ESCLUSIVO - Moro, l'ultima verità. Nei documenti top secret Usa l'ordine di Kissinger all'Italia

«Siamo più preoccupati per un partito comunista responsabile che per uno irresponsabile, perché se sembra responsabile sarà a lungo termine una minaccia più grande perla democrazia». È diretto Henry Kissinger nell'incontro con Aldo Moro il 25 settembre 1974 alla Casa Bianca. Il Segretario di Stato americano lancia un ultimatum chiarissimo al ministro degli Esteri italiano che cerca di smorzare i toni mentre il governo si prepara ad aprire ad un appoggio esterno del Pci. «Trova che i comunisti agiscano in modo più responsabile?», chiede il presidente statunitense Gerald Ford. «Il Partito comunista nel nostro Paese sembra essere più moderato e prende posizioni che apprezziamo», gli risponde il Capo di Stato italiano Giovanni Leone. «Penso che siano un po' più indipendenti», s'inserisce Moro. Ma Ford è netto: «Apparendo responsabili potrebbero avere un impatto sulle politiche italiane. Vogliamo continuare a collaborare con i gruppi centristi nello stesso modo in cui abbiamo fatto dal 1946

ESCLUSIVO - Moro, l'ultima verità. Nei documenti top secret Usa l'ordine di Kissinger all'Italia

«Siamo più preoccupati per un partito comunista responsabile che per uno irresponsabile, perché se sembra responsabile sarà a lungo termine una minaccia più grande perla democrazia». È diretto Henry Kissinger nell'incontro con Aldo Moro il 25 settembre 1974 alla Casa Bianca. Il Segretario di Stato americano lancia un ultimatum chiarissimo al ministro degli Esteri italiano che cerca di smorzare i toni mentre il governo si prepara ad aprire ad un appoggio esterno del Pci. «Trova che i comunisti agiscano in modo più responsabile?», chiede il presidente statunitense Gerald Ford. «Il Partito comunista nel nostro Paese sembra essere più moderato e prende posizioni che apprezziamo», gli risponde il Capo di Stato italiano Giovanni Leone. «Penso che siano un po' più indipendenti», s'inserisce Moro. Ma Ford è netto: «Apparendo responsabili potrebbero avere un impatto sulle politiche italiane. Vogliamo continuare a collaborare con i gruppi centristi nello stesso modo in cui abbiamo fatto dal 1946».

Kissinger è durissimo: «Non potremmo scambiare informazioni militari se entrassero nel governo». Il nocciolo del problema è tutto qui. Il Pci non potrà mai guidare Palazzo Chigi perché potrebbe venire a sapere segreti della Nato che poi finirebbe per passare all'Urss, potenza rivale degli Usa nella Guerra Fredda che dilania in quel momento l'Occidente. Il giorno seguente Leone cerca di convincere: «Quando gli incontri tra Stati Uniti e Unione Sovietica vanno avanti, è difficile per noi dire che i Rossi sono i nemici della democrazia». «Se la Nato deve essere forte, non possiamo permettere che i comunisti partecipino alla vita politica di nessuno Stato membro», taglia corto Ford. E dopo, fuori dalla riunione e da orecchie indiscrete, quella minaccia al leader Dc rimasta nella storia: «Onorevole, lei la deve smettere di perseguire il suo piano politico o la pagherà cara». Moro la riporterà alla moglie, Eleonora Chiavarelli, e al fedele portavoce, Corrado Guerzoni. Entrambi testimonieranno in tribunale che il rapimento del presidente della Democrazia Cristiana fu preceduto da minacce di morte. Domani sarano 47 anni di misteri dal 16 marzo 1978, quando in via Mario Fani, a Roma, Aldo Moro venne sequestrato da un commando delle Brigate Rossee i cinque uomini della scorta uccisi. Quella mattina si stava recando in Parlamento per presentare il nuovo governo che avrebbe avuto, appunto, l'appoggio del Pci. Mail «compromesso storico» non s'aveva da fare. I verbali delle due riunioni a Washington erano stati nel frattempo secretati. Da chi? Da Henry Kissinger, come si può vedere sulle relazioni ora custodite nella Ford Library, la biblioteca che raccoglie i documenti del trentottesimo presidente Usa, entrato in corsa alla Casa Bianca dopo le dimissioni di Richard Nixon travolto scandalo Watergate. Quei documenti sono stati declassificati. A rileggerli, avendo a mente ciò che accadde nei 55 giorni più lunghi della storia d'Italia e negli anni immediatamente successivi, si comprende come c'era molto da nascondere. A partire da Stay Behind, la rete di controguerriglia in caso di invasione sovietica. A passare in via Fani quella mattina c'è il colonnello del Sismi Camillo Guglielmi, istruttore presso la base di Gladio a Capo Marrargiu, in Sardegna. Ai magistrati racconterà che era lì, alle 9.30, perché invitato a pranzo dal colonnello Armando D'Ambrosio che viveva in via Stresa 117. L'amico confermerà di averlo ricevuto ma negherà qualsiasi invito al desco. Sul brogliaccio della questura è riportato: «Ore 9.03. Spari in via Fani».

