Il Pd resta bambino e continua a giocare sulla pelle dell'Italia

Chiunque non sia dotato di una visione della politica casuale, non adulta, e in ultima analisi irresponsabile, vede bene la dimensione e il livello di rischio delle sfide a cui l'Italia è oggettivamente chiamata. Sul piano interno, in primo luogo, evitare una prospettiva di rattrappimento della crescita economica; fare argine all'ondata di immigrazione irregolare; garantire una maggiore sicurezza dei cittadini. Sul piano internazionale, porsi in modo intelligente rispetto alla nuova stagione trumpiana; dissuadere l'Ue da colpi di testa e fughe in avanti dettate più che altro da ostilità pregiudiziale verso la Casa Bianca; accompagnare il negoziato Washington -Kiev -Mosca puntando a un risultato equo (senza velleitari e rischiosissimi invii di truppe, con i nostri uomini messi nella spiacevolissima posizione di bersagli fissi). In tutto questo, come ieri spiegava Mario Sechi, c'è la variabile tedesca. Conosciamo bene certe attitudini germaniche: quando sono nei guai gli altri, Berlino p

Il Pd resta bambino e continua a giocare sulla pelle dell'Italia

Chiunque non sia dotato di una visione della politica casuale, non adulta, e in ultima analisi irresponsabile, vede bene la dimensione e il livello di rischio delle sfide a cui l'Italia è oggettivamente chiamata. Sul piano interno, in primo luogo, evitare una prospettiva di rattrappimento della crescita economica; fare argine all'ondata di immigrazione irregolare; garantire una maggiore sicurezza dei cittadini. Sul piano internazionale, porsi in modo intelligente rispetto alla nuova stagione trumpiana; dissuadere l'Ue da colpi di testa e fughe in avanti dettate più che altro da ostilità pregiudiziale verso la Casa Bianca; accompagnare il negoziato Washington -Kiev -Mosca puntando a un risultato equo (senza velleitari e rischiosissimi invii di truppe, con i nostri uomini messi nella spiacevolissima posizione di bersagli fissi). In tutto questo, come ieri spiegava Mario Sechi, c'è la variabile tedesca. Conosciamo bene certe attitudini germaniche: quando sono nei guai gli altri, Berlino predica rigore assoluto e inflessibile; quando invece i guai sono in Germania, i tedeschi si lanciano nelle praterie dell'autoindulgenza (anche sul debito) perfino con procedure costituzionali acrobatiche. Per capirci, ve la immaginate - in Italia - una riforma costituzionale decisiva approvata in fretta e furia dal Parlamento che sta per essere sciolto, perché nel nuovo (già convocato e frutto di elezioni appena tenute) i numeri non ci sarebbero? Ecco, con allegra nonchalance, a Berlino hanno fatto proprio così. Ecco: tutto questo non ha nemmeno sfiorato la piazza progressista di sabato. Sia detto con rispetto: una piazza bambina, insieme troppo furba e troppo ingenua. Non uno straccio di risposta (meno che mai unitaria) è venuta da convocatorie convocati.

Capi e capetti di partito erano tra il pubblico, ognuno con la sua giaculatoria opposta a quella degli altri. E il clima generale era quello di un'invettiva morale contro il “cattivo” Trump, senza un minimo di agenda in positivo, senza uno straccio di soluzione da proporre, senza nemmeno dare la sensazione di applicarsi a una prospettiva “di governo” delle cose. E allora cosa resterà del “sabato serrista”, cioè dell'adunata di Piazza del Popolo? Come spesso accade, solo una furbesca operazione della sinistra a uso interno, un regolamento di conti condominiale. Ne è un eloquente segnale l'altrimenti incredibile titolo di ieri su Repubblica (pagina 4): “Schlein ricompatta il Pd”. Direte voi: ma come “ricompatta”? Sono divisi su tutto: chi per l'Ucraina e chi per Putin, chi per il riarmo e chi no, e così via. E quindi come va tradotto quel “ricompatta”? Forse sarebbe stato più aderente alla realtà scrivere: Schlein si prepara a “mettere in riga la minoranza interna”.

Questo è l'unico esito reale della piazzata. Elly, spalleggiata dall'ammiraglia dell'informazione progressista, sta già trasformando la manifestazione in una prova del consenso alla sua linea (per quanto ambigua e subalterna al massimalismo di quanti stanno alla sua sinistra) come unica piattaforma possibile. E i cosiddetti “riformisti”? Poveracci: senza voler paragonare una tragedia del passato a un presente farsesco, sono destinati a subire una specie di trattamento alla cinese. Elly-Mao userà la manifestazione e più in generale la base che l'ha eletta con le primarie più o meno come “guardie rosse” (o forse arcobaleno: il colore esatto lo suggerirà la mitica armocromista) per “sparare sul quartier generale”, e quindi per bastonare chi aveva osato criticarla. Risultato probabile? Lei irrigidirà il controllo del partito. I dissenzienti si divideranno tra una pattuglia in uscita e un altro gruppetto che si accontenterà di negoziare con la segretaria la concessione di un certo numero di seggi alla Camera e al Senato alle prossime politiche. Per il resto, la linea e la conduzione del partito saranno sempre più all'inseguimento di M5S e Avs. I quali peraltro (Giuseppe Conte già lo fa) giocheranno al “più uno”, cioè alzeranno costantemente la posta, non accontentandosi mai di qualsiasi posizionamento schleiniano. Qualunque cosa Elly faccia, sarà comunque troppo poco pacifista, troppo poco “sociale”, troppo poco “di sinistra”. E a quel punto? Il controllo del Pd ci sarà pure, ma il partito- a sua volta- si farà dettare la linea dalle forze estreme, senza alcuna possibilità di competere credibilmente con il centrodestra per il governo. E nel frattempo, a sinistra, continuerà la fiera dell'irresponsabilità. Sulla pelle dell'Italia.

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