Giorgia Meloni e Marina Berlusconi, le iron ladies e un futuro ravvicinato

You're fired! Lo show ad alzo zero tra Trump e Zelensky ha mandato in tilt la diplomazia europea che si riunisce oggi a Londra. In soli novanta giorni il mondo è davvero cambiato. In questo scenario, l'Italia ha due Iron Ladies: Giorgia e Marina. Diverse tra loro, ma insieme possono fare la differenza. Sullo sfondo, la figura di un gigante come Silvio Berlusconi, che riuscì nell'impresa di ancorare Forza Italia al Partito Popolare Europeo-PPE e, al tempo stesso, essere il principale alleato di Bush e di Putin, suggellando nel 2002 il Consiglio NATO-Russia a Pratica di Mare. Tempra da equilibrista, la sua. Oggi, la primogenita del Cavaliere sussurra al governo un diverso approccio e spinge per un mix sperimentale: meno conservatorismo e più socialdemocrazia, meno giustizialismo e più liberalismo, meno burocrazia e dazi. Giorgia, al netto dei fuori onda dell'ex compagno Giambruno e di qualche scontro sugli extra-profitti, la osserva con interesse. Intanto, c'è chi - capitanato da Antonio

Giorgia Meloni e Marina Berlusconi, le iron ladies e un futuro ravvicinato

You're fired! Lo show ad alzo zero tra Trump e Zelensky ha mandato in tilt la diplomazia europea che si riunisce oggi a Londra. In soli novanta giorni il mondo è davvero cambiato. In questo scenario, l'Italia ha due Iron Ladies: Giorgia e Marina. Diverse tra loro, ma insieme possono fare la differenza. Sullo sfondo, la figura di un gigante come Silvio Berlusconi, che riuscì nell'impresa di ancorare Forza Italia al Partito Popolare Europeo-PPE e, al tempo stesso, essere il principale alleato di Bush e di Putin, suggellando nel 2002 il Consiglio NATO-Russia a Pratica di Mare. Tempra da equilibrista, la sua. Oggi, la primogenita del Cavaliere sussurra al governo un diverso approccio e spinge per un mix sperimentale: meno conservatorismo e più socialdemocrazia, meno giustizialismo e più liberalismo, meno burocrazia e dazi. Giorgia, al netto dei fuori onda dell'ex compagno Giambruno e di qualche scontro sugli extra-profitti, la osserva con interesse. Intanto, c'è chi - capitanato da Antonio Tajani, vicepremier e leader di Forza Italia, e dal super istituzionale Gianni Letta - lavora dietro le quinte per un incontro ravvicinato. Il futuro di Forza Italia è oggetto di un vivace dibattito tra Palazzo Chigi e i gruppi parlamentari. Qualcuno azzarda perfino di rimuovere il nome di Berlusconi dal simbolo del partito, ipotesi che la famiglia respinge - pur avendo commissionato un sondaggio in proposito - insieme a parlamentari come Bergamini e Rossello (tendenza Marina B.), Bagnasco (Pier Silvio B.), Perego e Valentini (Luigi B.), Marrocco (Paolo B.) e Fascina (Confalonieri/Dell'Utri). Altri esplorano scenari più concreti: ad esempio, nuovi finanziatori pronti a coprire gli 80 milioni di euro di fideiussioni rimasti sul groppone degli eredi. Spuntano già alcuni nomi: Letizia Moratti, che potrebbe entrare con un ruolo di rilievo "staccando tre quadri dalle sue pareti", suggerisce un amico malizioso; Gianfranco Librandi, pronto a finanziare nuove ambizioni politiche dopo la parentesi con Renzi; e alcuni imprenditori del Sud, vicini ad Antonio Martusciello, ras della Campania, e al governatore calabrese Roberto Occhiuto.