La strage è compiuta. I poliziotti Giulio Rivera e Salvatore Iozzino vengono uccisi a mitragliate. L'agente Francesco Zizzi morirà più tardi al Policlinico Gemelli per le ferite riportate. Falciati pure l'appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, autista di Moro, e il caposcorta, il maresciallo Oreste Leonardi, l'uomo che decideva all'ultimo minuto il percorso del convoglio in base al traffico. Quel giorno quando sente sparare ha un attimo di esitazione. Pare che nel gruppo di fuoco abbia riconosciuto qualcuno. Qualcuno forse legato a Gladio? Gli atti giudiziari raccontano che vennero sparati 93 colpi, 49 dalla stessa arma e determinanti per l'azione. La verità ufficiale sostiene che a compiere l'assalto fu il commando delle Brigate Rosse composto da Valerio Morucci, Raffaele Fiore, Prospero Gallinari e Franco Bonisoli. Mario Moretti, il capo della colonna romana, a bordo di una Fiat 128 giardinetta, aveva il compito di farsi tamponare dall'auto presidenziale così da bloccarla. Mentre Barbara Balzerani, Alvaro Loiacono e Alessio Casimirri dovevano «isolare» la strada e bloccare macchine e passanti. L'avvio alla strage lo diede, come accertato dagli inquirenti, Rita Algranati agitando un mazzo di fiori all'arrivo della vettura di Moro. Numerosi testimoni dissero che a sparare non furono quattro persone, ma almeno otto-nove e che vestiti da steward c'erano altri due terroristi a cavalcioni di una moto Honda oltre quelli nascosti dietro le fioriere del bar Olivetti. Il procuratore generale presso la Corte d'Appello Luigi Ciampoli portò a dodici i componenti del commando, di cui fecero parte anche elementi non appartenenti alle Br, e a 25 il numero complessivo delle persone coinvolte nell'operazione. Ma è ancora top secret il nome del killer dei 49 colpi.

Un professionista «non europeo», secondo alcuni. Di mai chiarito ci sono pure i proiettili, alcuni provenienti dai depositi Nasco a disposizione di Gladio. Di segreti ne stava svelando anche Moro nella prigione del popolo che la storiografia ufficiale vuole «solo» in via Camillo Montalcini, ai Colli Portuensi, ma che accertamenti successivi hanno individuato in via dei Massimi, alla Balduina. Nella lettera allo «smemorato» Paolo Emilio Taviani, prima amico poi rivale nel partito, ricorda la «quotidiana lotta» dopo aver saputo che lui, Moro, intendeva portare la Dc verso un accordo con i comunisti. Una lotta «tale da far sospettare eventuali interferenze di ambienti americani». E dopo aver ricordato che Taviani come ministro della Difesa e dell'Interno ha avuto contatti con «tutti i complessi meccanismi, centri di potere e diramazioni segrete che essi comportano», chiede: «Vi è forse nel tener duro contro di me un'indicazione americana o tedesca?». «Paolo Emilio Taviani è stato con Aldo Moro e Gaetano Martino uno dei padri di Gladio. Io ero un piccolo amministratore», dirà nel 2008 Francesco Cossiga, l'ex presidente della Repubblica che nei giorni del sequestro era a capo del Viminale.

L'ombra di Gladio, la parte italiana dell'operazione Stay Behind messa in piedi per contrastare un'eventuale invasione dei Paesi del Patto di Varsavia, è sempre presente. Fa paura a molti che il prigioniero alluda all'organizzazione nata negli Anni Cinquanta da un accordo tra Cia e servizi segreti italiani e affonda le radici nelle Brigate Osoppo, battezzate nel seminario arcivescovile di Udine il 24 dicembre 1943. Non è un caso che nel dopoguerra 100 dei 139 depositi Nasco vennero occultati in Friuli e nella Venezia-Giulia, il confine della Nato con il mondo comunista che a sua volta aveva la Gladio Rossa da attivare in caso di insurrezione in Italia. Negli interrogatori nella prigione del popolo Moro potrebbe rendere noto ciò che i politici sanno ma agli italiani è nascosto.

Quando il 25 settembre 1974 Leone e Moro cercano di convincere il presidente americano che i comunisti italiani sono «più responsabili e indipendenti dall'Urss» il discorso vola subito alla Jugoslavia, a quel confine con il nemico da difendere ad ogni costo. «Cosa succederà quando Tito se ne andrà?», chiede il Capo di Stato italiano. «La Jugoslavia è composta da molte nazionalità in conflitto tra loro, tenute insieme solo da Tito, e la sua scomparsa può rappresentare una vera minaccia perla sicurezza nel Mediterraneo». Il presidente statunitense Ford non lascia alcuna possibilità ad aperture: «La partecipazione dell'Italia alla sicurezza di quest'area d'Europa è essenziale». Quindi la rete Gladio e i depositi con le armi in Friuli sono questioni che i comunisti non devono sapere. Leone cerca ancora una breccia. «L'Italia in politica estera è sempre stata fedele alla Nato- riporta il documento top secret della Casa Bianca- Molti confondono l'instabilità dei nostri governi con la stabilità politica. Non è così. Infatti, dal 1946 siamo stati stabili con una politica estera costante».

Niente da fare. Ford è categorico: in nessun Paese dell'Alleanza i comunisti possono entrare al governo, prima di tutto perché salterebbe Stay Behind. Il 16 marzo 1978 il destino vuole che Aldo Moro venga sequestrato mentre sta portando in Parlamento la lista dei ministri del nuovo governo che avrebbe avuto il sostegno del Pci. Il 9 maggio il corpo crivellato di proiettili verrà ritrovato in una Renault 4 rossa posteggiata in via Michelangelo Caetani, a metà strada tra Botteghe Oscure, sede del partito comunista, e piazza del Gesù, quartier generale della Dc. «Moro mi ha dato una lezione di politica. Non mi opporrò mai a lui», aveva detto Kissinger nel verticedi quattro anni prima a Washington.

Qual è la vostra reazione?

like

dislike

love

funny

angry

sad

wow