere cosa sia un dialetto e cosa una lingua è un compito arduo, spesso argomento di diatribe. Il governo italiano riconosce ufficialmente come lingue il sardo, il friulano e il ladino, mentre l’Unesco riconosce anche il napoletano e il siciliano. Il dibattito tra tutela del patrimonio culturale e la normale evoluzione delle lingue è ancora in corso.
Infatti, i dialetti italiani sono tutelati da normative e politiche regionali, ma non esiste una legislazione nazionale univoca per garantirne la sopravvivenza. Alcuni dialetti, come il sardo, il friulano e il ladino, sono riconosciuti come lingue ufficiali in certe regioni, e godono di una protezione speciale. Tuttavia, molti altri dialetti rischiano di scomparire, a causa della predominanza dell’italiano nelle scuole, nei media e nel mondo del lavoro.
La differenza nelle strutture grammaticali
I dialetti italiani presentano una varietà di strutture grammaticali che differiscono da quelle dell’italiano standard. Ad esempio, in alcuni dialetti si usa il verbo “essere” al posto di “avere” per formare i tempi composti, come nel caso del veneto, dove si dice “I go ‘sto libro”, invece di “Ho questo libro”. Altri dialetti, come quello napoletano, tendono ad avere un vocabolario completamente diverso, con parole che non hanno corrispettivo in italiano, ma che descrivono situazioni o concetti profondamente radicati nella cultura locale.
I dialetti più diffusi
È molto difficile tracciare confini netti per i dialetti italiani. Ci troviamo di fronte ad una varietà linguistica troppo vasta da non consentire l’individuazione di zone geografiche definite e che condividono gli stessi tratti morfologici, fonetici o lessicali. Avrete notato che in Italia anche paesini confinanti si trovano dialetti con differenze evidenti. Semplificando grossolanamente è possibile dividere l’Italia per macro aree con dialetti simili, ma si tratta di un’operazione riduttiva che non offre la giusta prospettiva per capire il fenomeno dialettale.
Ogni luogo, zona, paesaggio, è possibile associarlo al dialetto e alla parlata degli abitanti nativi. L’Italia è speciale proprio perché ricca di particolarità e sfaccettature che la rendono una Paese unico e complesso, da esplorare. L’incontro tra persone provenienti da regioni diverse è sempre uno scambio di modi di dire e termini unici e caratteristici, uno spettacolo culturale e storico.
Tra i dialetti più diffusi in Italia, si trovano quelli appartenenti alle grandi famiglie linguistiche storiche, come il settentrionale, il centro-italiano, il meridionale e il siciliano. Sebbene l’italiano standard sia la lingua ufficiale, molti dialetti sono ancora parlati da milioni di persone, spesso nelle conversazioni familiari, nei mercati o in occasioni informali. Alcuni di questi dialetti sono anche riconosciuti ufficialmente come lingue minoritarie.
1. Il Napoletano
Il dialetto napoletano è uno dei più noti e parlati del sud Italia, con una ricca tradizione letteraria e musicale. Parlato principalmente nella regione Campania, si è diffuso anche nelle zone limitrofe. La sua origine è latina, ma con influenze greche, francesi e spagnole.
Esempio: “Comme stai? Aggi’ mangiato nu bellu piatto ‘e pasta”, che in italiano suona come “Come stai? Ho mangiato un buon piatto di pasta”.
2. Il Siciliano
Parlato in Sicilia, questo dialetto ha una struttura linguistica ricca, frutto di secoli di dominazioni e scambi culturali con greci, arabi, normanni, spagnoli, e francesi.
Esempio: “Chi fai? Veni a trovarmi pi nu cafè?” che tradotto in italiano è “Cosa fai? Vieni a trovarmi per un caffè?”
3. Il Veneto
Il veneto è parlato in gran parte del nord-est d’Italia, principalmente nella regione del Veneto. Le sue radici risalgono al latino, ma ha anche influenze tedesche, veneziane e slave.
Esempio: “Ghe xe sempre ‘na soluzion”, che in italiano significa “C’è sempre una soluzione”.
4. Il Lombardo
Nella regione Lombardia, in particolare nelle province di Milano, Bergamo e Brescia, il dialetto lombardo è parlato in diverse varianti. Esso ha una forte influenza del latino e del franco-provenzale.
Esempio: “Ammò, che bel! Andèm a mangià”, che in italiano significa “Adesso, che bello! Andiamo a mangiare”.
5. Il Piemontese
Il dialetto piemontese si parla principalmente nella regione Piemonte e ha radici nel latino, con forti influenze francesi e occitane.
Esempio: “A l’é ‘l moment d’andé a cà”, che in italiano si traduce come “È il momento di andare a casa”.
Qual è la vostra reazione?
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