 

 

Nel frattempo, nel nuovo quadro geopolitico mondiale con un Trump scatenato, la Meloni punta, ma deve fare in fretta, al “make Italia great again” per lasciare il segno e far dimenticare alcuni scivoloni: dal caos nei Servizi (Dis, Aisi e Aise) ai ‘Fratelli' chiacchieroni. La contingenza è favorevole: il Parlamento e la Commissione europea appena formati hanno davanti cinque anni; Donald Trump, tornato incontenibile alla Casa Bianca, ne avrà per quattro; in Germania, la coalizione centrista-moderata è tornata saldamente al comando, priva di estremismi, ed Emmanuel Macron resterà all'Eliseo fino alla primavera del 2027. In Italia la Meloni ha qualche mese in più - il suo mandato scadrà nell'autunno dello stesso anno - ma quasi la metà del tempo a disposizione è già andato. A meno che non decida di anticipare le elezioni per ricalibrare le carte nel 2029 e mirare dritta al Quirinale. Tuttavia, dove vogliono davvero andare lei, il suo partito e la sua maggioranza? Seguire le orme del Berlusconi padre, che credette in lei e che sapeva tessere alleanze e trovare sempre la quadra, o chiudersi in una cerchia di fedelissimi? Il bivio è obbligato: isolarsi o aprire il dialogo.

 

 

Un precedente istruttivo c'è: dopo le europee del 2019, Silvio offrì a Salvini un ticket d'ingresso nel PPE, per proiettare la Lega nel salotto buono di Bruxelles. Salvini scelse la parabola del Papeete. Oggi Meloni ha davanti a sé lo stesso bivio. L'assist per il grande salto arriva ancora una volta da una Berlusconi, questa volta Marina, che nelle sue rare ma incisive dichiarazioni pubbliche sembra riecheggiare i valori paterni: moderazione, reale pragmatismo, dialogo con le imprese e un pizzico di quel "buon governo" che il Cavaliere rivendicava con orgoglio. Se la premier è davvero preoccupata, come sembra, dalle scosse di assestamento politiche mondiali, indecisa se legarsi definitivamente a Trump - con tutto ciò che comporta in termini di imprevedibilità, come si vede in queste ore - perché non confrontarsi da donna a donna con chi la stima e sostiene e che può portare acqua fresca al suo mulino? Se è vero che le elezioni tedesche, i cui risultati erano peraltro stati anticipati da Marina, hanno segnato un punto di svolta con un'affluenza record dell'84%, è altrettanto vero che l'Italia, per ragioni storiche e culturali, ha più affinità con il modello teutonico che con quello francese. Il sistema proporzionale - che consente di scegliere sia il partito che il candidato - e la sfiducia costruttiva garantiscono stabilità, così come l'alternanza CDU-SPD impedisce derive estremiste. Ma per abbracciare un modello del genere, Meloni dovrebbe mettere da parte alcune delle riforme a cui tiene di più, a partire dal premierato su cui è lodevolmente impegnata la ministra Casellati. Ci riuscirà? L'alternativa è continuare a procedere a occhi chiusi sul turbo-atlantismo.

Marina Berlusconi - con l'affidabile Tajani che, a breve, sarà riconfermato per acclamazione vicepresidente del PPE, può contare su una Forza Italia rinnovata, con molte anime dialoganti: da Barelli a Gasparri, da Mulè a Cattaneo, da Schifani a Cappellacci. E magari anche con significativi innesti provenienti da partiti e personalità della stessa maggioranza o, addirittura, dall'opposizione (dalle parti di Renzi, Calenda e degli ex Margherita) e dalla società civile, per allargare il perimetro. Le ultime elezioni hanno visto un'affluenza di circa il 60% e l'attuale coalizione su tutto il corpo elettorale governa approssimativamente con un non entusiasmate 25%. Molti forzisti sono convinti di poter far tornare alle urne gli elettori moderati che oggi, stanchi di populismi e demagogia, per sfiducia e protesta non vanno più a votare. Giorgia è una politica nata e Tajani la aiuta sulla scena internazionale per la sua esperienza, ma la chiave per essere una vera leader passa dalle decisioni che si prendono e dalle porte che si possono aprire. Il potere logora chi non sa usarlo. Giorgia lo sa?

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