Il volontariato? Si impara a scuola

A volte è una proposta che arriva dalla scuola, altre è un'alternativa alla sospensione: per chi si avvicina al volontariato spinto dalla scuola comunque si spalanca un mondo. Per i presidi «è un'esperienza in cui gli ultimi della classe svelano... L'articolo Il volontariato? Si impara a scuola proviene da Vita.it.

Il volontariato? Si impara a scuola

Nasce a volte come attività scolastica, oppure come “alternativa alla sanzione”. Ma non è un compito, né tanto meno una punizione: piuttosto, è un’opportunità che spesso apre una strada e svela le doti nascoste di chi è abituato ad essere l’ultimo della classe.

Il volontariato a scuola è un’esperienza diffusa e in crescita, grazie soprattutto all’impegno del CsvNet e alla sua rete di associazioni, che da anni ormai sono entrate nelle classi. Gli ultimi dati di CsvNet parlano di 61mila studenti coinvolti in tutta Italia, 2.620 enti del Terzo settore partner, 1.465 volontari impegnati in oltre 900 istituti scolastici aderenti. I progetti sono i più disparati: si va dalle attività di formazione, sensibilizzazione e testimonianza su tematiche sociali fino alle esperienze sul campo, al fianco delle associazioni, per toccare con mano bisogni e risposte e acquisire competenze trasversali. 

Così, la scuola può diventare vivaio di attivismo sociale: non è raro infatti che i ragazzi e le ragazze si appassionino e mantengano, anche dopo la conclusione del progetto scolastico, l’impegno che grazie a questa esperienza hanno “assaggiato”. 

Lezioni al campo

Un esempio virtuoso di questa sinergia tra volontariato e scuola è l’Istituto Bertacchi di Lecco, che grazie alla sede locale del Csv è entrato in contatto con l’associazione “Lezioni al campo”,  nata in una zona periferica della città. Qui è stato aperto un campo profughi per ragazzi immigrati e l’associazione si occupa di insegnare l’italiano ai ragazzi e le ragazze del campo, racconta il coordinatore del Csv locale Emanuele Ratti: «I  volontari prima erano tutti insegnanti o ex insegnanti. Quando siamo entrati in contatto con l’Istituto superiore Bertacchi di Lecco, abbiamo proposto anche agli studenti di sperimentarsi in questa esperienza di volontariato».

Un esempio virtuoso di sinergia tra volontariato e scuola è l’Istituto Bertacchi di Lecco, che grazie alla sede territoriale del Csv è entrato in contatto con l’associazione “Lezioni al campo”, nata in una zona periferica della città.

Sabrina Musaraj è tra coloro che hanno accolto l’invito: «Sentivo il bisogno di fare qualcosa di significativo. Volevo sentirmi utile per la comunità. Ho iniziato a giugno scorso: durante l’estate dedicavo tre pomeriggi a settimana a organizzare e partecipare ad attività che aiutavano i bambini stranieri a sentirsi parte di un gruppo. Poi ho deciso di continuare: ora ci riuniamo una volta a settimana per fare merenda insieme, lasciando prima di tutto ai bambini il tempo per giocare e svagarsi. Dopo li affianchiamo nei compiti: questo li aiuta a rimanere al passo con i loro compagni di classe e a non sentirsi in difficoltà», racconta. Ma fare volontariato – aggiunge – «sta aiutando tanto anche me: sto scoprendo l’importanza della pazienza, della comprensione e della flessibilità. Anche se non ho ancora deciso quale università frequentare, sono sicura che il mio percorso professionale sarà orientato ad aiutare gli altri. È il volontariato che mi ha permesso di capirlo».

