I 60 anni della Pantera Rosa senza neppure una ruga

AGI - Sette minuti a colori, con la predominanza del rosa, e fu subito un trionfo. Il 18 dicembre 1964 il personaggio nato quasi in maniera casuale per il grande schermo diventava protagonista di un cartoon inaugurando una lunga serie dal successo planetario. Per la Pantera Rosa non si trattava di un esordio, perché era stata vista l'anno prima nella sigla animata del film «The Pink Panther» di Blake Edwards. I suoi papà erano il disegnatore Friz Freleng (1905-1995) e il produttore David DePatie (1929-2021), una coppia straordinaria che aveva fondato lo studio di animazione proprio per produrre corti, debuttando con «The Pink Phink», diretto da Freleng e Hawley Pratt. Trama semplice e irresistibile: quello che diventerà una presenza fissa, l'omino con nasone e baffetti (The Little Man), intende dipingere la sua villa di blu, mentre la dispettosa Pantera ne vanifica ogni pennellata coprendola di rosa. Naturalmente il felpato felino l'avrà vinta sul povero pittore e trionferà scandendo l

I 60 anni della Pantera Rosa senza neppure una ruga

AGI - Sette minuti a colori, con la predominanza del rosa, e fu subito un trionfo. Il 18 dicembre 1964 il personaggio nato quasi in maniera casuale per il grande schermo diventava protagonista di un cartoon inaugurando una lunga serie dal successo planetario. Per la Pantera Rosa non si trattava di un esordio, perché era stata vista l'anno prima nella sigla animata del film «The Pink Panther» di Blake Edwards. I suoi papà erano il disegnatore Friz Freleng (1905-1995) e il produttore David DePatie (1929-2021), una coppia straordinaria che aveva fondato lo studio di animazione proprio per produrre corti, debuttando con «The Pink Phink», diretto da Freleng e Hawley Pratt. Trama semplice e irresistibile: quello che diventerà una presenza fissa, l'omino con nasone e baffetti (The Little Man), intende dipingere la sua villa di blu, mentre la dispettosa Pantera ne vanifica ogni pennellata coprendola di rosa. Naturalmente il felpato felino l'avrà vinta sul povero pittore e trionferà scandendo la sua surreale azione sulla felicissima musica di Henry Mancini, una base di quinte ascendente e discendente, e un tema intrigante di sassofono che tutti conoscono.

Un successo legato anche al fascino della colonna sonora di Henry Mancini

La colonna sonora viene direttamente dal film di Edwards, con Peter Sellers nei panni dell'ispettore Clouseau che deve impedire il furto di un preziosissimo diamante chiamato appunto Pantera Rosa. Il regista aveva chiesto a Freleng di inventare un personaggio per i titoli di testa e di coda e lui tirò fuori dal cilindro il felino dalle movenze sinuose, lo sguardo svagato e la capacità di adattarsi a ogni situazione senza perdere la flemma, al contrario del suo deuteragonista poliziotto della Sûrété parigina, anch'egli in chiave caricaturale, e di interagire con gli altri elementi del film. L'atteggiamento del pubblico e della critica che gradirono particolarmente la sigla – la rivista Time, sul numero del 27 aprile 1964, pubblicò che le animazioni del titolo erano meglio del film – spinse a riproporre la Pantera Rosa in una serie di cartoon che diventeranno in totale 124 e si concluderà nel 1981. Sin da subito si decise di rinunciare al parlato e di puntare sulla mimica e sulla suggestione della musica di Mancini per sottolineare le trovate di sceneggiatura, oltre naturalmente la naturale carica di simpatia che sprigionava il felino di un colore irrealistico, il naso rosso e gli occhi gialli. La scelta si rivelò da subito felicissima, e il Premio Oscar subito vinto stava a dimostrare eloquentemente con eccezionale tempismo il plauso del pubblico.

