Età psicologica: quanti anni ti senti dentro? Perché fa la differenza

Qual è la vostra età psicologica? Vi siete mai chiesti quanti anni...

Età psicologica: quanti anni ti senti dentro? Perché fa la differenza

Qual è la vostra età psicologica? Vi siete mai chiesti quanti anni vi sentite “dentro”? Ecco perché dovreste farlo

L'altro giorno, stavo cenando con mia madre, quando d'un tratto lei mi ha chiesto: «Quanti anni pensi che abbia?». Ho capito che non si riferiva alla sua età anagrafica, che è un dato oggettivo e non è materia di opinione, ma a quella, diciamo, interiore. Ho fatto una pausa, poi abbiamo dato entrambe la stessa risposta, quasi all'unisono: «12».

Ovviamente, mia madre non ha 12 anni, ma trovo che in lei ci sia effettivamente qualcosa della dodicenne. È difficile da spiegare senza diventare troppo astratti. È un'essenza, una sorta di modalità centrale dell'essere, come se il suo vero Io fosse stato plasmato a quell'età, o qualcosa del genere. «E tu, invece, qual è la tua età interiore?», mi ha chiesto subito dopo, mentre mi rovesciava nel piatto una generosa porzione di risotto. La mia risposta è stata meno diretta e più complicata, perché credo di avere tre età, una delle quali non ancora raggiunta: «11, 17 e 42».

Un'età che non cambia (come un segno zodiacale)

Il concetto di un'età psicologica, o interiore, può sembrare un'assurdità, eppure, se chiedi alle persone quale sia la loro, perlopiù ti daranno una risposta precisa. Si tratta di un'età che tende a non cambiare nel tempo. È l'età che avremo sempre, che ci resterà incollata come il nostro segno zodiacale. Mia moglie, su questo siamo entrambe d'accordo, è in realtà «un uomo di 70 anni che è stato un rocker», ma anche «una teenager iperattiva». La sua età interiore si combina con un cambiamento di genere, un Io profondo che contrasta con il suo aspetto esteriore. Quando ho chiesto alla mia collega Hayley quanti anni avesse “dentro”, lei ha risposto senza esitazione: «72». Poi, dopo qualche attimo di riflessione, ha aggiunto: «Sei mesi». Un'altra mia amica ha dato una risposta più articolata: «Tra i 13 e i 19 anni, ed è per questo che trovo così ingiusto dover lavorare».

Lo dice la scienza: l'età che percepiamo si riflette su quella che dimostriamo

Si potrebbe pensare che avere un'età e sentirsene un'altra non faccia molta differenza rispetto all'avere esattamente gli anni che si percepiscono a livello interiore. Tutti invecchiamo – se siamo fortunati, ovviamente – e soffriamo le conseguenze dell'inesorabile marcia del tempo, indipendentemente dal fatto che ci piaccia giocare a The Sims come se avessimo ancora 11 anni (è il mio caso, lo ammetto). E tuttavia, varie ricerche scientifiche suggeriscono che l'età percepita faccia la differenza a livello fisico. Ad esempio, uno studio sudcoreano del 2018 basato su scansioni cerebrali ha evidenziato come le persone che si sentono più giovani rispetto alla loro età anagrafica presentino una materia cerebrale più spessa e con un minor grado di deterioramento. Al contrario, la scienza ci dice che chi si sente più vecchio è soggetto a un rischio maggiore di ricoveri ospedalieri, depressione e disturbi del sonno. Che cosa questo significhi nel caso di chi si sente al contempo anziano e bambino resta tutto da verificare (peraltro, ho l'impressione che questi studi siano più focalizzati sulle condizioni fisiche che sull'età psicologica), ma si tratta comunque di dati interessanti.

Affinità elettive e fattori sociali

Non sono una scienziata e quanto sto per dire si basa unicamente su una percezione soggettiva, ma ho l'impressione che, in generale, le persone tendano a gravitare verso chi ha un'età psicologica simile alla loro. Due mie buone amiche mi hanno confessato che anche loro, a volte, si sentono delle adolescenti, anche se hanno più di trent'anni. Quando usciamo insieme, sembriamo delle teenager che, dopo la scuola, scalpitano per andare al centro commerciale e, se ci riuniamo a casa mia, finiamo inevitabilmente per giocare a Dance Mat nel mio salotto. Con loro mi sento a mio agio, perché anch'io vivo una sorta di adolescenza interiore. La mia amica Emily ritiene che questo comportamento vada attribuito al fatto che i millennial hanno subito una sorta di infantilizzazione di massa, non potendo permettersi di conseguire determinati traguardi, come comprare casa o avere figli. «Siamo più concentrati su ciò che ci dà gioia, il che, per quanto mi riguarda, significa uscire con le amiche e giocare con la playstation», dice.

Giovani o vecchi si nasce

Una teoria affascinante, quella di Emily, ma non credo che siano solo le condizioni sociali a stabilire la nostra età interiore. Secondo me, è qualcosa con cui si nasce, o che perlomeno si manifesta prestissimo. Per esempio, ci sono persone – probabilmente ve ne verranno in mente diverse di vostra conoscenza – che semplicemente non riescono a essere bambini. Sono programmate per essere degli adulti. Quando guardo le foto di mia moglie durante l'infanzia, ho l'impressione di vederla a disagio, come se trovasse poco congeniale comportarsi da bambina. È un po' lo stesso effetto che mi fa Helen Mirren. Altre persone, invece, come Leonardo DiCaprio, sono degli eterni ragazzi, anche a 50 anni. Ho la sensazione che se si chiedesse all'attore americano la sua età psicologica, la risposta non sarebbe 50 anni.

Provate a cambiare domanda

In generale, ritengo che l'età anagrafica sia perlopiù priva di significato, a parte essere un indicatore del bagaglio di esperienza accumulato, della fase di vita che si sta attraversando e del grado di salute fisica di cui si gode (e dico “perlopiù” perché, sebbene una parte di me si senta una diciassettenne, non ho alcuna intenzione di iniziare a frequentare dei veri diciassettenni, con i quali non avrei nulla in comune). Il modo in cui affrontiamo la vita è, con ogni probabilità, ben più importante di quello che di noi racconta l'anagrafe. Quindi, la prossima volta in cui vi viene voglia di chiedere a qualcuno quanti anni ha, provate a fargli una domanda diversa: quanti anni ti senti dentro?

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Questo articolo è stato pubblicato originariamente su British Vogue.

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