Fare volontariato sta aiutando anche me: sto scoprendo l’importanza della pazienza e della flessibilità. Non ho ancora deciso quale università frequentare, ma sono sicura che il mio percorso professionale sarà orientato ad aiutare gli altri. È il volontariato che mi ha permesso di capirlo Sabrina Musaraj, studentessa dell’Istituto superiore Bertacchi di Lecco

Un’esperienza formativa, quindi, che soprattutto ai più giovani può letteralmente aprire un mondo. «Certo, le difficoltà non mancano», spiega Marta Casalone, responsabile dell’associazione “Lezioni al campo”, «perché inserire e gestire volontari minorenni non è facile: abbiamo fatto firmare mille moduli, organizzato decine di incontri di formazione e monitoraggio e ovviamente non possiamo mai lasciarli soli. Ma siamo convinti che ne valga la pena, perché per i ragazzi il volontariato è un’occasione di crescita preziosa: li rafforza, li costruisce, li motiva, li rende eroici. E i giovani hanno tanto bisogno di essere eroici, ma pochi contesti in cui mettersi alla prova come protagonisti».

Gestire volontari minorenni è complicato: abbiamo fatto firmare mille moduli, non puoi mai lasciarli soli. Ma per i ragazzi è un’occasione preziosa: li rafforza, li costruisce, li motiva, li rende eroici. I giovani hanno tanto bisogno di essere eroici, ma pochi contesti in cui mettersi alla prova come protagonisti Marta Casalone, responsabile dell’associazione lecchese “Lezioni al campo”

Gli ultimi della classe diventano i primi

Del volontariato come opportunità hanno bisogno soprattutto gli “ultimi della classe”, quelli che a scuola sono considerati un “problema”: svogliati, indisciplinati, restii al rispetto delle regole. Quelli che incorrano in sanzioni disciplinari o sospensioni. Ed è qui che proprio il volontariato può fare la differenza: «Molti regolamenti scolastici ormai prevedono il volontariato come misura alternativa alla sospensione», chiarisce Chiara Tommasini, presidente di CsvNet.

«L’ importante è che questo tipo di esperienza venga proposta con un approccio educativo e non punitivo. Le associazioni possono offrire percorsi in cui i giovani sperimentano il valore della responsabilità e del servizio agli altri, ma è fondamentale garantire che i percorsi siano adeguatamente strutturati e supervisionati. In questo modo è possibile scongiurare che il volontariato venga percepito come una punizione. Per questo, come CsvNet, cerchiamo di sostenere le organizzazioni in modo che siano sempre più pronte ad accogliere minori in situazioni di fragilità, o che non si avvicinano al volontariato per scelta, ma appunto, come misura alternativa alla sanzione».

Molte scuole prevedono il volontariato come misura alternativa alla sospensione. Sta alle associazioni offrire esperienze strutturate, scongiurando il rischio che il volontariato venga percepito come una punizione Chiara Tommasini, presidente CsvNet

Quando questa opportunità viene ben gestita, i risultati possono essere sorprendenti. Ne è testimone Cristina Costarelli, dirigente scolastica dell’Itis Galilei di Roma e presidente dell’Associazione nazionale presidi del Lazio. «Il volontariato in ambito scolastico, che sia alternativa alla sanzione  o proposta delle associazioni, è un’esperienza sempre molto positiva. Nella mia scuola, per esempio, stiamo stipulando una convenzione con la Comunità di Sant’Egidio che tre volte a settimana ha a disposizione alcuni locali per l’alfabetizzazione degli adulti stranieri. Grazie alla convenzione, quando uno studente riceverà una sanzione disciplinare, avrà la possibilità di offrire il proprio aiuto in questa attività. Naturalmente non la proporremo come punizione, ma come opportunità. Ma questo i ragazzi lo capiscono anche da soli: nel Liceo che dirigevo fino allo scorso anno, organizzavamo ogni anno il pranzo di Natale per le persone senza dimora, con la partecipazione di docenti e studenti. In quella circostanza, proprio gli studenti più difficili dal punto di vista didattico e comportamentale mostravano una capacità, una sensibilità e una serietà che nelle attività scolastiche non avremmo mai immaginato. Ecco il senso profondo di queste esperienze: dare modo a tutti di esprimere il proprio potenziale: soprattutto a quelli che faticano di più a mostrarlo quando sono seduti al banco».

Questo articolo fa parte di un’inchiesta di VITA sul volontariato dei teenagers, pubblicata in occasione della Giornata mondiale del volontariato: leggi su vita.it tutti i numeri, le storie e le riflessioni.

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Le foto nell’articolo sono dell’associazione “Lezioni al campo”, di Lecco.

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