I migranti arrivano in Albania. Riparte la roulette dei giudici

La nave Cassiopea della Marina Militare dovrebbe attraccare nel porto di Shengjin, in Albania, attorno alle 8 di questa mattina. I 49 migranti a bordo, una volta terminate le operazioni di controllo e identificazione, saranno portati nell'hotspot di Gjader. La maggior parte egiziani e bengalesi, ma ci sono anche persone provenienti da Gambia e Costa d'Avorio. Un dettaglio di non poco conto, dal momento che sono proprio Egitto e Bangladesh le due nazionalità ad essere finite nel mirino dei giudici italiani che per ben due volte, a ottobre e novembre, non hanno convalidato i provvedimenti di trattenimento nei centri albanesi. La prima volta, i magistrati del tribunale di Roma hanno ritenuto che Egitto e Bangladesh non siano sicuri, appellandosi ad una precendente sentenza della Corte di giustizia europea. In questo modo hanno "picconato" la principale ragione d'essere degli hotspot albanesi, ovvero il rimpatrio dei migranti nei rispettivi Paesi d'origine. Il governo non è stato a guarda

I migranti arrivano in Albania. Riparte la roulette dei giudici

La nave Cassiopea della Marina Militare dovrebbe attraccare nel porto di Shengjin, in Albania, attorno alle 8 di questa mattina. I 49 migranti a bordo, una volta terminate le operazioni di controllo e identificazione, saranno portati nell'hotspot di Gjader. La maggior parte egiziani e bengalesi, ma ci sono anche persone provenienti da Gambia e Costa d'Avorio. Un dettaglio di non poco conto, dal momento che sono proprio Egitto e Bangladesh le due nazionalità ad essere finite nel mirino dei giudici italiani che per ben due volte, a ottobre e novembre, non hanno convalidato i provvedimenti di trattenimento nei centri albanesi.

La prima volta, i magistrati del tribunale di Roma hanno ritenuto che Egitto e Bangladesh non siano sicuri, appellandosi ad una precendente sentenza della Corte di giustizia europea. In questo modo hanno "picconato" la principale ragione d'essere degli hotspot albanesi, ovvero il rimpatrio dei migranti nei rispettivi Paesi d'origine. Il governo non è stato a guardare, tanto che a fine ottobre ha emanato il cosiddetto decreto "Paesi sicuri", con cui ha stabilito chiaramente quali Nazioni debbano essere considerate sicure. Ed Egitto e Bangladesh rientrano proprio in questa categoria.

 

La mossa del governo non è piaciuta ai giudici di Roma, che a novembre hanno disapplicato il decreto, sospendendone l'esecuzione e chiedendo alla Corte di giustizia europea di esprimersi una volta per tutte. La sentenza non è ancora arrivata. Nel frattempo, però, si espressa la Cassazione, con un'altra sentenza: spetta allo Stato, quindi al governo, il compito di indicare quali siano i Paesi sicuri.

Tutto risolto? Ovviamente no. Fatta la legge, trovato il cavillo. A inizio gennaio il tribunale di Palermo ha liberato alcuni migranti bengalesi trattenuti a Porto Empedocle. Lo hanno fatto in barba al decreto dell'esecutivo, con un'applicazione a dir poco estensiva della sentenza della Cassazione. In pratica, hanno scritto che in alcuni casi specifici il giudice ha il diritto di contravvenire alle disposizioni del decreto. Il problema è che i casi specifici stanno riguardando tutti i migranti provenienti da Egitto e Bangladesh.

È naturale che adesso gli occhi di tutti siano puntati sull'Albania, per capire se i giudici di Roma continueranno o meno nel braccio di ferro con il governo. Al momento è lecito pensare che i magistrati resteranno sulle barricate. L'altro giorno, infatti, il presidente della Corte d'appello della Capitale, Giuseppe Meliadò, all'inaugurazione dell'anno giudiziario non ha usato mezzi termini: «Desta sgomento la scelta di trasferire alla Corte di appello di Roma le procedure di convalida dei provvedimenti di trattenimento adottati dal questore».

 

Una decisione «priva di alcuna apparente razionalità che rischia di destabilizzare i già precari equilibri del contenzioso». Le toghe, almeno quelle iscritte a Magistratura democratica (Md), non intendono demordere. La dimostrazione è arrivata pochi giorni fa, con le parole in diretta tv su La7 di Silvia Albano, la presidente di Md e giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma: «La Cassazione non ha dato ragione al governo, ma ha confermato che disapplicare una legge non è un atto politico perché nella designazione dei paesi sicuri la politica si deve attenere a delle norme giuridiche».

Nonostante queste dichiarazioni, il Viminale nutre fiducia su un cambio di approccio da parte dei giudici della Corte d'appello di Roma. Sono passati quasi quattro mesi dall'apertura dei centri in Albania. Il muro contro muro sta diventando estenuante. Ma se il buongiorno si vede dal mattino, il recente sciopero contro la riforma della giustizia e la protesta plateale dell'Anm di fronte al ministro Nordio non fanno ben sperare.

Qual è la vostra reazione?

like

dislike

love

funny

angry

sad

wow