Il disegnatore era cresciuto con Disney e aveva firmato i successi della Warner Bros

Freleng la sapeva lunga in fatto di cartoon, anche se lui stesso venne sorpreso dal travolgente successo. Aveva infatti lavorato per gli studi Disney accanto a Ub Iwerks (creatore di Topolino) e poi per Warner Bros dedicandosi alle serie Looney Tunes e Merrie Melodies, dando carattere a Bugs Bunny, Gatto Silvestro, Titti e Speedy Gonzales e vedendo la sua vena creativa ricompensata con ben quattro Acadermy Awards. Con la chiusura degli Studios, forte di oltre un trentennio di esperienza, si era messo in proprio creando una società con DePatie (la DePatie-Freleng Enterprises, ovvero DFE Films) e aveva disegnato la Pantera Rosa. L'animazione era ottenuta attraverso la tecnica del rotoscopio che aveva fatto la fortuna di Max e Dave Fleischer e dei loro personaggi Braccio di Ferro (Popeye) e Betty Boop. Le scene erano girate da attori in carne e ossa, poi il filmato veniva proiettato su vetro e le movenze erano ricalcate dagli animatori, impegnati a riprodurre ogni singolo fotogramma, per ottenere un realismo stupefacente e una superlativa plasticità dinamica.

Le movenze e gli atteggiamenti ispirati da Cary Grant e James Dean

A ispirare Freleng erano stati Cary Grant e James Dean, ma di suo c'erano una carica di forte originalità nel dare l'anima alla Pantera Rosa discostandosi del tutto dalla scuola di Walt Disney e da ogni altro concorrente nell'impostare la figura antropomorfa. Il personaggio è ora aristocratico ora borghese, a volte impegnato e altre disincantato, concreto e sognatore, testardo e curioso, a suo agio e spaesato, sensibile e caustico.

 

Piace a tutti perché non pretende di essere infallibile, intelligentissimo, politicamente corretto e immancabilmente leale come i concorrenti del mondo della fantasia su grande e piccolo schermo. Il personaggio vivrà al cinema in abbinamento a tutti i film con l'ispettore Clouseau e i suoi epigoni, di vita propria a cartoni animati, e poi in tv (la serie NBC venduta a tutto il mondo), con i gadget, il merchandising, i giochi, i fumetti. Nel corso dell'evoluzione e del mutare della società e dei costumi, troverà la parola, avrà due figli, Pinky e Panky, con l'Hanna & Barbera Production che si era aggiudicata i diritti, si sgancerà persino dal suo creatore nella serie del 1993 targata Metro-Goldwyn-Mayer.

 

Ha tenuto compagnia a tre generazioni, resistendo anche all'invasione dei cartoon giapponesi e al cambio dei gusti dei ragazzi. Quel che non è mai cambiata è la musica di Henry Mancini. Freleng dirà giustamente che la Pantera Rosa non avrebbe mai avuto lo stesso successo senza quella colonna sonora.

 

Sette minuti a colori, con la predominanza del rosa, e fu subito un trionfo. Il 18 dicembre 1964 il personaggio nato quasi in maniera casuale per il grande schermo diventava protagonista di un cartoon inaugurando una lunga serie dal successo planetario. Per la Pantera Rosa non si trattava di un esordio, perché era stata vista l'anno prima nella sigla animata del film «The Pink Panther» di Blake Edwards. I suoi papà erano il disegnatore Friz Freleng (1905-1995) e il produttore David DePatie (1929-2021), una coppia straordinaria che aveva fondato lo studio di animazione proprio per produrre corti, debuttando con «The Pink Phink», diretto da Freleng e Hawley Pratt.

 

Trama semplice e irresistibile: quello che diventerà una presenza fissa, l'omino con nasone e baffetti (The Little Man), intende dipingere la sua villa di blu, mentre la dispettosa Pantera ne vanifica ogni pennellata coprendola di rosa. Naturalmente il felpato felino l'avrà vinta sul povero pittore e trionferà scandendo la sua surreale azione sulla felicissima musica di Henry Mancini, una base di quinte ascendente e discendente, e un tema intrigante di sassofono che tutti conoscono.

