Il 47% del suolo italiano è degradato, a rischio l’agricoltura mentre cresce il dissesto idrogeologico

Nei giorni scorsi Consiglio e Parlamento europei hanno raggiunto un accordo provvisorio su una direttiva per il monitoraggio del suolo, nell’ambito della proposta di legge presentata dalla Commissione Ue lo scorso luglio, ma l’Italia continua a restare indietro.
Come osserva il presidente dell’associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica (Anbi), Francesco Vincenzi, in Italia «il 47% del territorio è considerato degradato e tale percentuale raggiunge il 60% nel Vecchio continente: è quindi importante che il Consiglio europeo abbia raggiunto un accordo seppur provvisorio con l'Europarlamento su una direttiva, che determina i riferimenti per il monitoraggio del suolo, definendo anche principi per la riduzione del suo consumo con particolare attenzione all'impermeabilizzazione, vale a dire la cementificazione. In Italia, la proposta di legge contro l'indiscriminato consumo di territorio giace nei meandri parlamentari dal 2013, quando premier era Mario Monti».
Da allora sono passati dodici anni, ma una legge contro il consumo di suolo ancora non è stata approvata. Con un doppio danno: da una parte infatti «suoli sani sono alla base della buona alimentazione», come sottolinea l’Anbi, dall’altra la cementificazione continua ad aggravare gli impatti degli eventi meteo estremi accentuati dalla crisi climatica in corso, a partire dalle alluvioni.
«Un terreno organicamente vivo trattiene maggiormente le acque di pioggia, garantendone la filtrazione nel sottosuolo e riducendo il rischio idrogeologico. Per questo, i Consorzi di bonifica ed irrigazione sono coinvolti e talvolta promotori in progetti sperimentali per la rigenerazione delle campagne attraverso una diversa gestione agronomica e sistemazione dei terreni», conferma il direttore generale dell’Anbi, Massimo Gargano.
«Importante – conclude Vincenzi – è non solo che Consiglio e Parlamento europei abbiano convenuto sulla necessità di realizzare una metodologia comune di monitoraggio in tutta la UE, ma anche di avviare controlli sui nuovi inquinanti, quali i Pfas, la cui presenza, come quella delle microplastiche, non solo pregiudica l'ambiente, ma nel nostro Paese ostacola l'utilizzo delle acque reflue in agricoltura».
L'accordo provvisorio europeo, che ora inizia l'iter per la sua definitiva approvazione, mantiene l'obbiettivo ambizioso, ma non vincolante, di raggiungere suoli sani entro il 2050.
Nel video in alto in pagina riportiamo l’intervento di Vincenzi a margine del confronto europeo tematico dedicato alla Water resilience strategy, ripreso dalle telecamere di TotalEu Production, con cui greenreport ha attiva una collaborazione editoriale.
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