Don Bosco: educazione, prevenzione, fiducia. 60 anni della missione cattolica italiana di Mainz
l 31 gennaio si celebra la festa di don Bosco. Anche la...
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l 31 gennaio si celebra la festa di don Bosco. Anche la comunità cattolica di Mainz, retta da tre padri salesiani è oggi in festa, una doppia festa, quella si don Bosco e quella dei sessant’anni della Missione. Tra gli impegni e quotidiani e i preparativi per la festa, padre Marek Chmielewski, parroco della comunità, trova il tempo di raccontarci di don Bosco, del suo „sistema prevenzione“, della comunità cattolica di Mainz e dell’opera dei salesiani nel mondo che dà sostegno e prospettive a ragazzi e ragazzi nei vari contesti.
Nell’articolo troverete
- Don Bosco e l’oratorio. Conosceva l’opera di san Filippo Neri (XVI sec.). Andava in Lombardia a studiare gli oratori nati den Cinquecento dall’intuizione di san Carlo Borromeo. L’oratorio di san Giovanni Bosco si basa sui quattro pilastri: la casa, la chiesa, la scuola e il cortile.
- Il principio di prevenzione come principio educativo. Don Bosco raccomandava ai salesiani: “Studia il modo di farti amare, non di farti temere“.
- Vivere a contatto la gente: i salesiani a guida della comunità cattolica italiana di Mainz (Magonza).
- La famiglia salesiana nel mondo.
Don Bosco è ritenuto il fondatore dell’oratorio. È così?
Molti pensano che il fondatore dell’oratorio sia don Bosco. In verità non è così, l’oratorio come istituzione e struttura educativa nasce molto prima di don Bosco. Nasce in Italia nel XVI secolo. Basti ricordare san Filippo Neri, la congregazione che a lui si ispira si chiama proprio Oratoriani. Poi c’è san Carlo Borromeo (XVI sec.), cardinale e arcivescovo di Milano, subito dopo il Concilio di Trento. Lui ha dato un grande impulso per creare gli oratori. Don Bosco conosceva queste esperienze, le sue biografie raccontano che andava a conoscere e scoprire la realtà degli oratori in Lombardia, quelli di Carlo Borromeo, per pensare a come lavorare con i ragazzi a Torino, a come impostare la sua proposta. Nenache nella stessa Torino è il primo a fondare l’oratorio, in quanto preceduto da don Giovanni Cocchi. L’impegno politico con il tentativo di partecipare con alcuni ragazzi alla battaglia di Novara del 1849 fa perdere a don Cocchi la fiducia del vescovo, che gli toglie la guida dell’Oratorio dell’Angelo custode e lo affida a don Bosco che, nel frattempo aveva fondato i suoi oratori, e nel 1854 diventa il direttore di tutti gli oratori di Torino.
L’oratorio di don Bosco è la casa dove si vive, la chiesa dove si prega, la scuola dove si impara e il cortile dove si gioca.
Don Bosco è fondamentale per lo sviluppo dell’istituzione oratorio con la sua idea di “sistema preventivo” di approccio con i giovani, fatto di piena dedizione a loro, di amore totale verso i ragazzi per guadagnare la loro fiducia. Va poi ricordato il clima dell’Ottocento in Europa, in Italia, epoca di prevenzione in campo sociale, di aiuto ai poveri per farli uscire dalla miseria attraverso l’istruzione e lo studio. L’idea di prevenzione entra anche in campo penale e la religione è vista come principio preventivo. Don Bosco sa togliere i ragazzi dalla strada per occupare il loro tempo, cura le relazioni con loro, vi si dedica completamente. La sua casa diventa la casa per i ragazzi ma nello stesso tempo è una chiesa, c’è quindi l’istruzione religiosa e c’è una scuola, per insegnare ai ragazzi le nozioni principali e poi un mestiere. Nascono così i laboratori. Il suo oratorio è anche il cortile dove si incontrano gli amici, dove si gioca, dove si sta insieme.
Ancora oggi in Italia ci sono dappertutto oratori anche nelle parrocchie piccole con una vera e propria struttura: spazi, attività, animatori, il tutto ispirato a don Bosco. Ma l’oratorio non è solo una realtà italiana. L’oratorio appartiene alla Chiesa, perché non solo don Bosco e poi i salesiani si sono occupati di oratori, ma anche altri educatori, altri santi hanno operato nello stile del sistema educativo e preventivo e da questo desiderio sono usciti diversi modelli di oratorio.
Il principio di prevenzione. Prevenzione è una parola molto moderna. Che cos’è il principio di prevenzione nella pedagogia di don Bosco?
Prevenire fa pensare al vietare, al non permettere di fare qualcosa per difendere da situazioni pericolose. Questa è una connotazione negativa di prevenzione, una sorta di sistema di polizia e di controllo. Certamente è un aspetto presente nell’idea di don Bosco di prevenzione, ma non è il principale. L’idea centrale della prevenzione in don Bosco è quella di mettere i ragazzi nella condizione di non commettere peccati, di non fare del male né agli altri né a se stessi, di non diventare preda del male. E questo lo si raggiunge non attraverso proibizioni e divieti ma guadagnando il cuore e la fiducia del ragazzo, le sue motivazioni più profonde, facendo di tutto per diventare l’amico, fratello, padre del giovane ma anche dell’adulto e poterlo guidare.
