Gaza. Il ritorno del “grande gioco”: Parigi, Il Cairo e Amman tracciano il futuro senza Hamas

di Giuseppe Gagliano –
Nel cuore della crisi più profonda del Medio Oriente, tre capitali si sono ritrovate per ridisegnare il futuro di Gaza. Francia, Egitto e Giordania, un trio che unisce ambizioni globali, peso regionale e fragili equilibri interni, si sono pronunciati a favore di un ritorno dell’Autorità Palestinese nella Striscia, escludendo categoricamente qualsiasi ruolo per Hamas.
Dopo anni di paralisi diplomatica e con il processo di pace sepolto sotto le macerie dei bombardamenti, Emmanuel Macron, Abdel Fattah al-Sisi e re Abdullah II rilanciano la vecchia opzione Fatah. Una proposta che suona come il tentativo di restaurare un ordine ante-2007, quando Hamas prese il controllo di Gaza in una guerra fratricida. Ma i tempi sono cambiati, e la realtà sul terreno non può essere liquidata con formule diplomatiche.
Israele, deciso a eliminare Hamas dopo l’attacco del 7 ottobre 2023, ha rilanciato le operazioni militari e paralizzato ogni passaggio umanitario. E mentre gli aerei colpiscono, Macron si oppone a ogni tentativo di trasferimento forzato della popolazione. Una presa di posizione che sembra rispondere indirettamente all’“opzione Trump”: espellere i gazawi e affidare la Striscia a un protettorato sunnita amico degli USA.
Il vertice del Cairo non ha solo messo all’angolo Hamas, ma ha anche messo in discussione la proposta americana, rafforzando l’asse euro-arabo per la ricostruzione. Al centro c’è il piano approvato dalla Lega Araba: 53 miliardi di dollari per ricostruire Gaza. Una montagna di denaro che rischia di restare sulla carta se non accompagnata da una vera strategia politica. I tre leader chiedono un cessate-il-fuoco immediato e soprattutto la ripresa dei negoziati per una soluzione a due Stati. Un’eco dell’ultima diplomazia possibile, in un contesto in cui ogni mediazione è schiacciata dalla brutalità delle armi.
E mentre Gerusalemme Est torna al centro delle rivendicazioni, si delinea un nuovo fronte: quello della tutela dei luoghi santi, minacciati, secondo Amman, dalle provocazioni israeliane. Il dossier siriano e il blocco del Canale di Suez, colpito dagli Houthi yemeniti, completano il quadro: non è solo Gaza a bruciare, ma l’intero scacchiere mediorientale.
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