Un successo legato anche al fascino della colonna sonora di Henry Mancini

La colonna sonora viene direttamente dal film di Edwards, con Peter Sellers nei panni dell'ispettore Clouseau che deve impedire il furto di un preziosissimo diamante chiamato appunto Pantera Rosa. Il regista aveva chiesto a Freleng di inventare un personaggio per i titoli di testa e di coda e lui tirò fuori dal cilindro il felino dalle movenze sinuose, lo sguardo svagato e la capacità di adattarsi a ogni situazione senza perdere la flemma, al contrario del suo deuteragonista poliziotto della Sûrété parigina, anch'egli in chiave caricaturale, e di interagire con gli altri elementi del film.

 

L'atteggiamento del pubblico e della critica che gradirono particolarmente la sigla – la rivista Time, sul numero del 27 aprile 1964, pubblicò che le animazioni del titolo erano meglio del film – spinse a riproporre la Pantera Rosa in una serie di cartoon che diventeranno in totale 124 e si concluderà nel 1981. Sin da subito si decise di rinunciare al parlato e di puntare sulla mimica e sulla suggestione della musica di Mancini per sottolineare le trovate di sceneggiatura, oltre naturalmente la naturale carica di simpatia che sprigionava il felino di un colore irrealistico, il naso rosso e gli occhi gialli. La scelta si rivelò da subito felicissima, e il Premio Oscar subito vinto stava a dimostrare eloquentemente con eccezionale tempismo il plauso del pubblico.

Il disegnatore era cresciuto con Disney e aveva firmato i successi della Warner Bros

Freleng la sapeva lunga in fatto di cartoon, anche se lui stesso venne sorpreso dal travolgente successo. Aveva infatti lavorato per gli studi Disney accanto a Ub Iwerks (creatore di Topolino) e poi per Warner Bros dedicandosi alle serie Looney Tunes e Merrie Melodies, dando carattere a Bugs Bunny, Gatto Silvestro, Titti e Speedy Gonzales e vedendo la sua vena creativa ricompensata con ben quattro Acadermy Awards. Con la chiusura degli Studios, forte di oltre un trentennio di esperienza, si era messo in proprio creando una società con DePatie (la DePatie-Freleng Enterprises, ovvero DFE Films) e aveva disegnato la Pantera Rosa. L'animazione era ottenuta attraverso la tecnica del rotoscopio che aveva fatto la fortuna di Max e Dave Fleischer e dei loro personaggi Braccio di Ferro (Popeye) e Betty Boop. Le scene erano girate da attori in carne e ossa, poi il filmato veniva proiettato su vetro e le movenze erano ricalcate dagli animatori, impegnati a riprodurre ogni singolo fotogramma, per ottenere un realismo stupefacente e una superlativa plasticità dinamica.

 

Le movenze e gli atteggiamenti ispirati da Cary Grant e James Dean

 

A ispirare Freleng erano stati Cary Grant e James Dean, ma di suo c'erano una carica di forte originalità nel dare l'anima alla Pantera Rosa discostandosi del tutto dalla scuola di Walt Disney e da ogni altro concorrente nell'impostare la figura antropomorfa. Il personaggio è ora aristocratico ora borghese, a volte impegnato e altre disincantato, concreto e sognatore, testardo e curioso, a suo agio e spaesato, sensibile e caustico. Piace a tutti perché non pretende di essere infallibile, intelligentissimo, politicamente corretto e immancabilmente leale come i concorrenti del mondo della fantasia su grande e piccolo schermo.

 

Il personaggio vivrà al cinema in abbinamento a tutti i film con l'ispettore Clouseau e i suoi epigoni, di vita propria a cartoni animati, e poi in tv (la serie NBC venduta a tutto il mondo), con i gadget, il merchandising, i giochi, i fumetti. Nel corso dell'evoluzione e del mutare della società e dei costumi, troverà la parola, avrà due figli, Pinky e Panky, con l'Hanna & Barbera Production che si era aggiudicata i diritti, si sgancerà persino dal suo creatore nella serie del 1993 targata Metro-Goldwyn-Mayer. Ha tenuto compagnia a tre generazioni, resistendo anche all'invasione dei cartoon giapponesi e al cambio dei gusti dei ragazzi. Quel che non è mai cambiata è la musica di Henry Mancini. Freleng dirà giustamente che la Pantera Rosa non avrebbe mai avuto lo stesso successo senza quella colonna sonora.

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