Don Bosco raccomandava ai salesiani:
“Studia il modo di farti amare, non di farti temere“
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Fa’ di tutto affinché i ragazzi ti vogliano bene, ti amino e non abbiano paura di te. Voler bene non a parole ma facendo capire che sono amati. Questo lo percepiscono e in questo modo aprono il loro cuore e risponderanno con l’amore. Don Bosco rispondeva con lo stesso amore e una dedizione totale.
La prevenzione poi che si regge su tre pilastri: ragione, religione, amore o amorevolezza. Ragione vuol dire soprattutto chiarezza, conoscere il ragazzo e studiare la sua situazione ed essere chiari nelle esigenze. Quindi chiarezza da parte dell’educatore. Don Bosco è un uomo di regolamenti. Ma significa anche, e non secondariamente, sviluppare la ragione anche nei giovani, e quindi istruire e far capire.
La ragione poi è legata alla religione in lui, in primo luogo al timor di Dio. Il timor di Dio non è la paura davanti a Dio ma è il timore di perderlo, di perdere la relazione con Dio. Da qui il compito di formare la coscienza, aiutare i ragazzi a istaurare un rapporto vitale con Dio. Per don Bosco tutto è religione: non solo i sacramenti, le confessioni, le adorazioni, il catechismo, la liturgia viva, vivace con musica, canto ma anche il teatro, per esempio, è religione, perché tutto è gioia intorno alla fede affinché la gente veda come è bella la fede, come la Chiesa è attraente, come Dio è attraente. Ma esiste un rischio e don Bosco ne era consapevole, se si punta tutto sulla religione: il rischio è quello del rigorismo e del fondamentalismo. Per questo occorre il terzo elemento che è l’amorevolezza. Questo significa accompagnare i ragazzi, vivere con loro la giornata, il gioco, lo studio, percepire i loro momenti di difficoltà e incoraggiarli facendo loro vedere delle prospettive. Ecco l’amore secondo don Bosco. Non è il lassismo del “tutto va bene”, né sono le pacche sulle spalle. È un amore controllato dalle esigenze, dalla ragione e d’altra parte anche dalla religione. L’amore non mi permette di concederti tutto perché rischi di non salvarti se fai certe cose. Ecco, è l’amore educativo.
Da questo trinomio, regione, religione e amorevolezza esce l’educatore salesiano che assiste, che vive giorno dopo giorno coi giovani, che li ama e crede in Dio che ama i giovani.
Vivere a contatto con la gente: i salesiani a guida della comunità cattolica italiana di Mainz. Quali sono i principi guida che si rifanno maggiormente a don Bosco?
La comunità di Mainz è la comunità degli emigrati e la scelta dei salesiani dell’ispettoria di Verona di venire a Mainz fu ben precisa. Così da Gummersbach vicino a Colonia si spostarono allora a Mainz a guidare la missione cattolica italiana. Trovarono un centro parrocchiale ben strutturato come St. Emmeran, una casa e una chiesa. Quando i salesiani italiani dovettero ritirarsi per limite di età, non trovando più il personale in Italia, vennero i salesiani da altri paesi, prima gli ucraini e poi noi dal Nord della Polonia. Ed è stato bello perché la richiesta venne anche dalla provincia tedesca dei salesiani, il consiglio provinciale di Mainz infatti ci teneva molto che il carisma salesiano continuasse a esserci qui e anche la diocesi la sostenne dicendo di aver bisogno del carisma salesiano.
L’intento era molto chiaro e noi dalla Polonia siamo venuti qui per portare avanti il carisma salesiano: la cura dei migranti è iscritta nelle prime esperienze dei missionari di don Bosco (si legga sotto della missione in Argentina); il bene dei giovani che si traduce con la presenza del gruppo giovani, con il catechismo ma anche con il lavoro con le famiglie e il clima di festa. Il catechismo della missione di Mainz è ben strutturato: ci sono 26 persone impegnate nel catechismo: per le famiglie, per i bambini, per i giovani.
Oratorio – È abbastanza difficile fare una proposta oratoriana, di oratorio festivo, fisso, dove i ragazzi quando hanno tempo possono venire, perché vivono lontani. La missione non è solo a servizio per il centro di Mainz ma copre una vasta zona, quindi organizziamo momenti di attività oratoriana, come il Gioca con noi, le ferie autunnali, alcune gite, le attività del gruppo giovani e poi la formazione dei volontari, degli animatori per cercare di rispondere ai bisogni dei giovani.
Il clima della festa è importante. La festa è aperta, informale, organizzata ma in modo che la struttura non pesi, affinché non diventi solo regolamenti e divieti ma che sia quanto più possibile accogliente.
