Giornalismo sotto attacco: il caso Gabriele Carchidi e i rischi di una deriva autoritaria
lentepubblica.it Un giornalista trascinato a terra, immobilizzato e arrestato senza una reale giustificazione: il caso che sta facendo discutere ha visto protagonista Gabriele Carchidi, direttore del portale d’inchiesta Iacchitè. In uno Stato democratico, chi svolge il ruolo di watchdog della società non dovrebbe temere intimidazioni, tanto meno da parte di chi è chiamato a garantire la […] The post Giornalismo sotto attacco: il caso Gabriele Carchidi e i rischi di una deriva autoritaria appeared first on lentepubblica.it.

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Un giornalista trascinato a terra, immobilizzato e arrestato senza una reale giustificazione: il caso che sta facendo discutere ha visto protagonista Gabriele Carchidi, direttore del portale d’inchiesta Iacchitè.
In uno Stato democratico, chi svolge il ruolo di watchdog della società non dovrebbe temere intimidazioni, tanto meno da parte di chi è chiamato a garantire la legalità. Eppure, le immagini di un giornalista trascinato a terra, immobilizzato e denunciato per resistenza, raccontano una realtà ben diversa, che impone una riflessione: si è trattato di un abuso isolato o di un messaggio indirizzato a chi osa sfidare il potere?
Scopriamo i dettagli della vicenza e riflettiamo con alcune considerazioni sull’impatto di quanto accaduto.
Il caso Gabriele Carchidi: il fermo della polizia e il video
Gabriele Carchidi stava camminando per le strade di Cosenza quando una pattuglia lo ha fermato chiedendogli i documenti. Nulla di anomalo, se non fosse che il giornalista è una figura ben conosciuta in città, specialmente dalle forze dell’ordine. Il controllo, quindi, assume da subito i contorni di una provocazione. Carchidi avrebbe chiesto spiegazioni, ma la risposta degli agenti è stata brutale: strattonato, spinto con forza sull’asfalto e ammanettato davanti agli occhi attoniti dei passanti.
Il video registrato da un cittadino, poi divenuto virale, mostra una scena inquietante: più agenti circondano Carchidi, lo afferrano con veemenza e lo costringono a terra senza apparente resistenza da parte sua. La violenza del fermo sembra sproporzionata rispetto alla situazione, lasciando spazio a numerosi interrogativi sulla legittimità dell’azione.
Dopo oltre un’ora in Questura, il giornalista viene rilasciato con una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di esibire un documento. Un’accusa che solleva perplessità, considerando che chi lo ha fermato conosceva perfettamente la sua identità. La vicenda assume così tinte ancora più fosche: si tratta di un semplice episodio di eccesso di zelo o di un chiaro tentativo di intimidazione nei confronti di un cronista scomodo?
Qui di seguito il video con le impressionanti immagini del violento arresto. [Fonte: canale youtube VD].
Rischio di una deriva autoritaria?
La vicenda accende un dibattito acceso sulla libertà di stampa e sull’uso della forza da parte delle forze dell’ordine. Possiamo davvero permetterci che chi indaga sul potere venga messo a tacere in questo modo? Oggi è successo a Carchidi, domani potrebbe toccare a chiunque osi sollevare dubbi e porre domande scomode. Se la stampa viene ridotta al silenzio con la violenza, la democrazia rischia di diventare solo un’illusione.
L’episodio che ha visto protagonista Gabriele Carchidi non è solo un fatto di cronaca nera, ma il segnale preoccupante di un clima che si fa sempre più ostile nei confronti della libertà di stampa. In una democrazia matura, episodi del genere dovrebbero sollevare un allarme immediato. E invece, la vicenda sembra essere stata derubricata a ordinaria amministrazione, come se fosse accettabile che un giornalista venga trattato alla stregua di un criminale per aver esercitato il proprio diritto-dovere di informare.
Ciò che rende ancora più grave il fermo di Carchidi è il contesto in cui si inserisce. Non si tratta di un controllo casuale, di un banale disguido.
Il giornalista, noto per le sue inchieste scomode, aveva puntato il dito contro presunte irregolarità all’interno della Questura di Cosenza, sollevando dubbi su episodi controversi legati alla gestione di droga e denaro sequestrati. Il fatto che proprio lui sia stato fermato e malmenato lascia poco spazio alle coincidenze. Siamo di fronte a una strategia intimidatoria? La domanda è lecita, ma la risposta, purtroppo, appare già scritta nei fatti.
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