Un altro aspetto importante per noi salesiani è di poter vivere assieme. Questo non è sempre stato ben compreso dai responsabili del Pastoralraum (le nuove unità pastorali che si stanno formando in diocesi, n.d.r.). Probabilmente la missione di Mainz dovrà lasciare i locali e la chiesa St. Emmeran, considerata in cattivo stato e irrecuperabile, ma una sistemazione futura dovrà tener conto di un appartamento per la piccola comunità che siamo. È intervenuto il provinciale, si è ripreso il dialogo. La vita assieme dei salesiani, la comunità aperta che vive a contatto diretto, con la gente, che fa entrare anche la gente nella nostra vita sono elementi imprescindibili del nostro carisma. Per noi è normale organizzare qualcosa da mangiare in missione, assieme con la nostra gente, anche in modo spontaneo oppure invitare le persone a casa per mangiare qualcosa con noi.
C’è questa questa disponibilità, non salesiani non abbiamo l’orario di ufficio e cerchiamo di essere disponibili per parlare, sbrigare le cose quando le persone hanno tempo, la mattina, la sera, anche tardi. Il lato formale è limitato. In questo c’è il principio di don Bosco “studia di farti amare” affinché la gente non abbia paura di te, che venga volentieri che si senta a casa, accolta. Ciò diventa sempre più difficile da proporre, non tutti lo capiscono. Chi ci conosce condivide questa nostra disposizione. Altri che non hanno capito l’arrivo di salesiani di altra nazionalità e che si sono allontanati un po’ dalla missione, vivono di ricordi dicendo “oh, tempo fa era diverso, si facevano altre cose”.
Un altro criterio è invitare i laici a essere responsabili per la nostra missione. C’è il personale e tanti volontari che viviamo come una famiglia che condividono le idee e sono disponibili. Portano avanti lo spirito salesiano.
La famiglia salesiana ha portato questi principi in tutto il mondo. Il principio di prevenzione è più che mai attuale. Come si realizza oggigiorno?
Non era solo un metodo educativo ma uno stile di vita, una fonte di spiritualità che forma le persone, gli educatori. L’andata dei salesiani in tutto il mondo ha portato questo metodo in luoghi dove si è attualizzato in modalità diverse secondo i bisogni della gente.
I primi salesiani sono andati in Argentina tra gli immigrati italiani e gli indios della Patagonia, della Pampa. Pur nelle difficoltà sono sono riusciti a entrare in contatto con la popolazione, a creare istituzioni educative e in poco tempo sono riusciti ad avere allievi tanto bravi che alcuni di loro sono diventati santi, come Laura Vicuña, Zefirino Namuncura, che sono beati e san Domenico Savio. Non era solo un metodo educativo ma uno stile di vita, una fonte di spiritualità che forma le persone, gli educatori.
Andare in tutto il mondo ha portato avanti l’azione dei salesiani e a diversificarla. La famiglia salesiana riesce a lavorare in diversi contesti proprio ispirandosi al sistema educativo preventivo. Abbiamo salesiani che dirigono università, salesiani che, alle stazioni missionarie, lavorano nel recupero delle vittime del turismo sessuale e dei ragazzi e ragazze sfruttati dal lavoro, di quelli costretti a fare i soldati, vittime della guerra. La risposta di don Bosco, oggi si adatta a tanti contesti: da un semplice oratorio di un paesino sperduto fino a una università moderna che fa crescere specialisti di alto livello, tutti conservano il carattere popolare di don Bosco.
In Italia ci sono tanti istituti, tante scuole, tanti collegi, ci sono centri importanti, come a Milano. A Roma c‘è l’università salesiana. C’è un ventaglio di attività che va dall’associazionismo, alle polisportive, alle case editrici (abbiamo case editrici EDC, la Sei, la Don Bosco Verlag a Monaco). Anche qui in Germania (Si veda il portale don Bosco international) abbiamo delle opere molto interessanti come il centro giovanile di Bamberga che ruota intorno all’idea di un vero circo e i ragazzi vengono preparati a fare degli spettacoli. Abbiamo un’altra esperienza di oratorio a Treviri (Trier) dove c’è l’ex caserma dell’esercito e i nostri confratelli lavorano con tanti ragazzi per insegnare loro dei mestieri. A Chemnitz ci sono opere educative di recupero di ragazzi, di formazione professionale ma anche di oratorio ambulante, dove i nostri confratelli con un grande pullman girano da un quartiere all’anno e istallano un oratorio festivo dove la gente dei dintorni viene a giocare.
C’è poi un don Bosco club a Colonia dove sono cresciuti tanti ragazzi che hanno ritrovato la vita. C’è una grande opera educativa a Berlino; a Monaco si trova un grande centro con scuole professionali. Ci sono alcune opere che non esistono più come le scuole agricole. Poco fa abbiamo chiuso un convitto a Norimberga.
In Polonia abbiamo oratori parrocchiali, scuole medie e superiori e qualche scuola elementare. La scuola di pedagogia dei salesiani è entrata a far parte dell’università di Varsavia diventando la facoltà di pedagogia di questo ateneo.
Infine abbiamo le procure missionarie sia in Polonia che in Germania. Qui ci sono due comunità cattoliche italiane con i salesiani, a Mainz e a Colonia. La varietà delle opere salesiane è enorme sono tante realtà di pastorale giovanile che i salesiani portano avanti ispirati da don Bosco.
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